[NFL] Super Bowl LII: la partita vista dalla panchina dei Patriots

The comeback.

Quante volte abbiamo sentito questa parola dai commentatori americani (ma anche da quelli italiani) con riferimento ai New England Patriots?
Sembrava quasi che i Patriots si fossero specializzati nelle vittorie di rimonta.
Sembrava che il quarto quarto di una partita di football in cui vedeva in campo i patrioti riservasse sempre sorprese.
È noto che, senza voler dimenticare la storica rimonta del Super Bowl LI, anche in regular season, questa stagione, Bill Belichick e compagnia hanno sfoggiato questa loro peculiare caratteristica.

Qualora ve ne fosse bisogno, ricordiamo la vittoria a Foxboro contro Houston, in un momento se vogliamo difficile per la stagione dei Patriots iniziata con 2 sconfitte, che era stata caratterizzata proprio da questa tenacia che solo la franchigia di Boston ha saputo mostrare al mondo intero, unita alla chirurgica perfezione del proprio QB, non a caso The G.O.A.T., che riusciva a 2 minuti e 24 secondi dalla fine, un solo time-out a disposizione, con il punteggio di 28-33, a confezionare un drive magistrale, produttivo, con a 23 secondi della fine il touchdown della vittoria di New England (nonostante un sack con fumble ricoperto dagli uomini di linea di Brady e quasi un intercetto).

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La stessa situazione (anche se propiziata nell’ultimo drive in mano agli avversari da una discussa chiamata della crew arbitrale) si era verificata nella sfida decisiva per accaparrarsi il 1th seed della division a Pittsburgh.
E che dire, poi, della vittoria che aveva spalancato le porte dell’ottavo Super Bowl del duo Belichick – Brady, contro i Jaguars del talentuoso RB Fournette, in lacrime a fine partita.
Anche in questo caso, una magistrale “comeback”. Roba da lasciare annichiliti anche gli acerrimi antagonisti e detrattori della franchigia di Mr Kraft.

Quando al Super Bowl LII, in mondovisione, a 2:21 dalla fine della partita, è stato inquadrato lo sguardo da killer di Tom Brady mentre si alzava dalla panchina per condurre l’attacco dei Patriots alla ricerca del touchdown necessario a portare a casa il 6th lombardi Trophy dell’era Kraft-Belichick-Brady, in molti hanno pensato: eccoli qua, i soliti Patriots, vinceranno in rimonta. Di nuovo.
Tutto lasciava presagire che ci sarebbe stata l’ennesima “comeback” della franchigia di Mr Kraft.

Ma questa volta i patrioti della nuova Inghilterra non avevano fatto il conto con la determinata difesa degli Eagles, fino a quel momento trafitta dalle ricezioni dei vari Hogan, Amendola e Gronkowski e dai lanci di un Tom Brady ispirato più che mai, tanto che a fine partita sarebbero stati registrati record incredibili (per gli sconfitti), quali 505 yard lanciate per il QB e 0 punt totali in partita, per citarne solo due, ma che rendono l’idea della straordinaria prestazione dell’attacco in maglia bianca.

Riavvolgiamo il nastro alla mattina del 4 febbraio 2018, ore locali di Minneapolis.

New England è arrivata al Super Bowl con il favore del pronostico. Gli opinionisti di tutto il mondo avevano trascorso le ultime due settimane a spiegarci perché i Patriots fossero i favoriti. Gli Eagles, orfani del QB titolare Wentz, si giocavano il titolo nella (auspicata) veste di underdog. In pochi credevano che Nick Foles (evidentemente il fratello gemello forte di quello scarso visto dalle parti dei Rams, Massimo Foglio copyright) avrebbe potuto replicare la prestazione stellare vista contro Minnesota nella finale di conference. Anzi, i più lo bollavano come spacciato perché inesperto e in preda allo stress di condurre l’attacco, da backup, della storica franchigia di Philadelphia nella partita decisiva della stagione.

belichick patriots

Tuttavia, siamo sicuri che Bill Belichick aveva studiato attentamente i propri avversari e capito che Foles avrebbe disputato una partita precisa, inserito in un ingranaggio ben preparato ed organizzato, guidato da un grande coach (che, forse, solo il futuro ci consacrerà) Doug Pederson.
Infatti, quella mattina nella mente del navigato Head Coach si addensavano sinistri presagi. Forse dubbi. Ciò sarà confermato da alcune inspiegabili scelte assunte durante la partita (inspiegabili scelte per chi conosce bene Belichick).

A preoccupare Bill non poteva che essere lo stato di salute della sua difesa, scricchiolante per tutta la stagione, con un inizio di regolar season veramente imbarazzante. Il timore di non riuscire a contrastare efficacemente l’attacco guidato da un Foles ispirato (anche se sulla carta non irresistibile) ma molto ben preparato ed organizzato, non avrà lasciato indifferente Bill Belichick. Quest’ultimo -scopriremo poche ore più tardi non con poca sorpresa- deciderà di lasciare in panchina Malcom Butler, uno degli eroi del Super Bowl vinto contro Seattle proprio per un suo intercetto: “they gave up on me”, hanno rinunciato a me, dirà il 27 enne cornerback ad ESPN, mentre Bill Belichick assillato dalle domande a fine partita liquiderà la vicenda laconicamente (come è nel suo stile), motivando l’esclusione come scelta tecnica, perché questa sarebbe stata la migliore decisione per la squadra.
Già, la squadra.

Do your job, è il mantra dell’allenatore di New England.

Non devi strafare, fai bene il compito che ti viene assegnato. Il resto lo fa il lavoro di gruppo. È con questa convinzione che il team di Boston scende all’U.S. Bank Stadium.
La prima sorpresa, se vogliamo, ce la da il sorteggio per il kick off. La monetina propende per New England, i quali, un po’ a sorpresa, decidono di calciare il pallone e offrire il primo drive agli avversari.
È stato gettato il guanto della sfida. Forse Belichick vuole testare, a freddo, l’attacco guidato da Foles, oppure riservarsi il primo attacco nel secondo tempo (forse suggestionato dalla statistica che vede New England al Super Bowl segnare sempre dal secondo quarto in avanti).
Gli Eagles avanzano e la difesa non riesce a mettere pressione a Foles che si avvicina sempre più alla End Zone. 1st and goal a poche yard dal touchdown, ben difeso da New England tanto che il drive si concluderà solo con un field goal.
Tutto sommato una buona notizia per Belichick e i suoi. 3 a 0.

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Scende in campo Tom Brady che inizia a macinare yard con un drive veloce: lo aiutano le ricezioni di Gronkowski, White. Siamo a ridosso della end zone. Non risulta decisiva la corsa di White sul 2nd e 4, mentre non riesce la ricezione da touchdown a Gronkowski sul bullet pass di Brady sul 3rd e 4. Calcia anche New England. 3-3.
Nell’azione successiva si iniziano ad aprire le prime crepe nella difesa dei Patriots. Prima una grande corsa di Blount, l’ex di turno, poi una ricezione da touchdown con un lancio di circa 30 yard per Jeffrey. Siamo 9 a 3.
Festeggia in tribuna il patron degli Eagles che ha come ospite d’eccezione Bradley Cooper e la sua magnifica fidanzata Irina Shayk.
Philadelphia fallisce il calcio per il punto addizionale e qui, i detrattori degli Eagles, avranno pensato: eccoli, troppo emozionati, non hanno la tempra per vincere un Super Bowl. Lo avrà sospettato anche Belichick?

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Brady conduce un buon drive, arrivando a 11 yard dalla end zone alla fine del primo quarto. A questo punto qualcosa si blocca. Nel 3rd & 4 giocato ad inizio del secondo quarto, sull’altro lato del campo, i Pats non riescono a varcare la soglia della end zone, nemmeno con la corsa laterale a destra di Cooks che avrebbe dovuto confondere la difesa degli Eagles sempre ben piazzata in marcatura e che nel tentativo quantomeno di chiudere il down si improvvisa saltatore ad ostacoli, impattando, senza guadagno, su uno scatenato (nelle esultanze) McLeod Jr. Nulla di fatto, dalla panchina viene chiamato (giustamente) il field goal per ridurre le distanze.
Field goal agevole, siamo sulle 26 yard, ma qualcosa va storto: Cardona sbaglia lo snap della palla e Gostosky in evidente ritardo sul tempo del calcio prova a metterci una pezza, ma colpisce solo il palo.
Grandi facce di disappunto sulla panchina dei Patriots.

Ritorna in campo l’attacco guidato da Foles, ma una buona pressione della difesa porta a contenere nella metà campo avversaria gli Eagles, che giocano il punt (il primo della partita!).
Rientra l’attacco dei Patriots, pronto a recuperare; anzi, con l’ansia di superare di un punto gli avversari. E qui accade quello che non si può definire uno snodo importantissimo negli equilibri del match.
I New England giocano uno strano 3rd & 5 sulle 40 yard della metà campo avversaria. Pur di convertire questo down (segno che sentono la pressione) Josh Mc Daniels chiama una trick play. A questo punto della partita?
Lo consideriamo il primo grave errore di giornata del coaching staff.
La palla passa dalle mani di Brady a White che la ripassa ad Amendola che incrocia, il quale lancia per Brady involatosi da solo sulla sideline di destra per chiudere agevolmente il down, ma l’MVP della regolar season fallisce una facile ricezione.

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Belichick chiama l’azione. Fa giocare il quarto down. Lo fa giocare lungo. Brady cerca Gronkowski in profondità ma….nulla da fare: incomplete.
Gli Egleas ripartono da una buona posizione, quasi a metà campo e vanno in end zone con una magnifica corsa di Blount.
Bill Belichick e Matt Patricia sono vicini ed entrambi hanno smorfie di profondo disappunto. Difesa continuamente bucata.

Ora siamo sul 15 a 3 e il distacco inizia a preoccupare. Si confabula sulla sideline dei Pats, si cerca di capire come arginare le aquile della città dove fu siglata la carta costituzionale degli U.S.A. .
Dall’altra parte della sideline ci si accorge del momento di difficoltà dei Patriots e si decide di attaccare, di essere ancora più aggressivi: si va per la conversione da due punti, che fallisce.
I peggiori incubi iniziano a materializzarsi. Butler con il casco in testa, resta fermo in panchina.
Ad ogni chiusura di down avversario, Matt Patricia fa una smorfia che è tutta un programma. La difesa di New England non riesce ad arrestare l’avanzata di Philadelphia.
È arrivato il momento di far capire che New England c’è. Il prossimo drive è già decisivo. Serve la segnatura da 6 punti.
Si riparte dalle 25 yard: Brady pesca Burkhead sul corto, il quale ha uno slancio e riesce ad evitare diversi placcaggi potendo correre fino alle 30 yard avversarie. L’MVP della regular season non converte il 3rd & 8 buttando malamente la palla a terra a causa della pressione (fino a quel momento contenuta) di Philadelphia. Niente da fare. Si va per il field goal, che, questa volta, viene snappato correttamente e centra il bersaglio fra i pali.
In questa fase della partita, il punteggio è 15 a 6.

Gli Eagles avanzano sempre macinando tempo (a differenza degli attacchi di New England che sono sempre molto veloci, prediligendo i lanci alle corse) e Foles, per nulla intimorito, si prende anche qualche rischio, lanciando lungo su Jeffrey, il quale, all’altezza delle 10 yard non riesce a trattenere la palla in ricezione mentre subisce la marcatura stretta da Stephon Gilmore (che, fra l’altro, il destino ha separato nella carriera da professionisti mentre erano compagni di squadra al college) e Harnon l’agguanta: intercept!
Sembra la giocata che potrebbe propiziare un’inversione di tendenza nell’equilibrio del match; finalmente un drive avversario si conclude con un nulla di fatto e, al contempo, funge da monito per Foles affinchè sia più prudente nei lanci, pena il rischio di intercetti. Se lo augurano tutti in panchina.

Harnon patriots eagles
Ma gli dei del football hanno programmi diversi questa volta per Tom Brady & Co.

Nel drive successivo, i Patriots chiudono il down solo grazie ad una penalità, ma corrono veloci verso la end zone: è di Hogan una ricezione sulle 26 yard avversarie grazie ad un passaggio lungo e preciso di Brady. apre un buco incredibile nella difesa avversaria e si invola verso il touchdown.
New England accorcia le distanze ad un field goal. Ecco che sembra maturare la rimonta. Ci sono tutti i segnali. Occorre adesso fermare gli Eagles anche solo per un drive. Chissà quante volte sarà passato nella testa dell’Head Coach dei patrioti questo pensiero.
La palla torna in mano a Foles, che non sembra affatto intimorito: sul 3rd & 3 dalle 35 yard lancia preciso sulla sideline di destra a Clement il quale con una big play si invola “wide open” verso la end zone finchè non viene placcato all’altezza delle 12 yard. Non proprio il tipo di giocata difensiva che Belichick, Patricia e Brady si attendevano.
A questo punto accade qualcosa di decisivo. I primi tre tentativi per segnare il touchdown sono incompleti. Doug Pederson, con una mossa tattica che appare rischiosa, decide di giocare il quarto down. Eppure sarebbe bastato un field goal per incrementare il vantaggio senza prendere rischi inutili.
Qui accade dell’incredibile. Foles chiama lo snap ma si sposta sempre di più alla sua destra e si invola verso la end zone: è una trick play, molto simile a quella fallita da Brady, che però produce una ricezione da TD fra le mani di Foles, il quale dirà a fine partita che quella giocata la stavano provando da circa un mese ed era entusiasta che avesse funzionato (anche quella dei Pats avrebbe funzionato, se la palla non fosse sfuggita dalle mani di The G.O.A.T.).
Philadelphia mette a segno anche l’extrapoint e ora siamo 22 a 12 con 34 secondi da giocare nel secondo quarto.

Si materializzano chiari segni del destino che uno come Bill Belichick non può fare a meno di non notare: sembra proprio che agli Eagles tutto riesca, mentre alla franchigia di mr. Kraft non tutto gira come al solito.
Questo è uno snodo decisivo perché Philadelphia fa capire chiaramente che c’è e che non ha alcuna intenzione di affievolirsi. Corrono come furie, sono compatti, organizzati e ben determinati.
Per Brady 34 secondi da giocare, palla in mano, sono tantissimi. Peccato che a New England sono finiti i time out. Ai Patriots non riesce l’impresa di arrivare in zona da field goal con ancora una manciata di secondi da giocare.
A questo punto si va negli spogliatoi e, crediamo a ragione veduta, il coaching staff di New England si è particolarmente concentrato sulla difesa.

Nel terzo quarto i Patriots segnano subito con un drive in cui il bersaglio preferito è Gronkowski finalmente salito in cattedra e si riportano ad un field goal di distanza. Entrambi gli attacchi la fanno da padrone e il tempo si chiude sempre con una marcatura di calcio piazzato di distanza: 26 a 29.

La partita è spettacolare, punto a punto, le difese non appaiono affatto insormontabili (niente a che vedere con la difesa di Denver del Super Bowl 50, per capirci). Gli attacchi imperversano, ma si capisce che solo una stoccata difensiva può far propendere la bilancia a favore dell’uno e/o dell’altra parte.
Nell’ultimo quarto accade di tutto. In panchina Belichick e Patricia strigliano a dovere gli uomini della difesa: l’Head Coach ha in mano delle stampe delle giocate in cui annota nervosamente cosa i suoi uomini hanno sbagliato e cosa devono fare in campo. Belichick tradisce un certo nervosismo in confronto alla calma serafica che lo contraddistingue.
Le strigliate sembrano sortire effetto, finalmente New England blocca un attacco degli Eagles. Ma ci pensa Elliot a rendere produttivo un attacco con un field goal dalle 42 yard: siamo 32 a 26.
È giunto il momento. Il predestinato, the G.O.A.T. ha l’occasione per portare davanti la sua squadra. E lo fa senza indugi: è ancora Gronkowski il suo bersaglio in end zone. Tom Brady in questo momento della partita ha lanciato 457 yard.

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Foles non demorde. Si consuma in questa fase di gioco, con ancora 9 minuti e 22 secondi allo scadere della partita, forse la giocata decisiva. Gli schemi di attacco conciliano le corse con i lanci; gli Eagles avanzano mangiando tempo sul cronometro, mentre sulla sidelines Tom Brady e co. restano impotenti. È forse stato questo lunghissimo drive la chiave vincente. Di sicuro uno snodo cruciale verso il primo Lombardi Trophy. Il tutto sotto la regia magistrale di Doug Pederson, grandissimo H.C. di cui sentiremo molto parlare in futuro. Foles dimostra di essere di ghiaccio quando Pederson gli fa giocare un decisivo 4th &1 a 5 minuti e 38 secondi dalla fine.

Il QB delle Aquile riesce ad evitare il blitz e lancia chiudendo il down; poi lancia per Ertz per il TD che si consuma non con poche polemiche. Per i commentatori non si tratta di una catch valida, perché la palla gli sfugge per un attimo dalle mani, mentre ancora non si sarebbe assicurato il possesso. L’azione viene sottoposta a review da Gene Steratore, il Referee. Le immagini live dal campo tradiscono un particolare singolare: sembra che anche la valutazione fatta anche dal coaching staff di Philadelphia sia per un incomplete. Dopo 5 interminabili minuti Steratore spiega a tutti che Ertz non era più un ricevitore, ma un runner, quindi touchdown valido.Mancano ancora 2’21’’ alla fine. Gli Eagles provano ad assicurarsi almeno il supplementare (temendo il comeback di Brady) con una conversione da due punti ancora una volta non riuscita.

Siamo alle solite e torniamo alla domanda iniziale. Chi a questo punto del Super Bowl non ha pensato che Brady avrebbe realizzato l’ennesima missione impossibile?

Nemmeno i detrattori di questa franchigia invisa ai più in ragione dei successi conseguiti in una lega che rende quasi impossibile confermarsi nel tempo, potevano aspettarsi qualcosa di diverso.
E invece accade l’inevitabile. Tom Brady subisce il primo ed unico sack della partita sul lato cieco, il big play avversario; perde la palla e non ha la stessa sorte della partita di week 3 della regolar season: questa volta il fumble viene ricoperto da un giocatore di Philadelphia.

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Qui si è materializzata la sconfitta, a 2 minuti e nove secondi dalla fine si comprende che non c’è nulla da fare.
Doug Pederson chiama giustamente tre corse, prima di un field goal di Elliot che va a segno.
C’è tempo per un nuovo attacco di New England, ma questa volta la difesa degli Eagles è carica e non lascia spazi. Assistiamo ad un Hail Mary pass incompleto per Gronkowski e alla proclamazione dei vincitori.
Per i Patriots resta la delusione e il rammarico di non aver potuto scrivere ancora una volta la storia.

I social ci hanno fatto vedere l’immagine emblematica di Brady in lacrime stretto ai suoi affetti, che funge da contraltare all’altro quadretto familiare di Foles con la sua piccolina e la moglie a pochi passi pieno di incredulità e gioia.
Belichick, da grande H.C. dirà poche laconiche parole ai media. Si assumerà la colpa di non aver guidato bene il proprio team dalla sideline. Butler affiderà le sue polemiche alla ESPN. Non un cenno alle chiamate arbitrali. I giornalisti non risparmieranno domande durissime a Bill.
Brady si presenterà con le lacrime agli occhi ai media, riconoscendo il valore dell’avversario e confermando la sua presenza su questi campi l’anno prossimo, per una rivincita.

Addirittura Gronkowski parlerà di un suo possibile ritiro, ancora però da processare. Si vedrà.
Resta tanta delusione per una vittoria possibile, più volte accarezzata e per la magia mancata di Brady proprio sul più bello. Forse si è celebrato l’ultimo canto del cigno, l’ultimo Super Bowl dell’era Belichick/Brady perché appare chiaro a tutti che questa sconfitta porta con sé polemiche da chiusura (tombale) di un ciclo. Per ora sappiamo solo che l’anno prossimo ci sarà Brady che non ha nessuna intenzione di ritirarsi e che il coaching staff dovrà essere riorganizzato. Se l’Head Coach ha confermato la sua presenza, non ci sarà il D.C. Matt Patricia promosso H.C. ai Lions, mentre alla fine l’O.C. McDaniels ha deciso di rimanere rifiutando il posto di capo allenatore ai Colts. Buona fortuna.
Il futuro non è mai stato così incerto e indefinito.

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3 Commenti

  1. Ritengo che una grande promessa del giornalismo in questo settore sia proprio l’avvocato Santoro!!!

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