[Week 1] New York Jets vs Miami Dolphins

New York Jets – Miami Dolphins 20-14

Tutto come prima. Brett Favre, vestito con una maglia verde con il numero 4, che aspetta il momento buono, tira un pallone in aria, lungo lungo, e questo arriva dritto nelle mani di un ricevitore. Quasi tutto come prima, a dire il vero, perché la tonalità del verde un po’ diversa rivela che la squadra non sono i Packers ma i Jets e siamo al nuovo inizio della carriera di Favre.

Che inizia con una vittoria, sofferta ma meritata, e costruita soprattutto grazie a lui. Che avrà 38 anni ma quando si tratta di giocare a football è ancora uno spettacolo per gli occhi di tutti, anche avversari. Per dirla con Boomer Grisby, il fullback di Miami, “lui lancia quella cosa per aria e Dio dice ‘Brett Favre segnerà un touchdown’. E così succede”.

È forse presto per dirlo, ma i Jets sono fiduciosi che questa stagione si concluda nei playoffs. Favre stesso dice che qualsiasi cosa in meno sarebbe una sconfitta. Ed è evidente, vedendo i Jets giocare, come la vera differenza in campo la faccia lui. Certo, la difesa; ma ieri di fronte c’era Miami, non i potenti attacchi di Chargers o Saints. Certo, gli special teams con Leon Washington; ma ieri il temuto ritornatore non ha combinato poi granchè, e sempre contro i Dolphins. Il resto dell’attacco è quasi immutato rispetto allo scorso anno, con l’unica eccezione di una linea offensiva rimpolpata a suon di pacchi di dollari. Ed allora ecco che il pezzo mancante, l’unico in grado di fare la differenza anche solo per il fatto di essere in campo, è proprio lui, Brett Favre. O questo almeno è quanto si augurano i Jets.
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Ma in tema di nuovo inizio chi può essere di meno dei Miami Dolphins? Dopo il disastro dello scorso anno a Miami è passato il ciclone Bill, ed ha spazzato via quasi tutto. Della struttura societaria è rimasto poco, della squadra forse ancora meno. Sparite in un colpo solo le icone Thomas e Taylor il nuovo corso è ripartito da poche mirate acquisizioni in free agency e soprattutto dal draft, riempito di tanti chili e tanti muscoli giovani, perché una squadra giovane si costruisce partendo dal draft e dalle due linee. Le conseguenze però sono ovvie, e si sono viste benissimo nella partita di ieri. La prima è che una squadra giovane fa errori di gioventù: penalità, allineamenti sbagliati, tracce corse male, coperture saltate; insomma tutti gli errori che ti aspetti da un gruppo di ragazzi alla loro prima partita vera. E infatti, durante il primo tempo, a tratti sembrava di vedere una squadra di college contro una di professionisti. Ma, dando tempo al tempo, tutto questo passerà.
La seconda conseguenza è che ad aggiungere giocatori nuovi nelle linee o in difesa poi non hai più spazio per aggiungere i playmakers, a meno di colpi di fortuna.

 
E il colpo di fortuna ai Dolphins è capitato riuscendo ad aggiungere Chad Pennington, il qb più preciso nella storia NFL, uno che solo per il fatto di esserci ha immediatamente reso migliore la squadra. Però ieri sono ad esmepio emerse le evidenti difficoltà dei giovani ricevitori di Miami (esemplare come Ted Ginn, anche nell’ultima azione della partita, corresse le sue tracce trovandosi sempre dietro al cornerback avversario), e infatti per i due TD Pennington è andato a cercare i due tight end. Ma sono tutti mali di gioventù, e passeranno col tempo. Un buon segno per coach Sparano (altro esordiente) è stata comunque la prova di carattere dei suoi giovani, la volontà di non lasciare andare via la partita, nonostante un brutto primo tempo, fino all’ottimo finale in cui Miami ha anche rischiato di vincere; il resto arriverà, con un po’ di pazienza.
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Redazione

Abbiamo iniziato nel 1999 a scrivere di football americano: NFL, NCAA, campionati italiani, coppe europee, tornei continentali, interviste, foto, disegni e chi più ne ha più ne metta.

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