I peggiori team della storia: Dallas Texans 1952
Nella vecchia NFL rispetto a quella che conosciamo oggi, nel 1952, e solo nel 1952, c’era un team chiamato Dallas Texans. Nonostante il nome, questi non sono né gli antenati dei Dallas Cowboys né quelli degli Houston Texans, né tanto meno dei Kansas City Chiefs (loro derivano si da un team chiamato Dallas Texans ma genealogicamente, nonostante lo stesso nome, sono due cose diverse): sono stati invece l’ultima versione di un team nato nel 1944 Boston, spostato a New York e finito poi proprio in quell’anno nel sud degli States in quel di Dallas.
E’ stato il primo tentativo di portare un team di football americano nel Texas. Il ricchissimo e sfacciato proprietario della franchigia, il 32enne Giles Miller, aveva ereditato una fortuna tessile nel territorio del Texas e subito gli balenò in testa quella di riempire il Cotton Bowl, certo che i 76.000 posti a sedere non sarebbero bastati per una franchigia così rivoluzionaria.
Giorno del Ringraziamento del 1952. I Texans scendono in campo contro i Chicago Bears ma prima di questa partita i giocatori lasciano perdere i riti classici abbandonando il riscaldamento pre-partita per salire sugli spalti a salutare uno ad uno i tifosi presenti. Su 35mila posti quelli occupati poco meno di 3mila. In realtà nella mattina si erano radunati ben 28mila spettatori che hanno assistito ad una sfida tra due high school rivali ma all’ora di pranzo quasi la totalità dei presenti abbandonò lo stadio per recarsi a casa a gustarsi il pranzo del ringraziamento.
Come se non bastasse, lo stadio, costruito a ferro di cavallo come molti dell’epoca, non riparava minimamente dalle intemperie tanto che un vento gelido si abbatté sul campo da gioco con la conseguenza, assurda se pensiamo ai tempi di oggi, che i giocatori dei Texans accesero dei fuochi nei bidoni della spazzatura per scaldarsi. “Sembravamo un gruppo di barboni” affermò Art Donovan quando venne introdotto successivamente nella Hall of Fame. I Dallas Texans vinsero questa partita, 27-23. La loro prima ed unica.
Quello che non vi ho detto ma che forse avrete notato dalla capienza del “contenitore” in cui si disputò questa partita, è che lo stadio in cui si svolse non era il Cotton Bowl di Dallas ma il Rubber Bowl di Akron in Ohio.
L’entusiasmo scaturito dall’arrivo di una franchigia a Dallas scemò velocemente quanto il tempo in cui i Texans ci misero ad arrivare ad inanellare una serie di sconfitte. A Miller non rimase che consegnare in mano alla lega le chiavi della franchigia, fare le tende da Dallas con la NFL che spedì i texani in Pennsylvania, ad Hershey cambiando in base alla comodità lo stadio dove fargli giocare le partite casalinghe.
Facciamo un passo indietro. Nel 1951 i New York Yanks fallirono e Miller prese in carico la squadra con investimento di 300mila dollari. Il commissionar della NFL dell’epoca De Benneville Bell accettò l’idea di trasferire la franchigia nel sud ma volle tenere per se la possibilità di avere l’ultima parola sulle decisioni riguardo la franchigia di Dallas. Fu il più grande errore che Miller commise. La prima mossa di Bell fu quella di concedere lo spostamento della franchigia a Dallas ma subordinata al pagamento di 200mila dollari per la locazione, oramai terminata, firmata dagli Yanks con lo Yankee Stadium di New York. Miller si mise poi in testa di poter prendere Bear Bryant o Curly Lambeau ma il Commissionar pose il veto obbligandolo a tenere Jimmy Phelan come capo allenatore, ereditato dai defunti Yanks.
Gli Yanks non avevano brillato l’annata precedente. Avevano ottenuto una sola vittoria e per tanto non era una bella situazione da cui ripartire. Alla fine furono solo 12 i giocatori che i Texans tennero a roster tra i quali il già citato Donovan e George Taliaferro (nella foto).
Taliaferro è un nome importante in questa storia perché oltre ad essere un giocatore forte per l’epoca, giocò in ben 7 ruoli diversi, era afroamericano. Il primo afroamericano a calcare i campi della NFL insieme al suo compagno di squadra Buddy Young. Nella preseason il bacino dei tifosi era proprio dato dalla comunità afroamericana che amava e seguiva i propri beniamini.
La situazione razziale nel sud degli States in quegli anni oramai è storia ed è riconosciuta da tutti. Ovviamente la decisione della franchigia di integrare giocatori di colore non fu presa bene dai benestanti della zona che boicottarono la squadra. Prima dell’inizio della stagione Miller mise ancora una volta in chiaro la situazione confermando che nella squadra avrebbe giocato chiunque lo meritasse e non in base al colore della pelle, rimanendo dunque fermo nella sua decisione.
I due giocatori afroamericani fecero fatica a trovare un luogo dove vivere, con la moglie di Taliaferro che dichiarò di non aver mai sentito del rispetto nel loro periodo in Texas. Miller incontrò i leader della comunità locale e assicurò a quella di colore che vi sarebbe sempre stato spazio per loro all’interno del Cotton Bowl. Tuttavia il giorno della partita d’esordio il posto riservato a questi fu una piccola zona recintata e con scarsa visibilità dietro la endzone: tra loro vi erano anche le mogli dei due giocatori. Miller provò a farle spostare nella zona “élite” dello stadio, ma queste si rifiutarono sempre.
Dopo questo evento la comunità afroamericana si allontanò sempre di più dalla franchigia che tuttavia non riuscì ad attirare nemmeno la comunità bianca perché questi non sarebbero mai entrati allo stadio fino a che l’intera squadra non fosse stata composta solo da giocatori bianchi.
I tifosi iniziano a calare drasticamente e dato che all’epoca il maggior introito delle franchigie erano proprio gli incassi dello stadio, il team non poté far altro che avviarsi verso il fallimento. Emblematico il discorso che fece coach Phelan, con le buste degli stipendi in mano, in occasione di un allenamento prima dell’ultima partita casalinga a Dallas: “non vi sto dicendo che i vostri stipendi non siano coperti, ma se fossi in voi correrei in banca”. La corsa che ne scaturì poco dopo fu probabilmente uno degli allenamenti più intensi nella storia della franchigia.
Miller chiese a quel punto aiuto al Commissioner Bell per un prestito, ma questi non solo rifiutò, addirittura mise alla berlina il povero Giles minandone la propria credibilità imprenditoriale. Miller morì nel 1989 per un tumore dopo aver cercato inutilmente per tutta la vita di riavere quanto gli era stato tolto dalla NFL. Il figlio riportò come, in seguito alla sua morte, nella casa del padre furono trovate pile su pile di biglietti invenduti dei Dallas Texans.
Torniamo al campo ed a quel giorno del Ringraziamento, quando avvenne il miracolo. Un gruppo di scappati di casa guidati da Tripucka, arrivato un paio di settimane prima, ebbe la meglio sui lanciatissimi Chicago Bears di Halas che solo pochi giorni prima avevano battuto i campioni in carica dei Detroit Lions. Halas in realtà fece riposare quasi l’intera rosa sicuro sarebbe stata una vittoria facile salvo poi mandarla totalmente in campo quando capì che le cose si stavano mettendo male, ma non riuscì a recuperarla.
Da quel momento in poi per un intero mese ad Hershey i giocatori dei Dallas Texans furono trattati come degli eroi passando quasi tutte le sere a divertirsi ed a bere nei pub della città. Nell’ultima partita della stagione, contro i campioni in carica dei Detroit Lions, sotto 41-0 Tripucka guidò il drive che portò al touchdown con Phelan che, saltando festante per tutta la sideline, urlò “li abbiamo presi!”.
Con una sequela inenarrabile di record negativi, un record complessivo di 1-11, i Dallas Texans sono ricordati con molto disprezzo in quel del Texas, ma amati follemente ad Hershey. Un gruppo di scappati di casa che nel giorno del Ringraziamento ebbero la meglio sui fortissimi Bears, un gruppo a cui va comunque il ringraziamento per aver contribuito all’integrazione razziale e poco importa se poi sono stati scarsi, anzi, scarsissimi.