[W07] New Orleans Saints vs Miami Dolphins

New Orleans Saints – Miami Dolphins 46-34

Una gran bella partita ha prodotto il risultato che alla vigilia in molti si attendevano. Ma, in realtà,  è mancato davvero poco perchè andasse in modo diverso. Ad un minuto dalla fine del primo tempo i Dolphins erano sopra 24-3, avevano segnato 3 touchdown e fatto più o meno quello che avevano voluto in difesa, in attacco (che per Miami vuol dire corse e wildcat) e, sorpresa sorpresa, anche con gli special team; la posizione media di partenza delle due squadre fino a quel punto rende bene l’idea: le proprie 30 yards per New Orleans, le 46 avversarie per Miami. I Saints per contro, avevano guadagnato solo 72 yards totali in attacco, commesso 2 turnover su cui i Dolphins avevano segnato due volte e Brees aveva dovuto subire tre sacks.Poi, a 5 secondi dall’intervallo, una sneak di Brees consentiva ai Saints il primo touchdown, mandandoli al riposo sul 10-24 e con uno stato d’animo completamente diverso.
E, subito dopo la ripresa, una sciagurata ricezione-non ricezione di Ted Ginn consegnava nella mani di Darren Sharper il pallone che, riportato in end zone, valeva il 17-24. Psicologicamente, forse, poteva essere un punto di svolta della partita, ma in realtà la gara è rimasta ancora viva. Miami ha continuato a combattere, muovendo abbastanza bene la palla in attacco, continuando a mettere pressione a Brees in difesa: un fumble di Brees (che poc’anzo aveva lanciato il suo terzo intercetto) sackato da Jason Taylor consentiva ai Dolphins un buon drive chiuso dal calcio di Carpenter che li riportava sopra di 10. I Saints rispondevano con un drive “dei loro” (82 yards in poco meno di 5 minuti) chiuso da un passaggio corto su Colston, ma Miami aveva ancora qualcosa da dire. Un passaggino di Henne per Brian Hartline che il rookie ex-Ohio State trasforma in un gioco da 67 yards consente a Rcky Williams di segnare il suo terzo touchdown di giornata, e ai Dolphins di portarsi do nuovo sopra di 10, 24-34 alla fine del terzo quarto.
E lì Miami si ferma. Oppure partono i Saints. In ogni caso, la partita cambia, e subito si vede come: al primo gioco del quarto periodo Brees pesca Jeremy Shockey che corre per 66 yards prima che la difesa di Miami riesca a fermarlo; due giochi dopo Reggie Bush in acrobazia porta i Saints a meno tre. Sa tutto di già visto: nelle prime partite della stagione i Dolphins avevano affrontato Tony Gonzalez, Dallas Clark e Antonio Gates, e in totale questi tre tight end avevano inflitto loro un danno quantificabile in 17 ricezioni, 320 yards e 2 touchdowns. Ed ora un altro tight end dello stesso livello stava iniziando a fare la stessa cosa.
Miami non riesce ad andare oltre un 3/out, e i Saints ricominciano a marciare come al solito: corsa, corsa, passaggio di 16 yards su Shockey; corsa, passaggio di 14 yards su Shockey (che finirà la partita a 105 yards ottenute con sole 5 ricezioni). Nessuna sorpresa che il drive si chiuda con il touchdown (corsa centrale di 2 yards di Drew Brees, il suo secondo td di corsa della giornata) che porta New Orleans sopra nel punteggio per la prima volta e, finalmente, in controllo della partita.
Miami in attacco non combina nulla, dopo un altro 3/out la palla torna di nuovo ai Saints che dopo 4 minuti e mezzo mettono il field goal che li porta sopra 40-34. L’ultimo drove per i Dolphins inizia benino ma poi si pianta, e cercando di convertire un 4°/13 Chad Henne commette l’errore fatale: sotto pressione spara la palla in bocca a Tracy Porter che la riporta in touchdown 46-34 che sarà definitivo visto che negli ultimi due minuti l’attacco di casa non riesce a ottenere altri punti.
I Saints, quindi, rimangono imbattutti al termine del test più duro che hanno affrontato quest’anno: mai erano stati così sotto nel punteggio emai il loro attacco era stato limitato e messo sotto pressione così tanto come sono riuciti a fare i Dolphins. Senz’altro un buona e ulteriore iniezione di fiducia per loro e una sicura conferma della loro forza, con l’approssimarsi di due complicate gare divisionali in casa contro Atlanta e Carolina.
Miami rimane con l’amaro in bocca, sia perchè la classifica continua a piangere nonostante i segni, pur presenti, di ripresa rispetto al pessimo inizio di stagione, e sia perchè sono riemerse solite pecche già note: certo, l’incapacità di difendere sui tight end avversari, ma soprattutto la difficoltà a chiudere partite che sembrano essere in pugno (vedi ad esempio la gara contro i Colts). In più si aggiunge la tegola dell’infortunio a Will Allen, che costringerà a schierare per tutto il resto dell’anno due cornerback rookies come titolari. Il tutto in vista della trasferta a New York, con Rex Ryan che medita la vendetta contro l’odiata wildcat: non sarà nero profondo, ma potrebbe andare meglio.
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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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