Gardner Minshew ha travolto il mondo NFL
Era pronto a cambiare carriera, e diventare allenatore, quando ancora andava al college. Dopo due partite e mezzo nei professionisti è già una leggenda. Come potrebbe essere altrimenti quando tuo nonno avrebbe voluto ti chiamassi Beowulf?
Gardner Minshew II ha travolto il mondo NFL. I suoi baffi. La fisionomia da film fumettoso. Una storia tutta da raccontare. E, fondamentale parlando di football, carisma e tecnica, quando si tratta di lanciare un ovale.
Sì, perché vanno benissimo il look stravagante, il folclore e i meme simpatici, ma senza quanto mostrato in campo avremmo solo una macchietta. Invece è Minshew-mania.
Una vittoria contro i Tennessee Titans, una rimonta vanificata da una chiamata discutibile del coaching staff la settimana prima. Un inizio di carriera come nessuno mai dalla fusione di NFL e AFL. Tutto questo e molto di più: Gardner Minshew, che avrebbe potuto essere Beowulf.
Ma di chi diavolo stiamo parlando? È il quarterback dei Jacksonville Jaguars, entrato in campo sin dalla prima giornata per la rottura della clavicola del titolare designato, acquistato in estate dai Philadelphia Eagles con uno scambio, Nick Foles. Dalla seconda giornata è toccato subito a lui: scelto al sesto giro nel Draft dello scorso aprile. Pescato da Washington State, dove ha stabilito il record per le yard lanciate in una sola stagione (4.779) e il maggior numero di touchdown in una partita (7, superato proprio la scorsa settimana da Anthony Gordon con 9 nell’incredibile ko 67-63 contro Ucla). Minshew si è anche classificato al quinto posto nella corsa all’Heisman Trophy 2018 vinta da Kyler Murray.
E una straordinaria stagione con i Cougars, cui era arrivato da East Carolina, non gli è bastata per essere tra i primi quarterback scelti. Anzi. E’ stato il decimo ad essere chiamato degli undici selezionati nel 2019. “Difficilmente giocherà molto”. “Potrebbe diventare un eterno backup”. Si legge dagli aruspici del draft. Quanto visto fin dalla prima settimana farebbe pensare a un destino diverso.
Minshew sa stare in campo. E’ preciso. Sa leggere il gioco. Ha leadership. E se il rischio è di trovarsi di fronte alla versione footballistica di Jeremy Lin, playmaker che spopolò con la maglia dei Knicks prima di tornare a una meno strombazzata carriera, per il giovane cougar, grande amante degli animali, un traguardo non indifferente è stato comunque raggiunto. Sta dimostrando il suo valore. C’è di più. Ha ridato entusiasmo a Jacksonville e l’ha “rimessa sulla mappa” della NFL. Il suo merito maggiore.
Così, in piena Minshew-mania, tra fotoritocchi che lo affiancano a Zio Rico, personaggio del film Napoleon Dynamite, e altri che lo associano a Ben Stiller in Dodgeball; irriverenti paragoni sui social lo vedono accostato a un altro ragazzo scelto al sesto giro, numero 199: tale Tom “ho vinto sei Super Bowl” Brady. Come lui, il più tonico 42enne del pianeta iniziò la sua carriera da titolare per l’infortunio di un collega, Drew Bledsoe.
Il tutto, per Gardner, condito da un personaggio che fa sembrare Cam Newton un impiegato di banca. A partire da quel “secondo” nel nome, scelto dal papà che lo voleva fortemente, pur senza necessità, visto che lui si chiama Flint e un Gardner I non esiste. Per arrivare all’offerta da un milione di dollari che avrebbe ricevuto dopo questa esplosione di popolarità da un’azienda che opera nel mondo del porno. Passando per una messe di aneddoti. “Adesso sei tu l’uomo di casa” avrebbe detto Gardner II al padre il giorno in cui è partito per il college. Quel babbo che in tv ha spaccato quanto il figlio, per il suo entusiasmo e la sua somiglianza a Jon Gruden. C’è poi quel primo anno a East Carolina con martello e bottiglia di Jack Daniel’s dopo lo spezzone giocato nella quarta partita. Sì, per provare a rompersi la mano perché essendo sceso in campo non avrebbe più potuto “guadagnarsi” l’anno da redshirt, come aveva previsto.
“L’unica soluzione era un infortunio. Così sono andato a casa con la bottiglia e il martello. Mi sono chiuso in camera e ho provato. Uno, due, tre. Ma lo sentivo che non era rotta. Altro giro. Ancora niente. Tentativi a vuoto, non sono stato nemmeno capace di rompermi la mano”.
Per fortuna, possiamo dire ora. Ché con gli infortuni non si sa mai. E’ andata bene lo stesso.
Ecco, il college. Aveva seriamente pensato di andare ad Alabama a fare il backup. Per imparare da coach Nick Saban e dal suo staff. Per diventare allenatore, come loro. Era quello l’obiettivo di Minshew. Ha preferito però “essere il migliore della nazione per yard passate”, come sibilato dal coach di Washington State Mike Leach per convincerlo, dopo la tragedia del suicidio del suo titolare Tyler Hilinski.
Avrà pure immaginato di riprendere quel filo con berretto, cuffie e lavagnetta in mano, mentre a Nashville passavano i giri ma il suo nome non veniva pronunciato. La fiducia è arrivata, tardi, dopo 177 altri ragazzi, ma è arrivata. E lui l’ha ripagata immediatamente.
Rookie della settimana già dopo la domenica d’esordio del campionato. Primo scalpo della sua carriera proprio dei Titans, che a Nashville hanno sede, alla seconda da titolare. Non male per un ragazzo di Brandon, Mississippi, passato da Troy University, Northwest Mississippi Community College, East Carolina e Washington State prima di trovare la NFL.
E mentre fioriscono in ogni angolo del web magliette con baffi, capello lungo spettinato e bandana, lui dopo il successo numero uno se la ride con un tweet su Marcus Mariota. “Non credevo fosse un mio fan così accanito” commenta i baffi del collega ex Oregon.
Prima di rimettersi casco e paraspalle per prepararsi alla sfida contro i Denver Broncos di questa settimana, ha fatto una capatina a salutare la sua Washington State, proprio nella spumeggiante sfida contro Ucla. Un ritorno da trionfatore, con un nuovo outfit indimenticabile: bandana, occhiali a specchio, maglietta con scritta Cougar e jeans tagliati a metà coscia. Decisamente anni ‘70, in perfetto stile Minshew-mania.
Ed era solo un ragazzo che voleva diventare coach. Che avrebbe potuto chiamarsi Beowulf.