La Serra di Huddle: Jalen Hurts ha acceso una luce per gli Eagles
Alla fine è successo. Dopo l’ennesima prestazione negativa della stagione di Carson Wentz, Doug Pederson ha deciso di giocarsi la carta Jalen Hurts nel tentativo di dare una scintilla all’attacco e una possibilità a se stesso. L’ex offensive coordinator dei Chiefs è in bilico sulla panchina degli Eagles, e probabilmente la vittoria di domenica non basterà per salvarlo dal licenziamento; tuttavia, la squadra ha risposto presente, ha battuto una delle migliori squadre della Lega (pur senza il suo QB titolare) e la Division non è ancora perduta.
Vediamo come è arrivata la vittoria e quanto ha inciso la prestazione del rookie da Oklahoma.
UNA PARTITA ORDINATA
La partita di Jalen Hurts non l’ha visto mettere su cifre eclatanti, perlomeno quando si è trattato di passare il pallone: 17-30 per 167 yard e un TD.
Il coaching staff degli Eagles ha cercato di metterlo a proprio agio in un sistema di gioco che non richiedesse letture complicate ma che fosse propedeutico a metterlo in ritmo, evitando di sottoporlo alle botte di una delle migliori difese della NFL.
In realtà, la o-line degli Eagles si è comportata molto meglio del previsto; Hurts ha avuto una media di oltre tre secondi di tempo a tentativo per effettuare il lancio, secondo dato più alto della 14esima giornata: ovviamente una parte del merito va ascritto alla linea offensiva, un patchwork di mestieranti (cioè gli unici rimasti sani), e un po’ è dovuto al fatto che, come tanti rookie, Hurts ha tenuto molto il pallone in mano prima di lanciare.
Le sue intended average air yards, cioè la lunghezza media di ogni singolo passaggio tentato, è stata di 6.3, settimo dato più basso della giornata; una cifra, questa, che si abbassa ulteriormente quando prendiamo in causa solo i passaggi completati: in questo caso, il pallone ha viaggiato per meno di tre yard di media, secondo dato più basso nella week 14. Gli screen e i checkdown sono stati parecchi, ma anche il più classico dei mesh concept, con due tracce nella shallow area (cioè la parte antistante la linea offensiva) che si incrociano per creare problemi alla difesa a uomo e liberare il ricevitore.
Con un 3&7 da giocare, NOLA decide di schierarsi in quella che sembra a tutti gli effetti una cover 4. In realtà, allo snap una delle due safety si abbassa per evitare che gli attaccanti degli Eagles si “siedano” nella zona. Marcando a zona, la shallow strettissima di Raegor, l’X receiver, non viene presa in consegna da nessuno, anche perché tutta la difesa dei Saints è concentrata sul trio di ricevitori sull’altro lato del campo (uno dei LB tra l’altro indica a qualche suo compagno di prendere Reagor in consegna, ma invano). La coverage di rivelerà poi essere una cover 1, con i cornerback esterni che marcano a uomo (come si nota nel caso del CB di sinistra, che segue la crossing route di Greg Ward, n.84). L’errore della difesa dei Saints, che probabilmente si è schierata in maniera fin troppo prudente, è stato accentuato dal gioco messo in piedi da Phila.
In questa situazione, Goedert riceve da Hurts un passaggio di 5 yard in seguito al sempre valido leak concept, il famigerato gioco in base a cui il tight end parte mani a terra come bloccante per poi aprirsi per la ricezione quando ormai la difesa lo ha dimenticato. Qui il guadagno è meno consistente che in tanti altri casi grazie, a mio modo di vedere, alla lettura di Chauncey Gardner-Johnson. I Saints sono disposti a uomo come in moltissimi casi, e CDJ si trova contro Reagor. Il rookie viene messo in movimento per allargare la difesa e tenerla occupata; si tratta infatti di una ghost motion utile a far uscire Goedert dalla parte opposta a quella verso cui la difesa si muove. Il cornerback dei Saints, però, è bravo a non seguire Reagor fino in fondo, tanto da rimanere nella zona in cui si va a piazzare il tight end: il difensore dei Saints è così già in posizione per placcare l’avversario per un guadagno ridotto.
Questa è un’occasione mancata. Gli Eagles si dispongono con due twins, cioè con due ricevitori per lato, e i Saints sono a uomo. Prima dello snap Goedert si avvicina alla linea per aiutare in pass pro, lasciando Reagor solo da quel lato contro Janoris Jenkins. Le tracce dei ricevitori sull’altro lato sono due in-breaking route, con l’obiettivo, ancora una volta, di liberare spazio da quel lato di campo per un loro compagno, cioè Reagor e la sua post route. La safety alta scivola e perde il tempo dell’intervento e Jenkins è rimasto indietro; tuttavia, il pallone è un filo lungo, ma Reagor non fa granché per controllarlo (il problema dei drop lo ha condizionato anche a TCU). Per la cronaca, questa è l’unica big play tentata da Hurts in partita: di 30 passaggi, solo uno ha superato le 15 yard e solo altri sei sono andati oltre le 10.
Il passaggio da touchdown per Jeffrey è probabilmente il miglior lancio effettuato da Hurts in partita. NOLA si dispone con un atteggiamento molto aggressivo usando un cover 0 blitz: tutti i defensive back sono a uomo con tutti e sei gli uomini del front seven (sono in nickel quindi ce n’è uno in meno) che attaccano il quarterback. Ovviamente, non essendoci nessuno a protezione di Hurts oltre la linea, uno dei difensori dei Saints ha campo libero verso il rookie; Hurts viene investito ma non prima di aver lanciato un backshoulder per Jeffrey. L’ex Bears ormai non è più un fattore, se non in quelle occasioni in cui viene messo nelle giuste condizioni per usare il proprio fisico. Jeffrey non deve fare nulla se non schermare il pallone come un lungo che si mette spalle a canestro, e il gioco è fatto.
LE PICCOLE INCERTEZZE
Hurts ha fatto una partita sicuramente positiva, ma non sono mancati i piccoli errori dovuti alla sua inesperienza: niente di grave, solo degli aggiustamenti che, con l’aiuto del coaching staff e delle ripetizioni in partita, riuscirà a mettere in atto. Sono pochissimi esempi, e tutti peraltro hanno a che fare con il classico difetto dei rookie QB, quello di tenere troppo il pallone per cercare la big play a tutti i costi o per semplice lentezza nell’effettuare la progressione dei ricevitori.
Nella prima clip, Phila usa una RPO per mettersi in movimento, con tanto di guardia (numero 67) che esce in kick out. Goedert, numero 88, usa il più classico dei leak concept per dare ad Hurts un bersaglio; il TE viene preso in carico dal numer 23, Lattimore che, complice il lancio effettuato con un secondo di ritardo, è bravo a deviare il pallone per l’incompleto.
Il secondo lancio, invece, è nettamente più rischioso, e la colpa va condivisa con Greg Ward. Il ricevitore corre una out in maniera non troppo convinta, non riuscendo a separarsi “in cima alla traccia”. A questo aggiungiamo il fatto che Hurts lo fissi praticamente per tutto il tempo – denotando che fosse effettivamente il numero 84 il primo bersaglio nella progressione – e il quasi intercetto è servito.
Questi sono stati gli unici due errori ascrivibili al numero 2 in una partita più che disciplinata ed esente da grossi rischi. Come avete visto, minuzie.
In realtà gli Eagles hanno vinto la partita anche grazie al TD su corsa da oltre 80 yard di Miles Sanders, in una partita in cui non ha trovato molti spazi e anche, soprattutto, grazie alla vittoria nella battaglia dei turnover, 2 a 1 per i padroni di casa: è stata soltanto la terza partita stagionale in cui Phila ha terminato con più palloni recuperati che persi.
Ovviamente, una singola partita è una goccia d’acqua in un oceano, a maggior ragione se i problemi degli Eagles vanno oltre quello, non comunque trascurabile, del quarterback. La prova di Hurts è stata comunque positiva, soprattutto perché arrivata contro una grande difesa. È praticamente impossibile capire se e quanto questo farà la differenza nel lungo termine, ma Philadelphia aveva bisogno di provare qualcosa di diverso, e Hurts è stato una scintilla.
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