[W05] New York Jets vs Miami Dolphins

nflNew York Jets – Miami Dolphins 27-31

Il quinto Monday Night della stagione si presentava succulento già sulla carta. Una delle rivalità  più sentite della NFL, due squadre che non si amano e che già  nel passato avevano prodotto partite ed episodi memorabili: nessun tifoso dei Dolphins dimenticherà mai il “Clock Play” del 1994, la finta di spike con cui Dan Marino beffò i rivali in casa loro, e nei ricordi dei tifosi Jets avrà sempre un posto speciale il “Monday Night Miracle” del 2000 in cui rimontarono ai Dolphins uno svantaggio di 7-30 nel quarto periodo per vincere poi 40-37 al supplementare.
E quest’anno, ad aggiungere pathos alla tradizione, c’era anche la situazione delle due squadre. Per i Jets, un avvio lanciatissimo, dietro ad uno stupefacente quarterback rookie e sulle ali di una difesa ferrea, orchestrata nientemeno che da Rex Ryan, l’artefice della massiccia difesa dei Baltimore Ravens; la battuta di arresto contro l’attacco esplosivo dei Saints poco aveva tolto all’entusiasmo attorno al brillante avvio dei biancoverdi. Per i Dolphins, l’esatto opposto: un avvio terribile, con tre sconfitte di fila, molti dubbi e molti problemi e come ciliegina l’infortunio che eliminando Pennington aveva consegnato le chiavi del comando all’oggetto misterioso Chad Henne; la vittoria e la buona prestazione contro i Bills poco aveva spostato, vista anche la relativa debolezza dell’avversario (ieri poi annichilito nientedimeno che dai Cleveland Browns). Per i media, alla vigilia, c’erano poche discussioni: due squadre simili, che hanno nelle corse il loro punto di forza (con Miami, addirittura, primo attacco della NFL per yard guadagnate sulla terra), quindi si poteva prevedere una partita dura e combattuta, ma Rex Ryan avrebbe senz’altro scatenato la sua difesa e, imbrigliata la Wildcat come già fatto lo scorso anno con i Ravens, avrebbe portato a casa la vittoria.
Invece, come spesso accade nello sport, nulla di tutto ciò è successo. O meglio, è stata effettivamente una partita dura e combattuta, fra due squadre per molti versi simili, che dopo tre quarti di aspra battaglia si è scatenata solo nell’ultimo periodo con segnature e cambi di leadership a raffica. Ma alla fine ad esultare sono stati i Miami Dolphins, che hanno seppellito la difesa dei Jets sotto 413 yards di attacco totale, con una Wildcat offense a cui Ryan non ha saputo trovare alcun rimedio e con al timone un Chad Henne (20/26, 241 yards, 2 TD, 0 int, 130.4 di rating) che ogni singolo tifoso di Miami ha immediatamente accostato al ricordo di Dan Marino (per poi accantonare scaramanticamente il pensiero…).
Ma andiamo con ordine. Miami parte con la palla in mano, e dà subito un antipasto di come sarà  la serata: un passaggio completato di Henne, una corsa di Brown e poi subito la Wildcat diversa da come te la aspetti, con Brown che finge la corsa e passa 21 yards per Fasano. Il pubblico si scalda subito, e dopo 7 minuti e mezzo il drive si chiude con il touchdown di Ronnie Brown che corre 1 yard in end zone ancora dalla Wildcat.
Ma anche i Jets hanno qualche trucco pronto: 3 corse e nulla di fatto, sembra un 3/out ma Ryan chiama un fake ed il punter corre 26 yard prima di uscire dal campo e riconsegnare la palla nella mani di Sanchez. Che dopo 3 minuti inizia ad utilizzare il suo nuovo giocattolo: Braylon Edwards è infatti il destinatario del passaggio da 3 yards che pareggia la gara.
Dopo questo inizio vivace, la gara si muove lenta per un bel po’. Ma non è una partitaccia, anzi. Nonostante i pochi punti (2 field goals per i Jets, uno per i Dolphins) la partita è viva, dura e combattuta, al livello della rivalità fra le due squadre. E bella: basti pensare che alla fine non ci saranno grossi errori né palle perse (nessun intercetto, nessun fumble), segno della concentrazione comunque presente in campo. E, nel frattempo, i Jets trovano anche il modo di piazzare un altro fake punt nel 2° quarto: stavolta è Brad Smith a correre 12 yards, chiudere il down e tenere vivo il drive che porterà New York al calcio del momentaneo pareggio sul 10-10.
L’ultimo quarto inizia con i Jets avanti 13-10 e Miami in attacco sulla goal line avversaria. Bastano due giochi e Chad Henne pesca Fasano in end zone, portando Miami avanti dopo un drive da quasi 9 minuti. Ai Jets però ne bastano 2 per replicare, con due bombe di Sanchez per Clowney (53 yards) e Braylon Edwards (35); quest’ultima sembra in touchdown, ma la decisione viene capovolta dopo un challenge: ci pensa comunque Thomas Jones e i Jets sono di nuovo sopra 20-17.
Miami riprende dalle proprie 16 e Dan Henning, OC dei Dolphins, decide di  liberare il braccio di Chad Henne: con un drive fatto di soli 5 passaggi i padroni di casa segnano di nuovo e tornano sopra: 10 yards su Hartline, incompleto, 7 yards su Camarillo, 14 yards su Fasano ed una incredibile ed inattesa bomba di 53 yards per Ted Ginn che segna e fa letteralmente esplodere il Landshark Stadium ed una tifoseria che non vedeva un’azione così da quando con la maglia aqua-arancio giocava un signore con il numero 13.
I Jets accusano un po’ il colpo, ma sono bravi a non farsi condizionare. Dopo due reciproci drive chiusi 3/out i Jets pescano il jolly: una pass interference chiamata a Will Allen su Braylon Edwards li porta a giocare sulle 3 yards Miami, e da lì è ancora Thomas Jones a far girare ancora il punteggio, per la quarta volta nell’ultimo quarto: 27-24.
A 5:19 dalla fine, sembra il momento perfetto per la difesa dei Jets per fare la differenza, bloccare gli avversari e vincere la partita. Invece è l’attacco di Miami a rubare la scena, con un drive tanto perfetto quanto pazzo, che mescola Wildcat ed attacco tradizionale e che vede ben 4 giocatori diversi alternarsi nel ruolo di quarterback: Henne, Brown, Williams ed anche il rookie Pat White, lanciato a sorpresa nella mischia nel momento cruciale. A 10 secondi dalla fine, è Ronnie Brown ad entrare in end zone con una corsa da 2 yards, chiudendo la partita 31-27 ed iniziando la festa.
I Jets non hanno preso bene la sconfitta. Coach Ryan nel dopo partita ha parlato di sconfitta della propria difesa, addossandosi tutte le responsabilità, sia per la brutta prestazione dei suoi (“Ho visto altre brutte prestazioni della difesa, ma non così brutte”) che per la cattiva gestione del finale, in cui non aveva ritenuto opportuno usare i suoi timeout per riservarsi un po’ di tempo convinto che i Dolphins non avrebbero comunque segnato. E Calvin Pace ha fatto eco alle parole aspre del suo capo allenatore verso la Wildcat (‘Di solito vedevo tutte queste scenette quando allenavo nei college’) etichettando Chad Henne come un “quarterback clown” che loro son riusciti a far sembrare come Dan Marino. Fa tutto parte del gioco, soprattutto se consideriamo la rivalità ed il fatto che il 1° novembre andrà in scena la rivincita a New York. I Jets portano comunque via da Miami anche cose positive: ad esempio il fatto che in una partita così tesa e sentita, Sanchez non ha commesso errori, ha chiuso con cifre non stratosferiche (12/24, 172 yards, 1 TD, 87.5 di rating) ma ha gestito bene la gara, senza prendere rischi inutili. E, soprattutto, ha iniziato ad abituarsi all’idea di avere Braylon Edwards. Il nuovo ricevitore dei Jets ha infatti esaltato i suoi tifosi con una prestazione (5 ricezioni, alcune davvero belle, per 64 yards e 1 TD) all’altezza del talento che ha e che gli è sempre stato riconosciuto; solo il tempo dirà se il trasferimento da Cleveland lo aiuterà anche a superare i suoi problemi di concentrazione e di impegno, motivo principale per cui i Browns lo hanno ceduto.
I Dolphins arrivano alla giornata di riposo con qualche certezza in più rispetto a due settimane fa: che la stagione non è ancora buttata, anche se il solito calendario duro non da certo una mano; che Ronnie Brown e Ricky Williams sono una coppia potenzialmente devastante, in grado di togliere molta pressione dalle spalle di Henne e del passing game; che la Wildcat è ancora più versatile di quanto si pensasse, specialmente se al suo comando c’è un giocatore che è anche in grado di passare la palla, come all’occorrenza Ronnie Brown sa fare.
Una nota a parte va fatta su Chad Henne. La sua prestazione contro i Jets è stata superba, al di là della constatazione che un rating di 130 non si ottiene per caso. Ma a Miami nessuno si azzarda più ad usare superlativi: negli ultimi 10 anni sono state troppe le speranze buttate di aver trovato un degno erede di Dan Marino, e troppo lungo è l’elenco dei qb arrivati in Florida via draft, trade o free agency. Quindi la parola d’ordine è: bella prestazione, ma aspettiamo… Ok, aspettiamo pure. Ma la sensazione di aver assistito alla prima di una lunga serie di faccia a faccia Henne-Sanchez è forte. E, fosse vero, se saranno tutti come il primo ci sarà di che divertirsi.
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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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