LA NFL e l’inno che si ritorce contro

Nel meeting dei proprietari di franchigie NFL di fine maggio sembrava fosse stato trovato un accordo sul comportamento che giocatori e staff avrebbero dovuto tenere durante l’esecuzione dell’inno nazionale.

Come potete leggere nell’articolo il condizionale è d’obbligo, perchè quello che sembrava un accordo all’unanimità si è, col passare del tempo, rivelato più una forzatura della Lega che una decisione dei trentadue proprietari.

Tutte le decisioni dello Spring Meeting

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Nei giorni successivi molti addetti ai lavori e non, avevano espresso un sostanziale disaccordo con quanto deciso, mostrando sempre più come la decisione non fosse frutto di una analisi attenta e puntuale, ma solo un’esigenza politica, come ha anche rivelato il Wall Street Journal, mascherata da azione necessaria per rispondere al calo degli ascolti e alla disaffezione dei tifosi (se mai riusciremo ad avere un po’ di tempo libero scriveremo di come i rating tv siano in linea con tutto quello che è stato trasmesso nella scorsa stagione).

La norma prevede che chi sarà in campo al momento dell’inno dovrà rimanere in piedi, mentre chi non vuole farlo è autorizzato a rimanere negli spogliatoi per entrare sul gridiron subito dopo. Per far tutto questo la NFL ha inserito una norma nel regolamento di campo che non è soggetto al Contratto con la NFLPA, mossa astuta per evitare di doverne discutere con i rappresentanti dei giocatori.

Proprio il Contratto, che scadrà nel 2020, prevede che una delle due parti possa far ricorso alle decisioni prese entro 50 giorni dalla comunicazione delle stesse e la NFLPA il 10 luglio ha presentato un formale ricorso sostenendo che la norma è contraria a quanto previsto dal Contratto e soprattutto viola i diritti dei giocatori.
La NFLPA ha invitato la NFL a discutere insieme sul da farsi e la lega ha accettato la proposta dell’Associazione Giocatori.

Quindi la NFL prima impone a forza e senza unanimità una norma restrittiva sul comportamento da tenere durante l’esecuzione dell’inno, poi al primo ostacolo, che era atteso da giorni, si dice intenzionata a discutere di quanto deciso?

Non crediamo certo si siano fatti spaventare  Jurrell Casey, defensive lineman dei Tennessee Titans, che ha dichiarato che lui scenderà in campo, si inginocchierà e pagherà la multa che dovrà pagare perchè la sua protesta non è assolutamente contro inno e bandiera, ma contro le ingiustizie razziali.

Ieri sera un ulteriore comunicato della NFLPA annuncia che è stato raggiunto un accordo con la NFL per arrivare ad una soluzione sulla questione inno e, per permettere la continuazione del dialogo, viene sospesa l’applicazione della norma decisa al meeting dei proprietari.

NFLPA inno 2Nel giro di pochi giorni la NFLPA ha ottenuto quanto chiesto e vi confessiamo che ci ha un po’ stupito questa giravolta della NFL che prima impone una norma passando sopra i dubbi degli Owner per poi scendere a più miti consigli alla prima protesta ufficiale della NFLPA.

Questa mattina, leggendo un thread su Twitter di Jeff Darlington, giornalista di ESPN, siamo riusciti a capire uno dei motivi del perchè di questa apertura della Lega ai giocatori.
Darlington ci informa che ognuna delle trentadue squadre deve inviare ogni anno un documento sulle norme disciplinari e le sanzioni previste in caso di mancato rispetto e il comportamento durante l’esecuzione dell’inno è una delle norme da rispettare.
I Miami Dolphins, da subito critici con la decisione della NFL, non prevedono nessuna sanzione per chi non seguirà le norme della Lega durante l’inno, men che meno le quattro giornate di sospensione consigliate da Goodell.

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Questo documento, ufficialmente riservato, è un grosso problema per la NFL perchè se, come sembra, altre franchigie seguiranno l’esempio dei Dolphins la fantomatica unanimità sbandierata a maggio non si confermerebbe tale, creando anche un problema di immagine non indifferente. Per questo la Lega ha colto al volo l’offerta della NFLPA per rivedere quanto deciso nei mesi scorsi.

Aggiornamento 15.30

I tweet di Darlington hanno smosso le acque e al risveglio della costa est degli Stati Uniti sono arrivate alcune precisazioni:

  1. i Miami Dolphins nel documento inviato alla NFL prevedono che un giocatore che non rispetti la regola di stare in piedi durante l’inno nazionale può andare incontro a multe economiche, fino alla sospensione senza paga per un massimo di quattro partite.
  2. le squadre devono obbligatoriamente indicare la sanzione prevista per l’infrazione perchè è normata nel manuale delle operazioni da svolgere sul campo
  3. le voci interne alla squadra di Miami sottolineano che le dichiarazioni di Steve Ross, proprietario dei Dolphins, sono sempre state concilianti nei confronti dei giocatori che protestavano e che quindi il documento è più un obbligo formale a cui le squadre devono attenersi che una vera e propria presa di posizione dei Dolphins.
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Giovanni Ganci

Sports Editor si direbbe al di la dell'oceano, qui più semplicemente il coordinatore di tutta la baracca. Tifoso accanito dei San Francisco 49ers, amante del college football e al di fuori dello "sferoide prolato"© forza Boston Red Sox.

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