Huddle’n Music: il 1970 a Cincinnati, il ribaltone e i 24 carati neri

Il 1970 a Cincinnati è un anno di svolta per il football in città, sebbene questo cambio di passo sia stato del tutto inatteso.

I cari e nemmeno troppo vecchi Bengals arrivavano dalle loro prime due stagioni nel professionismo: le tigri hanno trascorso il 1968 e il 1969 in AFL con record piuttosto tristi, ma poi nel 1970 c’è stata una grande sorpresa, anche se abbastanza sofferta. La squadra guidata dal leggendario Paul Brown, uno dei padri del football americano, ha aperto le danze con una bella vittoria sugli Oakland Raiders, un bel 31-21 casalingo tra le mura del Cinergy Field History.

Paul Brown era il fondatore, il proprietario e il general manager di Cincinnati, ed oltra a questi ruoli ricopriva quello di head coach.

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Spesso chi ben comincia è a metà dell’opera, ma non in questo caso perchè a quella prima vittoria nella sfida inaugurale della stagione sono seguite qualcosa come sei sconfitte consecutive! 

I Bengals sono letteralmente crollati perdendo la strada da Week 2 a Week 7: a banchettare sui loro corpi sono stati in serie Detroit Lions, Houston Oilers, Cleveland Browns, Kansas City Chiefs, Washington Redskins e Pittsburgh Steelers. Sei sconfitte pesanti, specie le prime in cui l’allineamento difensivo della 4-3 di Chuck Weber ha fatto buchi ovunque.

Ma il lavoro dietro le quinte di questo team era enorme, in particolar modo a livello offensivo. C’era gente come Bill Johnson a guidare la linea offensiva (uno che ha lavorato in NFL dal 1957 al 1990 per intenderci); o meglio ancora c’era un certo Bill Walsh ad occuparsi del corpo ricevitori, lo stesso signore che avrebbe poi vinto la bellezza di tre Super Bowl da capo allenatore a San Francisco (alcuni proprio contro i suoi ex-Bengals) guadagnandosi di diritto la Hall of Fame.

Finalmente, nel pomeriggio del 8 novembre 1970, i Bengals sono esplosi con un energico 43-14 ai danni dei Buffalo Bills tornando alla vittoria e ritrovando la fiducia per uscire dalla giungla di problemi e pressioni che stavano affossando l’ambiente.

E da quel momento in avanti, sul record di 2-6, Cincinnati è riuscita a vincere sempre!

cincinnati bengals

Una rimonta pazzesca scavalcando una settimana dopo l’altra Bills, Browns, Steelers, Saints, San Diego Chargers (la sfida più concitata) e Oilers infine.

Dopo un pessimo avvio di stagione, con quelle sette vittorie consecutive The City Jungle è riuscita così a portarsi sul record di 8-6, ribaltando ogni pronostico e vincendo il suo primo AFC Central Title! 

Una stagione memorabile. Lemar Parrish, giovane defensive back da Lincoln al suo primo anno in NFL, quell’anno ha collezionato qualcosa come 5 intercetti (l’anno dopo avrebbe migliorato con 7!), 2 fumble forzati e 2 recuperati. Il QB ex Bears Virgil Carter, soprannominato “The Blue Darter”, ha inciso non poco sugli sviluppi del gioco e sulla rimonta epocale, come del resto hanno fatto il running back Jess Phillips (578 Yds e 3 TD) e il wideout Chip Myers (542 Yds e 1 TD).

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Quel 1970 a Cincinnati è stato l’inizio di qualcosa. Qualcosa di importante che avrebbe condotto la franchigia dell’Ohio a testa alta fino ai nostri giorni, sebbene le innumerevoli difficoltà e delusioni negli anni abbiano segnato il cammino dei Bengals e dei loro fan. Da Paul Brown a Joe Burrow, prima o poi questo importante retaggio culturale troverà la sua meritata gloria.

E se di inizio si è parlato, di un altro inizio si continuerà a parlare all’interno di questo capitolo.

Chi siano i 24-Carat Black lo sanno relativamente in pochi, ma il frutto della loro ricerca musicale originaria proprio di Cincinnati lo hanno condiviso una moltitudine di artisti.

24 carat black

I 24-Carat Black, all’epoca, sono stati un mero punto debole nella scena soul e funk degli anni Settanta, ma sono diventati uno dei gruppi più campionati dell’epoca.

La loro unica uscita, Ghetto: Misfortune’s Wealth, pubblicata nel 1973, è stata un concept album incentrato sulla vita dura nel centro di Cincinnati. Questo LP è diviso in otto “sinossi”, ognuna delle quali affronta un tema diverso della povertà. Al tempo solo adolescenti, i membri della band erano guidati dal famoso produttore della Stax, Dale Warren, e il loro lavoro è passato in gran parte inosservato. Dopo diversi anni però, le loro produzioni sono state campionate come breakbeat da un elenco in continua crescita di artisti hip hop, tra cui Kendrick Lamar, Dr. Dre, Jay-Z, Pusha-T, Naughty by Nature, Eric B, Digable Planets e Metro Boomin .

Come spesso è accaduto ai Bengals, anche i 24-Carat Black hanno dovuto affrontare non poche difficoltà: come ad esempio quella del doversi confrontare con un piccolo mercato periferico rispetto a quello che le grandi scene musicali americane offrivano (e continuano ad offrire).

Il loro primo album ha lottato per garantirsi un posto sulla piazza, invasa da materiale proveniente dalle città di New York, Los Angeles e Chicago, e dove negli anni Settanta spuntavano anche i fertili terreni di Philadelphia ma soprattutto della Motown detroitiana.

A oltre 50 anni di distanza, i concetti e la filosofia di Ghetto: Misfortune’s Wealth resistono alla prova del tempo come una meditazione profonda e musicalmente sbalorditiva sull’esperienza delle minoranze durante gli anni Settanta.

A nostro avviso e a nostro gusto musicale, qui si è scritta una di quelle parti di storia rimaste inosservate dalla gran parte dei lettori/ascoltatori, ecco perchè scegliamo di proporvi questo capolavoro di stile rudimentale intitolato Ghetto: Misfortune’s Wealth.

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Alex Cavatton

@AlexCavatton sport addicted dal 1986. Amministratore di Chicago Bears Italia. Penna di Huddle Magazine dal 2018. Fondatore di 108 baseball su Cutting Edge Radio. Autore dei progetti editoriali: Chicago Sunday, Winners Out, RaptorsMania, Siamo di Sesto San Giovanni, Prima dello snap. Disponibili su Amazon

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