[NFL] Week 7: Dal sei all’otto (New York Jets vs Miami Dolphins 28-31)

A Miami è andato in scena uno dei grandi classici della AFC East e, come sempre, si è trattato di una partita attesa. I Jets ci arrivavano dopo la sconfitta contro gli arcirivali di Boston, maturata in un modo che aveva incredibilmente lasciato più di un rimpianto, e quale modo migliore di rimettersi in carreggiata nella classifica divisionale che quello di completare lo sweep dei Dolphins? E a Miami il desiderio di vendicare la brutale sconfitta patita a Meadowlands alla terza giornata si intersecava con i piacevoli ricordi della vittoria ottenuta in rimonta e contro i pronostici ad Atlanta la settimana prima. Quale delle due squadre avrebbe saputo confermarsi? Alla fine hanno prevalso i Dolphins, al termine di una partita non bellissima ma tirata e combattuta fino all’ultimo.

miami dolphins
Statistiche Dolphins prima dell’incontro

I Jets vincono il lancio della monetina e chiedono la palla. La difesa di casa entra in campo decisa a confermare quanto di buono si sta dicendo su di lei, e infatti dopo il touchback iniziale a Josh McCown bastano due minuti e tre passaggi per segnare il primo touchdown di giornata: il primo corto su Bilal Powell che si fa 31 yard prima di sucire dal campo, il secondo – uguale – per Matt Forte che ne guadagna altre 13 e il terzo calibrato al millimetro in end zone per Jermaine Kearse e 29 yard. 7-0 Jets e pubblico di casa che non se lo aspettava. Non così, perlomeno.

L’altra cosa che il pubblico di casa non si aspettava è però la reazione dell’attacco dei Dolphins: altri due minuti di drive, una corsa di Jay Ajayi (11 yard) e tre passaggi di Jay Cutler e la partita è subito pareggiata: il primo corto per Julius Thomas che si fa 25 yard prima di uscire dal campo, il secondo profondo per Kenny Stills che fa una ricezione da circo chiamata incompleta, prima che un challenge la capovolga – correttamente – per un guadagno di 36 yard e l’ultimo di 4 yard per Jarvis Landry in end zone. 7-7.

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Adesso inizia la vera partita. I Jets vanno 3&out, i Dolphins quasi, nel senso che nel loro drive ci sono due penalità che chiudono ogni discorso di primo down. La palla torna nelle mani di McCown che ne fa buon uso: il drive dei Jets alterna corse e passaggi, con un sack di Cameron Wake e due giochi lunghi di New York; alla fine è Robby Anderson a ricevere in end zone il passaggio del 14-7 e ad andare a festeggiare sedendosi sulla prima fila dei sedili dietro i pali. L’attacco Jets gira bene guidato da un McCown efficiente e preciso: rispetto ai ricordi dei recenti quarterback visti in biancoverde la differenza è palpabile.

McCown Jets Dolphins

Miami ritorna in attacco. Cutler incassa un sack da Darron Lee che però eccede nell’intensità e commette la penalità che annulla tutto il guadagno del sack. Ma sul gioco successivo una holding fischiata ai Dolphins chiude in pratica il drive costringendoli al punt. La difesa inizia a far buona guardia sul profondo e forza due incompleti che mandano i Jets subito 3&out e Miami ci riprova.

Jay Cutler sembra in palla. Miami si affida alle gambe di Ajayi per il corto (in un gioco entra anche Rey Maualuga come fullback) ma sul lungo è il numero sei a comandare i giochi. Un primo passaggio su Stills va incompleto ma il secondo attira una interferenza difensiva che vale 28 yard. Una seconda penalità di Mike Pouncey è più che compensata da un face mask fischiato a Darron Lee e i Dolphins si trovano in red zone. Cutler prima affida ad Ajayi una palla che il running back porta avanti 8 yard e poi pesca Anthony Fasano in end zone per il touchdown del pareggio. Drive da poco più di 5 minuti effettivi, con 10 giochi per 70 yard e 4/6 per Jay Cutler. I progressi che l’attacco ha iniziato a far vedere nel secondo tempo della gara di Atlanta stanno continuando: rispetto ai ricordi delle prime partite viste la differenza è palpabile (cit.).

Mancano poco più di 6 minuti al riposo e gli ospiti riprendono palla. Bilal Powell guida le danze all’inizio ma una penalità, come al solito, complica tutto. New York non ottiene nulla e, più o meno a metà campo, deve calciar via la palla. Ma lo fa con un gran bel punt che costringe i Dolphins ripartire dalle loro 5 yard. E lì Cutler forza un passaggio nonostante Jamal Adams gli stesse per saltare davanti alla traiettoria; la giovane safety devia il pallone e Muhammad Wilkerson è il primo ad avventarcisi e quasi ad entrare in end zone. Viene bloccato ma poco dopo è Josh McCown a segnare con la più classica delle sneak. I Dolphins riprovano ad avanzare ma due sack consecutivi (con infortunio a Pouncey) chiudono in pratica la prima metà di gioco. 21-14 per gli ospiti e tutti al riposo.

Il primo tempo si chiude all’insegna di un sostanziale equilibrio, anche nel tempo di possesso: 14:50 per New York, 15:10 per Miami. Jay Cutler è 11/15, 126 yard, 2 TD e 1 int, che vale un rating di 110 netto; Josh McCown è 10/15, 163 yard e 2 TD, con un rating stellare di 142.5. La differenza, a questo punto, è tutta nell’intercetto finale, che è valso ai Jets i 7 punti del vantaggio, ma scrutando nelle cifre si trovano spunti interessanti: i Jets, ad esempio, hanno avuto ben 5 giochi sopra le 20 yard mentre la difesa di Miami ha concesso 21 punti nel primo tempo, come mai quest’anno; e i Dolphins hanno segnato due touchdown nel primo tempo, dopo che nelle prime cinque partite non ne avevano segnato neanche uno. Si prepara un secondo tempo interessante.

Infatti, anche se forse “interessante” non è la parola giusta, qualcosa di grosso succede quasi subito: i Dolphins ricevono il kickoff e, al quarto gioco, Darron Lee piomba su Jay Cutler atterrandolo. Dalla smorfia del quarterback si capisce che qualcosa è successo e, infatti, Cutler lascia il campo ed entra Matt Moore, fra gli applausi (ma ci torneremo dopo). Nel prosieguo del drive peraltro Moore passa solo una volta, per un incompleto comunque vanificato da una penalità contro JaWuan James che costringe i Dolphins al punt.

I Jets non fanno molto meglio, e si auto-ammazzano il drive con due penalità. Miami torna in attacco e Moore pesca subito Leonte Carroo per un guadagno di 21 yard e, subito dopo, Julius Thomas per altre 20. Il pubblico è in visibilio, ha ottenuto il sangue che voleva e il suo beniamino sta facendo vedere che, adesso sì, che si va bene. Talmente bene che tre giochi dopo Moore lancia un intercetto (evitabile) che calma gli spalti e ridà palla agli ospiti nei pressi di metà campo. I Jets ringraziano, non incantano come nel primo tempo ma riescono a muovere un po’ la palla; basta una face mask (altrettanto evitabile) di Ndamukong Suh e un passaggino di 10 yards per Austin Seferian-Jenkins per segnare il touchdown che li porta sopra 28-14 a meno di due minuti dalla fine del terzo quarto. E per Miami si presenta un’altra montagna da scalare.

Miami Dolphins

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La risposta dei Dolphins è tutta in un passaggio da 15 yard per Landry; le corse di Ajayi non scalfiscono la difesa biancoverde e i padroni di casa sono costretti al punt. Però, evidentemente, la difesa non ci sta: al primo gioco dopo una penalità Reshad Jones provoca un fumble e Kiko Alonso lo ricopre. L’azione viene rivista e si appura che Powell era già a terra, quindi il fumble viene annullato ma questo episodio fa prendere coraggio ai Dolphins che stoppano subito il drive avversario e riescono a ripartire dalle 42 avversarie. E poi arriva il Matt Moore che non ti aspetti (o forse sì…): passaggio da 11 yard per Landry, incompleto, passaggino per Ajayi e bomba da 28 yard per Kenny Stills in end zone. 1 minuto e mezzo di drive e la partita è riaperta.

I Jets accusano il colpo: l’ennesima penalità e un sack concesso a Cameron Wake (uno dei suoi soprannomi è Jet-Killer, per chi non lo sapesse) li spingono di nuovo fuori dal campo senza aver chiuso neanche un down. E i Dolphins ripartono, con un drive in cui si contano 8 passaggi e una sola corsa di Ajayi; i primi due sono incompleti, ma poi Moore completa due volte su Landry (arrivato a 333 ricezioni nei primi 4 anni di carriera; meglio di lui nella storia solo Anquan Boldin) prima di pescare ancora Kenny Stills in end zone. Ma volano i fazzoletti gialli e una holding fischiata a Carroo annulla la segnatura. Ed è qui che si vede la volontà di questi “nuovi”, e che il quarterback abbia il numero 6 o 8 non cambia: Miami non si lascia abbattere e dalle 13 yard con tre giochi riesce ancora a segnare, sempre con Kenny Stills, e a pareggiare la partita con poco più di 6 minuti sul cronometro.

I Jets sono facile preda della difesa di casa: corrono tre volte chiudendo un down ma di nuovo il Jet-Killer col numero 91 atterra McCown e si va ad un altro punt. Miami riparte dalla proprie 25, arriva fino in territorio avversario ma concede un sack a metà campo che chiude il drive. Il punt dei Dolphins fa ripartire New York dalla proprie 25, con 47 secondi sul cronometro. I Jets, invece di puntare al supplementare, decidono di giocarsela: scelta coraggiosa ma, purtroppo, Josh McCown fa l’unica stupidaggine della sua partita e lancia un pallone verso Jermaine Kearse che invece è intercettato da Bobby McCain sulle 15 yard. I Dolphins si complicano la vita con una penalità stupida ma dalle 25 sono sufficienti un paio di corse di Ajayi per ridare a Cody Parkey la distanza di sicurezza per mettere il field goal e chiudere la gara. La loro 12esima vittoria consecutiva in partite con scarto di una segnatura: davvero notevole.

Ai Jets rimane il rammarico di non aver saputo chiudere la partita in vantaggio di 14 punti. In quel momento la squadra non era sicuramente più brillante come nel primo tempo ma sarebbe bastato un po’ più di concentrazione e qualche penalità in meno e la storia da raccontare avrebbe potuto essere diversa. Ma, anche nella sconfitta, i Jets si portano a casa la consapevolezza di essere una squadra solida, molto più di quanto era preventivabile alla vigilia e con una difesa che anche senza Sheldon Richardson è capace di dare dei grattacapi a chiunque. E, giova ripeterlo, fate attenzione a Jamal Adams: la safety al primo anno, sesta scelta assoluta all’ultimo draft, è probabilmente destinata a diventare un giocatore speciale.

Dall’altro lato del campo, sia Jermaine Kearse che Josh McCown hanno dimostrato di essere, in modo diverso, speciali ed insostituibili per questa squadra. Del primo è già stata ribadita più volte la sua unicità negli schemi d’attacco dei Jets; sul secondo… beh… McCown è, per certi versi, un giocatore simile al Ryan Fitzpatrick che lo scorso anno guidava l’attacco biancoverde. Un quarterback certo non di prima fascia, che ha cambiato tante squadre, forse troppe, e per vari motivi ma che riescono, grazie all’esperienza, a guidare e in parte a dare stabilità ad un gruppo che senza di loro non ne avrebbe. In più, rispetto al barbuto Fitz, McCown ha una capacità migliore di trattare la palla e una minore propensione alle stupidaggini: queste non banali differenze negli anni hanno fatto di Fitzpatrick una macchina da intercetti e di McCown uno dei qb con una delle percentuali di passaggi completi in carriera più alte. La partita di Miami, in cui McCown ha messo le mani su tutte e quattro le segnature della sua squadra, chiudendo con 17/27, 209 yard, 3 td passati e 1 corso, 1 int e un rating di 108.4 è la perfetta testimonianza non del perché McCown continui a cambiare squadra ma del perché continua ad essere chiamato da altre squadre. E in una franchigia in cerca di identità come i Jets Josh McCown è forse l’uomo perfetto. Almeno fino al draft del prossimo anno…

Parlando di quarterback, è automatico spostare il discorso sui Dolphins. L’uscita dal campo di Cutler ha scatenato un’ondata di entusiasmo fra i tifosi, ed è giusto notare come Moore abbia portato una piccola scintilla che ha consentito di rimontare e vincere una partita che si stava mettendo male. Però, attenendosi alle cifre, non si può notare le similitudini: Jay Cutler ha chiuso con 12/16, 138 yard, 2 td, 1 int, 114.1 di rating; Matt Moore ha chiuso con 13/21, 188 yard, 2td, 1 int, 102.9 di rating.

Affermare che Moore non è la soluzione è semplicistico tanto quanto dire che Moore è la soluzione. In realtà, il problema non era Cutler prima né lo è adesso: è tutto l’attacco dei Dolphins che, a partire dalla partita contro i Falcons (e, in particolare, dal secondo tempo) sta sensibilmente migliorando rispetto a quello di inizio stagione. E i progressi di Jay Cutler, che ci sono e sono innegabili, sono una buona fetta di spiegazione del perché ci sia questo miglioramento: progressi atletici, di conoscenza dei compagni (Cutler, è bene ricordarlo, è arrivato a Miami solo in agosto, quindi il classico “periodo di ambientamento” ci può anche stare), di atteggiamento ma anche tecnici, come evidenziato dall’immagine qui riportata, presa dalla telecronaca della Fox.

miami dolphins stats

Se il quarterback ingrana e migliora allora tutto l’attacco migliora, come è vero il contrario (cfr. Aaron Rodgers). Adesso l’infortunio costringerà Cutler a qualche giornata di riposo, quindi sarà il turno di Matt Moore, per la gioia dei tifosi superficiali (quelli che non considerano che la classifica comunque recita 4-2, con tre vittorie consecutive). Matt Moore è sicuramente in grado di destreggiarsi bene, come ha già dimostrato in passato, ma la prima prova non sarà semplice, dovendo andare subito a visitare Baltimore e una delle difese migliori della lega. L’esame non sarà solo per lui ma, come sempre, per tutto il reparto: però, da venerdì mattina, sapremo forse qualcosa di più su questi Miami Dolphins.

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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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