[NFL] Week 9: I bipolari Colts si impongono nel Monday Night (Indianapolis Colts Vs. New York Giants 40 – 24)

Sono chiaramente differenti le aspirazioni dei Colts e quelle dei Giants. I primi, squadra giovane ma già rodata, sono attesi dalla stagione della consacrazione; certo, qualche problema in linea offensiva e nelle secondarie esiste, ma la sconfitta terribile di settimana scorsa contro gli Steelers non può toglierli dal trono dei contender. I padroni di casa dei Giants, invece, sono in una spirale involutiva, slegati come squadra, tormentati dagli infortuni e preda dei loro stessi errori ogni domenica. L’affermazione finale può sembrare scontata come da titolo, ma per arrivarci i Colts hanno dovuto contare su un paio dei loro elementi forti, capaci di disinnescare in diversi momenti le rimonte degli avversari di giornata.

Ci riferiamo a Andrew Luck e T.Y. Hilton. Se per il secondo si tratta di una ricezione straordinaria, strappando al palla a un defensive back avversario in zona di meta, per il primo dobbiamo per forza di cose descrivere una partita assolutamente non facile e chiusa in scioltezza.
Infatti i Giants, fedeli al loro credo tattico padre di due anelli che ancora splendono in bacheca, non hanno rinunciato a pressare il giovane numero 12 ospite. Quest’ultimo è riuscito a tenere il suo attacco in piedi, come testimoniano le statistiche. 29 blitz da gestire, 11 colpi presi, ma anche 17 su 29 con due touchdown in situazioni di pressione avversaria. Sono numeri da veterano che come effetto contemporaneo vogliono dire che Luck è il primo QB nella storia a lanciare per 350 yard in cinque trasferte consecutive, ma che a fine anno potrebbero voler dire titolo di MVP, il primo della carriera del prodotto di Stanford, a 25 anni. Al suo primo titolo di MVP, Peyton Manning ne aveva 27.

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Procedendo per ordine, ci ritroviamo a raccontare un primo quarto in cui succede poco o nulla eccezion fatta per un field goal di Adam Vinatieri e un fumble perso e recuperato da New York. Un paio di passaggi non ricevuti per gli uomini della grande mela, qualche errorino proprio di Luck, molti three & out. Si inizia a pensare che il passaggio a vuoto contro Pittsburgh sia il primo di molti per i Colts di Chuck Pagano.
Nel secondo periodo, nonostante i buoni sforzi in difesa già descritti nella prefazione, i Giants patiscono una situazione grottesca che mostra abbastanza fedelmente come è andata e andrà la loro stagione.
Tom Coughlin si attarda nel chiamare un challenge, impiegando, perdonate l’iperbole, due anni luce a tirare fuori dal calzino la flag rossa. Luck, che sa che l’instant replay avrebbe riportato indietro i suoi, non fa altrettanto e velocemente chiama lo snap. Con la palla in mano, il numero 12 vede Coby Fleener completamente solo mentre i giocatori dei Giants protestano con gli arbitri; il tight end segna il più facile dei touchdown nell’incredulità (mista a disappunto) del pubblico.

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Trent Richardson ColtsIl secondo indizio del baratro che si sta aprendo sotto i piedi dei G-men è l’irreale primo drive del secondo tempo. Avanti per 16 a 3, i Colts hanno una specie di matchball, e qualora riescano a segnare la partita potrebbe considerarsi quasi terminata. Il touchdown arriva ma solo dopo una serie di rocamboleschi avvenimenti.
Su un terzo e otto, Luck pesca Dwayne Allen per un guadagno ciclopico che porta Indianapolis nella metà campo avversaria. Poi, su un terzo e uno, il prodotto di Stanford si lascia sfuggire il pallone che viene raccolto da Ahmad Bradshaw che chiude il down e guadagna molto di più. Tredici yard che mettono in ottima posizione i suoi compagni. La chiusura del possesso e di molte speranze newyorchesi arriva poco dopo, quando Hilton, come detto ad inizio articolo, strappa letteralemnte la palla dalle mani di Dominique Rodgers-Cromartie su un lancio leggermente corto. La copertura downfield delle secondarie padrone di casa lascia alquanto a desiderare, ma lo sforzo è comunque da catalogare nella top ten della settimana in NFL. 23 a 3, il tempo c’è ma pochi credono che i Giants possano recuperare.

In verità poco dopo tocca a Odel Beckham far vedere il meglio con una ricezione da 59 yard che facilita il compito di Eli Manning di rispondere per le rime. Andre Williams segna con una facile corsa, ma gli spettri della settimana scorsa non sembrano attanagliare i Colts, che subito dopo segnano con una ricezione da 40 yard di Reggie Wayne.
Come avrete capito, una partita difficile nel primo tempo si apre a uno spettacolo a tratti trascinante, che fa dimenticare le differenze tecniche in campo.
Il momento in cui i nodi vengono al pettine arriva di lì a poco, con Manning che viene toccato dal rookie Jonathan Newsome, che gli toglie il pallone di mano per un fumble che, ricoperto da Indianapolis, favorisce il successivo punto del 37 a 10 realizzato da Allen.

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E’ il quarto touchdown di Luck, che raccoglie una serie di record minori la cui lista inizia con quelle trasferte da 350 yard che menzionavamo prima. Ma i Colts hanno due volti: quello leggermente spaesato del primo quarto, che produce poco, e quello del secondo tempo inoltrato dove sono irresistibili. In questo momento, il sentimento generale negli addetti ai lavori è quello di incensare la squadra di Pagano, ma noi staremmo più cauti. A livello di talento c’è partita con pochissime altre, e questo è sicuramente vero, ma gli alti e bassi sono lì per essere analizzati. Con due partite e mezzo sul resto della AFC South, l’obiettivo è insidiare Patriots e Broncos in cima alla AFC, ma per qualsiasi pronostico in questo senso aspetteremmo ancora un paio di settimane.

Dall’altra parte della partita, conclusasi 40 a 24, ci sono i Giants. Seattle, San Francisco e Dallas all’orizzonte, una situazione divisionale ormai compromessa, il primo runningback e il primo ricevitore infortunati. Certo, Beckham è un fenomeno e la difesa non sta deludendo come altre stagioni, ma predire ciò che avverrà nella parte blu della grande mela è anche troppo facile. E non differisce molto da quanto detto nelle prime righe.

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Dario Michielini

Segue il football dagli anni 90, da quando era alle elementari. Poi ne ha scritto e parlato su molti mezzi. Non lo direste mai! "La vita è la brutta copia di una bella partita di football"

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