Super Bowl LVI: Dalla panchina dei Bengals

Rendere possibile l’impossibile… quasi. Sono le 5 del mattino e i Los Angeles Rams si sono da poco aggiudicati il 56° Super Bowl battendo i Cincinnati Bengals.

Un primo tempo che, come da copione, vedeva i Los Angeles Rams avanti, ma senza riuscire a scappare via e un secondo tempo in cui entrambe le squadre non sembravano più capaci di segnare dopo lo scoppiettante avvio di ripresa dei Bengals che, con un TD al primo gioco dal rientro dagli spogliatoi e un immediato intercetto sulle 31 yard dei Rams con conseguente trasformazione di field goal, hanno effettuato il sorpasso sui più quotati avversari.

Per i tifosi Bengals il tempo non sembrava passare abbastanza velocemente e l’attacco non riusciva più a mettere punti sul tabellone. Sul finale della partita, il touchdown del sorpasso del MVP del match, Cooper Kupp, aveva comunque lasciato sufficiente tempo alla squadra dell’Ohio per andare a realizzare un drive che gli avrebbe permesso di segnare il touchdown della vittoria o quanto meno acciuffare i tempi supplementari con un field goal. La difesa dei Rams è stata brava a impedirlo guadagnandosi l’agognato anello di campioni NFL.

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In questi momenti per un tifoso Bengals è facile dire l’abbiamo persa, perché la sua visione è focalizzata sulla propria squadra e su cosa ha funzionato o meno, ma questa valutazione a caldo non sarebbe affatto giusta, perché allontanerebbe l’attenzione dai vincitori che, in quanto tali, si sono guadagnati il diritto di essere celebrati. Per questo non posso che fare i complimenti ai Los Angeles Rams per essere riusciti ad aggiudicarsi il titolo in casa propria andando a realizzare qualcosa di davvero straordinario.

D’altro canto non posso che essere orgoglioso dei miei Cincinnati Bengals per aver fatto una stagione straordinaria, andando ampiamente oltre i propri limiti e soprattutto dimostrandomi una volta di più che si può rendere possibile l’impossibile, anche quando questo non si completa, ma in fondo una storia può essere straordinaria anche senza l’happy ending.

Certo essere andati così vicini all’impresa contro un avversario forte e che giocava nel proprio stadio lascia quel pizzico di rammarico per non essere stati in grado di cogliere un’opportunità che, specie in una lega competitiva e difficile come la NFL, non è scontato possa ricapitare tanto presto, se non addirittura mai più.

Ci saranno molte analisi tecniche che dimostreranno come si poteva fare meglio una cosa o evitarne un’altra (il quarto down giocato e fallito a inizio partita, la sterilità dell’attacco nel secondo tempo, l’assenza di contromisure apportate e la gestione dell’ultimo drive che si è fermato ad una sola yard dal poter prolungare le speranze di Cincinnati, ecc…), naturalmente non tutto è andato per il verso giusto, altrimenti probabilmente non staremmo a commentare la sconfitta della squadra neroarancio, ma non possiamo dimenticare che questa squadra è riuscita a emozionare non solo Cincinnati e i suoi tifosi, ma la lega intera. Questa cavalcata che in due anni ha portato i Bengals dall’essere gli ultimi della lega al Super Bowl, non può che essere uno spot incredibile per tutto il movimento, dando speranza a tutti i tifosi che la propria squadra, per quanto ora derelitta, non possa in breve arrivare a giocarsela.

La bellezza di questa lega e questo sport sta nella sua imprevedibilità, nel cercare di dare una possibilità a tutti e far vincere non necessariamente il più forte, ma chi si gioca meglio le sue carte.

I Bengals sono lungi dall’essere perfetti, hanno alcuni difetti molto evidenti, ma al contempo hanno dimostrato come si possono mascherare puntando invece sui propri punti di forza e mettendo invece a nudo quelli degli avversari. In tutte le analisi prepartita questo aspetto è stato ampiamente sottovalutato, non solo dai media ma anche dagli avversari, che troppo spesso hanno fatto affidamento sul talento del proprio roster e sull’efficacia del proprio gioco senza considerare quanto un gruppo in fiducia possa innalzare il livello di prestazioni dei propri singoli.

Tante volte in questa stagione mi sono trovato a vedere che le squadre avversarie non riuscivano ad esprimersi sui loro livelli, all’inizio credevo che fosse dovuto alla fortuna di averle affrontate nella giornata storta, ma ovviamente questo non poteva accadere sistematicamente, per cui ho realizzato che forse questa è proprio la qualità migliore della difesa dei Bengals: saper mettere a nudo le difficoltà degli avversari facendoli giocare male.

Alcune volte l’attacco di Burrow e compagni è riuscito ad incantare mostrando il valore dei propri giovani talenti, ma in questi playoff e in questo Super Bowl, tolti alcuni sprazzi, non si è vista da parte del quarterback quella continuità di rendimento che è fondamentale per portare a casa le partite che contano.

Questa notte abbiamo visto il nostro leader, Joe Burrow, sbagliare alcuni lanci a cui non eravamo abituati. Troppe volte ha tenuto la palla più del dovuto e non ha servito il compagno smarcato, affidandosi alla prima lettura anche quando questa non era quella preferibile. Non so se sia stata l’inesperienza o la mancanza di freddezza, qualità di cui abbonda dal momento che gioca come un veterano ed è stato anche soprannominato Joe Brrr per la sua capacità di mantenere la calma quando la situazione lo richiede.

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L’Head Coach Zach Taylor ha dimostrato quanto la sua curva di apprendimento del suo ruolo, non vada sempre di pari passo con le necessità della squadra, ma, per onestà intellettuale, bisogna riconoscergli il merito quest’anno di aver creato un gruppo di giovani davvero coeso e capace di andare oltre i personalismi per fare tutto quello che è necessario per vincere.

Per i tifosi Bengals non è facile digerire l’ennesima delusione quando tante situazioni facevano presagire un epilogo diverso, ma bisogna accettare il fatto che solo una squadra può vincere e quella squadra oggi non siamo noi.

Vista la giovane età del nucleo di giocatori più talentuosi, viene da sperare che l’essere giunti a questa finale non sia un traguardo ma un punto di ripartenza; che l’essere andati ai playoff non sia un’eccezione ma lo standard. Per far sì che questo auspicio possa trovare compimento questa squadra dovrà tenere bene a mente che dovrà impegnarsi ancora di più e dovrà essere ancora più gruppo, perché se arrivare un Super Bowl è difficile, ripetersi è ancora più arduo. I margini di miglioramento sono molto ampi e facili da individuare ma analogamente non sarà banale mantenere quella determinazione e umiltà che sono stati la vera chiave del successo di questo anno.

Cari miei Cincinnati Bengals, ci sono voluti 33 anni per rivedervi ai playoff e come nella stagione del 1988 contro Joe Montana, ho dovuto sopportare una rimonta negli ultimi minuti del drive finale. Un’altra cicatrice si aggiunge alla mia pelle striata di tigrotto, ma sarò fiero di esporla perché chi muore senza cicatrici vuole dire che nella vita non ha mai fatto nulla per cui valesse la pena lottare.

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Giorgio Prunotto

Appassionato da 30 anni di football americano e dei Cincinnati Bengals, stregato dal design del loro casco, dalle magie di Boomer Esiason e dalla Ickey Shuffle.

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8 Commenti

  1. Caro Giorgio, questa volta ci credevo davvero!
    Sono tifoso dei Bengals dagli anni ’90 quando un amico mi regalò il gioco John Madden per Amiga e scelsi quelle meravigliose divise (condannandomi a sofferenza credo eterna visto anche ieri…) per poi iniziare a seguire la squadra con le trasmissioni in chiaro di Bagatta.
    Niente da dire sulla stagione dei nostri Cincinnati, a ben vedere già con Tenesse e Kansas gli dei del football avevano deciso di far girare le partite nel verso giusto (rimane inteso che la fortuna aiuta chi se la cerca) ma ieri ad un certo punto ci ho creduto veramente.
    L’infortunio (speriamo non grave ) di OBJ, il TD di Higgins viziato da fallo e subito dopo l’intercetto…abbiamo avuto qualche drive per mettere tra noi e LA un altro possesso…ma non c’è stato verso (e credo che si potesse fare). Tutti quanti sanno che la OL è davvero burrosa ma a quel punto della partita dopo una stagione straordinaria si trattava di mettere ancora un possesso di vantaggio…facile a dirsi certo ma nelle potenzialità di questi Bengals al netto della OL arcinota.
    Non so davvero cosa succederà in questa off season, ma dopo 33 anni di oblio arrivare ad un possesso dal trofeo dopo una stagione da film lascia davvero molto delusi…non per la stagione strepitosa ma per la gestione di quei drive un pò sprecati.
    Noi tifosi Bengals sappiamo come pochi l’arte della sofferenza, credo davvero che quest’anno meritassimo il coronamento di decenni di sofferenza con una squadra “limitata” ma da sceneggiatura hollywoodiana.
    Difficile scrollarsi di dosso questa sensazione del “poteva essere ma non è stato” ci vorrà qualche giorno, la speranza è che il blocco dei giovani talentuosi rimanga per qualche tempo e qualche free agent accortosi di questa “fresca” realtà voglia aggiungersi a questa ottima squadra per completarla e dopo decenni di batoste amare (l’ultima ieri) ci regali quello che meritiamo visto il lungo periodo di sofferenza!!

  2. Hai davvero fatto un quadro perfetto. Ti aspettiamo nella chat telegram di Huddle Magazine e poi, se ti fa piacere, anche in quella Bengals in modo da poter approfondire la discussione. Il futuro è brillante anche se la strada è in salita, ma di sicuro un tifoso Bengals non si lascia spaventare facilmente. Who dey

    1. Scusate , forse sono indiscreto: esiste una chat Bengals ed è possibile aderire ? Purtroppo non ho contorno di altri appassionati e tifosi Bengals intorno a me. Mi farebbe piacere se fosse possibile

      1. Sì. Parti con l’adesione alla chat Telegram di Huddle Magazine, ti assicuro che merita assolutamente, così poi ti posso dare maggiori dettagli
        Ti aspettiamo

  3. Grande Giorgio, dalle tue parole brividi sulla pelle per un tigrotto anchio come te dal 1988 o giù di lì.
    E come dice Andrea “condannati a sofferenza eterna” MA CMQ
    FORZA BENGALS E ICKEY SHUFFLE X SEMPRE

    1. Grazie caro. È bello sentire la comunanza di sentimenti in questo momento; insieme siamo più forti!

  4. Caro Giorgio, grazie. Avevo 11 anni 41 anni fa’ quando come te rimasi folgorato da quella divisa ed inevitabilmente dal fascino dello sfavorito. Le tue parole mi hanno commosso. Di rabbia perché gli anni di frustrazione hanno un peso e di orgoglio per quello che quest’ anno i ragazzi ci hanno regalato. Mi attacco alle tue parole per sperare che ci potrà essere ancora una volta. Grazie per avermi scaldato il cuore e daje.

    1. Sono io che ringrazio te. Non so perché ma mi sento davvero che entro due anni avremo davvero la possibilità di riprovarci.
      Non si molla!

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