[NFL] QB class 2010

Tutto ciò vale soprattutto per quanto riguarda il ruolo cardine, quello più critico, delicato e decisivo: il quarterback.
All’alba della Week 9, dunque più o meno a metà stagione, è possibile iniziare ad analizzare il trend dei Qbs selezionati nell’ultimo draft finora scesi in campo, per tracciare una previsione sulla loro carriera e sulle immediate sorti delle franchigie che li hanno selezionati.
Dei 15 registi scelti nel 2010 – più 9 “prospetti”, ovvero giocatori non selezionati nel corso dei 7 rounds canonici – finora hanno calcato il campo in 4: Colt McCoy per i Cleveland Browns, Sam Bradford per i St. Louis Rams, Jimmy Clausen per i Carolina Panthers e Max Hall per gli Arizona Cardinals.
Max Hall da Brigham Young (scelto fra i prospetti dopo il 7° round) è una delle tante “conseguenze” del ritiro di Kurt Warner, ritiro a cui il management del team dell’Arizona non ha saputo rimediare se non puntando prima (erroneamente) su Matt Leinart, quindi su Derek Anderson, protagonista di una-stagione-una a livelli da Pro Bowl con i Browns e quindi ricascato nella più prevedibile delle mediocrità, e infine proprio su Hall.
Resumé – Hall è sceso in campo in 5 occasioni, le ultime 3 da starter, con 1 vittoria (sui Saints) e 2 sconfitte (con Seahawks e Bucs). Per lui 360 yards lanciate, 1 TD, 5 INT e due considerazioni – la prima: si punti forte sul fatto che Arizona si starà già guardando intorno per valutare i possibili scenari futuri (fra ipotetiche trade, free agency e draft 2011), visto che all’interno del proprio roster non è presente un QB intorno al quale “costruire” poiché – seconda considerazione – sebbene Hall abbia dimostrato un temperamento da leader, le sue chance di affermazione decadono di fronte a caratteristiche fisiche a dir poco penalizzanti: i suoi 185 cm gli rendono impossibile una lettura completa di movimenti e coperture, mentre i 95 kg che si porta a spasso, se da un lato gli concedono una certa mobilità, dall’altro lo sottopongono al costante rischio d’infortunio.
Colt McCoy da Texas (round 3 – 85a scelta) rappresenta già un discorso differente. I Browns lo hanno selezionato come talento da crescere con calma per almeno un anno, dopo aver pescato durante la free agency l’ex Panther Delhomme e l’ex Seahawk Wallace come duo chiamato a giocarsi il ruolo da titolare per il breve-medio termine. Il destino ha però voluto che entrambi i veterani finissero nella lista infortunati, aprendo la porta per un ingresso d’emergenza di McCoy.
Resumé – Il ragazzo del New Mexico è sceso in campo (e da partente) in Week 7 e 8, con sconfitta contro gli Steelers e inattesa vittoria sui Saints. Per lui 355 yards lanciate, 1 TD, 1 INT e discreti atletismo e accuratezza come pocket passer (benché anche la sua altezza sia di soli 185 cm), doti da coltivare attraverso lo studio e l’esperienza e da esprimere quando si assesterà la questione allenatore e il cast di ricevitori di raggiungerà una maggiore affidabilità.
Jimmy Clausen da Notre Dame (round 2 – 48a scelta) rappresenta il primo di tre Qbs scelti dai Panthers nel Draft 2010. Oltre a Clausen, infatti, il team di Fox ha scelto anche Armanti Edwards (poi convertito in ricevitore) nel 3° round e Tony Pike nel 6°, dopo essersi sbarazzato in offseason di Jake Delhomme e aver dichiarato – senza troppa convinzione – Matt Moore come assoluto starter. Peccato che poi Moore abbia da subito tradito le aspettative, meritandosi di essere relegato in panchina già dalla 3a di campionato – a vantaggio di Clausen, ovviamente.
Resumé – Per il rookie finora 5 presenze in campo, 3 da starter (esattamente come Hall) e poi il ritorno al ruolo da riserva dalla Week 7: il suo score dice 454 yards lanciate, 1 TD, 3 INT e ancora tanta immaturità.
Come sempre accade a un rookie che non venga da un altro pianeta, si ha bisogno di un fisiologico tempo di adattamento alla realtà del professionismo, ma fisico (188 cm x 100 kg) e determinazione non mancano, così come non gli mancherà l’occasione di lottare per un posto da titolare nel dopo-Fox di Carolina.
Sam Bradford da Oklahoma è il fiore all’occhiello della QB-Class del 2010. Prima scelta assoluta, su di lui i Rams hanno investito tutto, a partire da un contratto da 78 milioni di dollari per 6 anni con 50 milioni garantiti. Bradford è dinventato l’uomo immagine del team del Missouri ancora prima di essere selezionato, e basandosi sulle sue caratteristiche i Rams hanno affrontato il resto del draft e la free agency (non a caso la loro scelta nel 2° round è caduta su un tackle come Rodger Saffold, presto diventato “guardiano” sul blind side).
L’ex stella dei Sooners ha però bruciato i tempi, tramutando la speranza in realtà e portando immediatamente St. Louis alla rispettabilità con un record di .500 dopo 8 giornate – ovviamente col sostegno del solito, grande Steven Jackson e di una difesa compatta, reattiva a ben allenata da Ken Flajole (uno dei coordinator più sottovalutati dell’anno) e controllata dallo stesso head coach Spagnuolo.
Resumé – Per Bradford, sempre partente, finora 1764 yards lanciate con 11 TD e 8 INT, ma soprattutto una grande capacità di “learning on the fly”, cioè di entrare gradualmente nel sistema di gioco guidando l’attacco più con l’intelligenza e la prudenza che con la spavalderia e giocate improbabili (che il braccio e i suoi 193 cm x 102 kg gli consentirebbero, peraltro).
Importa relativamente che il record complessivo di vittorie e sconfitte dei teams battuti finora sia di 12-18; la sostanza dei fatti è che i Rams, in una stagione più che mai incerta e all’interno di una NFC West composta esclusivamente da franchigie in difficoltà o avviate a una lenta ricostruzione, possono dirsi ancora del tutto “alive and kicking”. E la situazione non potrà che migliorare col tempo.
Insieme a Bradford, Tim Tebow da Florida è stato l’unico altro QB first rounder nel 2010. Benché il mancino ex Gators abbia lasciato il prorio college detenendo praticamente ogni record possibile e immaginabile, vincendo l’Heisman nel 2007 da sophomore e diventando in tre anni il dio assoluto dell’NCAA, il sistema di gioco in cui ha operato, basato su una spread offense piuttosto estranea al professionismo, e soprattutto la sua poco ortodossa meccanica di lancio, troppo lunga nei movimenti e nei tempi e troppo poco fluida, lo hanno da subito “incasellato” nella categoria dei diamanti da sgrezzare pazientemente attraverso un lungo lavoro incentrato su motion e meccanica. Malgrado ciò, l’appeal e del religiosissimo ragazzo nato nelle Filippine hanno spinto McDaniels a puntare su di lui facendone la 25a scelta assoluta.
Resumé – Con Denver partita forte (ma poi caduta in una spirale di 4 orrende sconfitte) e Orton saldamente ancorato in posizione comando grazie a una stagione degna di considerazione in ottica ProBowl, Tebow finora è entrato in campo soltanto in formazioni speciali studiate appositamente per esaltarne le doti atletiche (190 cm x 111 kg circa e grande mobilità) ancor più che quelle di quarterback puro. Non a caso Tebow non ha ancora tentato un passaggio in un match di regular season: per lui solo 10 corse per 26 yards e 2 TD, sempre su corsa.
Forse Tebow non darà ancora garanzie di orizzonti gloriosi, ma di certo l’idea di vederlo un giorno scendere in campo da titolare all’Invesco Field affascina enormemente; perciò paiono destinate a un lungo perdurare l’attesa e la curiosità rivolte verso uno dei più acclamati e attesi prospetti che il football professionistico abbia mai conosciuto.