Da quel Hail Mary di Jayden Daniels nulla è più andato per il verso giusto. In tre settimane Chicago torna nell’oblio più oscuro e tutto è di nuovo in discussione. A metà dell’ultimo periodo di gioco i tifosi abbandonano il Soldier Field, violato per la prima volta in stagione a fronte di una prestazione imbarazzante dei Bears e del loro coaching staff. Ragione per la quale vi risparmiamo statistiche e numeri cercando di concentrarci sulla matrice dei problemi.
A suo tempo ci eravamo detti preoccupati; la off-season di Poles è stata tra le più interessanti degli ultimi anni e il front office ha lavorato bene, non si può negarlo. Qualità ed esperienza sono andate a colmare le lacune e tutto sembrava poter volgere al meglio. Il solo vero, grande, dubbio era sul pacchetto degli allenatori.
Dubbio che oggi è certezza perchè Eberflus ha completamente perso il controllo dello spogliatoio e nessuno dei suoi atleti si sente parte di un progetto. I Bears non vanno a touchdown per la seconda settimana consecutiva con 19 drive totali senza mai trovare la end-zone e dopo la cocente delusione di Washington, dopo l’imbarcata in Arizona, arriva la figuraccia contro i derelitti Patriots che fin qui erano stati capaci di raccimolare solo 2 vittorie e 7 sconfitte.
A Chicago fanno sembrare la difesa di New England quella dei Bears del ’85, con Caleb Williams che incassa 9 sack (!) e con un attacco sterile e senza idee. La linea offensiva è una bagnarola in balia del mare grosso, perde assi ad ogni onda e ci mette poco ad affondare con tutto l’attacco. La difesa, spompa, prova a reggere ma nemmeno oggi lo sforzo viene ripagato. Quando la nave affonda però, il capitano dovrebbe affondare con essa. Qui invece pare che il capo allenatore abbia sempre scuse e riserve, giustificazioni e buone parole di conforto; uno “script” impostato prima del fischio d’inizio finalizzato a esonerarsi da ogni responsabilità.
Dunque il giochino è questo: quando un team seleziona il quarterback con una scelta molto alta l’obiettivo non è certo quello di vincere il Super Bowl al primo giro in giostra, bensì svilupparne le qualità al meglio costruendo un progetto che aiuti il centro del gioco a migliorare nel bene della squadra. Poi, solo in un secondo momento si calcolano le vittorie. A Chicago però la cosa non sembra girare in quella direzione: qui si vuole un QB che giochi forte dal principio e allo stesso tempo i punti nella colonna delle vittorie, tutto senza far nulla per sviluppare progetti, quarterback, gioco e strategie. Questo problema è emerso prima con Trubisky, poi con Fields, e ora è il turno di Williams (che dei tre rimane il più talentuoso).
Viene da pensare che vista la giovane età e la poca esperienza nel gestire uno spogliatoio NFL da parte di Nagy prima e Eberflus poi, il problema sia figlio della conoscenza e delle competenze; sembra lecito pesare a questi aspetti come punti deboli degli HC che si sono susseguiti sulla panchina dei Bears. Mettiamoci anche che gli assistenti allenatori, tutti ad eccezione di Vic Fangio, siano stati talmente marginali da far fatica a ricordarsi persino i loro nomi. Detto tutto.
Probabilmente il problema è qui, nel non avere un vecchio bastardo al timone che conosca il sistema e che in carriera le ha viste tutte. Di quelli che ci mettono un attimo a usare il pugno di ferro, perchè i suoi occhi hanno visto passare più inverni sul turf di quelli che un’intera squadra possa sognarsi. Di quelli a cui non servono le parole perchè il rispetto se lo sono già guadagnati con il silenzio e con i fatti.
Le nostre di oggi sono considerazioni semplici, direi da bar, ma visto l’andazzo e il ripetersi degli errori forse questa inversione di tendenza sembra essere la sola possibilità. Visto che si sono appena incrociate le lame con i Patriots viene quasi naturale pensare a un Bill Belichick, facendo anche un pò di bava dalla bocca; ecco, uno così sarebbe la vera prova del nove, sebbene con ogni probabilità anche per lui il destino sarebbe segnato dal principio.
Lunedì 11 novembre 2024 sembra essere la data perfetta per il cambio di direzione, perchè oggi più che mai è necessario tagliare allenatore e assistenti in un colpo solo per ristabilire i ruoli in questo spogliatoio senza sogni nè obiettivi. Ma tanto sappiamo che la famiglia McCaskey non licenzia in corso d’opera e piuttosto che provare a salvare una stagione la manda al macero senza curarsi di nessuna critica. Ed è un vero peccato perchè in questa settimana si va verso la sfida più importante dell’anno e vista la condizione, senza far troppi sforzi, sappiamo già come andrà a finire.