Ryan Fitzpatrick è stato ben più che un meme

Malgrado questa lega sia governata da aleatorietà e pazzia, l’anno NFL è molto più prevedibile di quanto si possa credere: arrivati a questo punto della offseason, quello più comatoso in assoluto, è iniziata – e quasi già conclusa – la stagione dei ritiri.
Negli ultimissimi giorni si sono ritirati due talenti da Hall of Fame come Alex Mack e Frank Gore, uno dei migliori centri di questa generazione e un running back così consistente e longevo da aver rimodellato il concetto di “possibile” per un interprete di tale posizione.
Fra i saluti e la commozione – più o meno – di circostanza, pure Ryan Fitzpatrick ha deciso di salutare l’attività agonistica: se “classificare” Alex Mack e Frank Gore è piuttosto semplice e con un minimo di mediazione si può riuscire a mettere d’accordo veramente tutti, con Ryan Fitzpatrick il discorso diventa tortuoso e non obbligatoriamente circoscritto al campo da gioco.

Cos’è stato Ryan Fitzpatrick?
Questa è una domanda tremendamente complicata alla quale si fa prima a rispondere indicando tutto ciò che l’esageratamente irsuto quarterback non è stato.
Non è mai stato uno dei migliori quarterback della NFL.
Non è stato un vincente, o perlomeno, non secondo i canoni che ci portano a vedere Tom Brady come incarnazione di suddetta parola.
Non ha mai giocato una singola partita ai playoff.
Non ha mai potuto godere della costanza che contraddistingue i grandi quarterback da quelli mediocri, schierare titolare Fitzpatrick era paragonabile a una partita di roulette russa: una domenica sembrava essere la versione accademicamente brillante – non dimentichiamo che ha frequentato Harvard – di Brett Favre, quella dopo il padre di Nathan Peterman.

Sono sicuro che vi starete chiedendo che senso abbia dedicare un articolo a un giocatore la cui caratteristica tecnica più impressionante era la peluria facciale: vi prego di lasciarmi rispondere dopo il punto.
Ryan Fitzpatrick era, ed è, un essere umano assolutamente straordinario e un giocatore di football americano così imperfetto e grossolano – ma al contempo istrionico e magnetico – con cui è veramente facile empatizzare, visto che le sue mancanze ci ricordano da vicino quelle che regolano e definiscono tutte le nostre esistenze.

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Per prima cosa, Ryan Fitzpatrick era un essere umano nel senso letterario del termine.
La sua umanità non era in nulla diversa dalla nostra, il fatto che sia stato uno dei pochi e selezionati esemplari di questa specie a potersi vantare di aver giocato come quarterback professionista in NFL non lo ha mai allontanato dalla realtà e, per questa ragione, mi sento di dire che quella che abbiamo avuto modo di conoscere in campo e durante le conferenze stampa sia la stessa identica persona a cui qualcuno si riferisce come marito, qualcun altro come padre e qualcun altro ancora come amico.
Nelle sue gesta non c’era la macchinosità e il desiderio di essere perfetto che possiamo intercettare nella maniacale cura e attenzione con cui un Tom Brady qualsiasi interagisce con il mondo – via social e non -, non c’era assolutamente nulla di artificiale e pianificato nelle azioni e reazioni di Ryan Fitzpatrick e, a tal proposito, il video qua sotto riassume splendidamente ciò che sto tentando di dirvi.

Davanti ai cannibali occhi di milioni di spettatori, un sanguinante Fitzpatrick dimentica totalmente di essere in diretta mondiale e, “provocato” dal compagno di squadra e di barba Nick Mangold, risponde ai suoi cacofonici urli in modo totalmente insensato ma indiscutibilmente vero.
Avete presente alle feste quando, magari edulcorati da sostanze varie, vi lanciate in azioni assolutamente prive di malvagità ma non particolarmente razionali o aggraziate?
Una cosa del genere, in mondovisione però.
Dietro la sua reazione non si intravede nulla se non genuinità ed entusiasmo e per una volta tanto ciò che rigurgita la televisione non è filtrato da un insopportabile velo di falsità e premeditazione: per fortuna.

«Totalmente insensato ma indiscutibilmente vero» è una frase che può essere riciclata anche per discutere di Ryan Fitzpatrick il giocatore, o se preferite il quarterback con il maggior numero di yard lanciate e touchdown senza essere mai sceso in campo per una partita di playoff: meno male che c’è Wikipedia a regalarci queste chicche risparmiandoci così doverose e potenzialmente lunghe ricerche.
Se spulciamo fra la voce “record” della sua pagina Wiki, troveremo immediatamente la chiave di lettura con la quale interpretare la sua carriera: “primo quarterback ad aver lanciato quattro touchdown con cinque squadre diverse”, “primo quarterback ad aver giocato contro la stessa squadra (Jacksonville Jaguars) con cinque squadre diverse” oppure un tanto inutile quanto divertente “unico quarterback ad aver lanciato un touchdown contro la stessa squadra (Philadelphia Eagles) con sette squadre diverse”.
Ryan Fitzpatrick, forse in misura maggiore del capostipite Josh McCown, è stato la definizione di journeyman, ossia il veterano con l’esperienza necessaria per guidare una squadra per un breve – si spera – intervallo temporale senza però aver mai una vera opportunità di diventarne il volto: Ryan Fitzpatrick questa condizione l’ha accettata senza alcun problema.

Dal 2005 al suo ritiro Ryan Fitzpatrick ha militato in nove squadre diverse.
La sua esperienza più lunga in una singola franchigia è rappresentata dalle quattro stagioni ai Buffalo Bills.
La sua esperienza – a mio avviso – più significativa in una singola franchigia è stata quella ai New York Jets, squadra nella quale ha messo insieme la stagione della vita, nonché il perfetto riassunto della sua carriera – mi rendo conto solo ora che il ragazzo ha giocato per qualsiasi squadra della AFC East non chiamata New England Patriots.

Il 2015 è stato la sua magnum opus, la stagione in cui ha lanciato il maggior numero di touchdown – 31 – e raccolto il maggior numero di vittorie, dieci: ciò nonostante, come potete dedurre se siete stati attenti, tali sforzi non sono coincisi con una più che meritata qualificazione ai playoff.
Dopo aver inanellato cinque esaltanti vittorie consecutive nelle quali ha lanciato ben 13 touchdown a fronte di un misero intercetto e dopo aver battuto ai tempi supplementari i New England Patriots mettendosi così nella posizione di essere padroni del proprio destino, Ryan Fitzpatrick e i New York Jets hanno clamorosamente fallito la partita più importante del loro lustro venendo massacrati da dei Buffalo Bills che non avevano più assolutamente nulla da chiedere – sete di vendetta di Rex Ryan a parte – alla stagione: mi sembra doveroso specificare che in caso di vittoria New York si sarebbe qualificata ai playoff per la prima volta dal lontanissimo 2010.

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Un mese di brillantezza da papabile candidato all’MVP annullato da un pomeriggio sciagurato nel quale oltre che impreciso è stato tediosamente sciatto con il pallone: pure questo potrebbe essere un buon riassunto della sua carriera.
Non è un caso che sia l’unico giocatore di cui io abbia memoria a poter vantare due soprannomi antitetici fra di loro, “Fitzmagic” per i giorni buoni e “Fitztragic” per partite come quella contro i Buffalo Bills.

Volete un esempio?
Concentriamoci sulle prime due partite della stagione 2018, per l’occasione ai Tampa Bay Buccaneers, due clamorose vittorie contro i ben più quotati Saints ed Eagles condite da 8 touchdown lanciati.
Le due partite successive, contro Steelers e Bears, sono terminate con due sconfitte schiaccianti nelle quali Fitztragic ha lanciato ben quattro intercetti: insomma, con lui under center non si poteva mai sapere come sarebbe andata a finire, lo spettro si allargava a tal punto da sembrare uno scherzo, non era umanamente possibile che il rendimento dello stesso giocatore in nemmeno un mese toccasse due estremi così lontani fra loro.

Questa, cari lettori e care lettrici, è stata la vera magia di Ryan Fitzpatrick, la capacità impareggiabile di regalarci momenti che nel bene o nel male nessun altro quarterback ci ha mai fatto vivere: considerando che uno dei motivi principali per cui seguiamo lo sport è quello di evadere dalla realtà, avere a nostra disposizione un soggetto che sa farci sedere a proprio piacimento sugli appiccicosi sedili di un trenino sulle rotaie di una montagna russa.
Una settimana Joe Montana, quella dopo JaMarcus Russell.

Come possiamo ricordarlo, quindi, Ryan Fitzpatrick?
Non possiamo sicuramente limitarci al meme, Ryan Fitzpatrick è stato molto più che una barba incredibilmente folta e lunga, interpretare la persona limitandosi a parlare del personaggio denoterebbe una grave mancanza di rispetto nei suoi confronti e una superficialità che, francamente, proviamo a tenere quanto più possibile lontana da questo sito: certo, una barba del genere negli anni d’oro del “bomberismo” e della “pastorizia” era una specie di condanna a morte, ma trasformare la peculiarità in tratto caratterizzante è francamente triste, noioso, banale e in breve tempo ripetitivo.
La barba era assolutamente epica, ma era un accessorio della persona, non il contrario.

Ryan Fitzpatrick lo vorrei ricordare come il compagno di squadra perfetto, quello che per essere il miglior mentore possibile per il giovane Tua Tagovailoa ha saputo mettere da parte il proprio cuore infranto da un’ingiusta retrocessione in panchina trasformandosi nel suo più grande sostenitore.
Vorrei ricordarlo come un quarterback che malgrado evidenti limiti tecnici ha sempre e comunque dato veramente tutto per la causa, e che indipendentemente dalla disfunzionalità del contesto in cui si trovava ha sempre rischiato l’infortunio serio per guadagnare una stupidissima iarda per chiudere un down.

Questa è la prima volta che mi trovo a riflettere sulla carriera di un giocatore recentemente ritirato che non genererà in nessun universo possibile un dibattito sulle sue chance di essere introdotto nella Hall of Fame e, francamente, amo questa sensazione, anche perché Ryan Fitzpatrick non è interpretabile basandosi su risultati sportivi e riconoscimenti individuali ma esclusivamente sulle emozioni che ci ha regalato.
E queste, indipendentemente da tutto, sono state così numerose da riuscire a eclissare barba e outfit vari: Ryan Fitzpatrick è stato molto più che un semplice e ripetitivo meme.

Ryan Fitzpatrick carriera

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Mattia Righetti

Mattia, 27 anni. Voglio scrivere per vivere ma non so vivere. Quando mi cresce la barba credo di essere Julian Edelman. Se non mi seguite su Twitter (@matiofubol) ci rimango malissimo.

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