Questione di centimetri (Chicago Bears vs Pittsburgh Steelers 27-29)

Questione di centimetri sì, perchè quelli nella NFL fanno sempre la differenza:

“Because we know when we add up all those inches, that’s gonna make the fucking difference between winning and losing!”Tony D’Amato.

Il veccho Tony lo diceva ai suoi ragazzi, in modo da potergli far comprendere meglio la differenza nel dare quel qualcosa in più sul campo. Quel qualcosa in più che forse, ieri notte, i Bears ad un certo punto hanno anche provato a dare ma senza successo.

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I centimetri in questione sono quelli che non consentono a bomberone Cairo Santos di concretizzare una rimonta straordinaria.

Il suo calcio dalle 65 yard si infrange sulla parte centrale bassa dell’upright per la gioia della Pennsylvania. Pochi centimetri più in alto, e quel calcio sarebbe stato uno dei più belli e memorabili nella storia di questo sport a livello di stagioni regolari. Uno di quegli highliths che non avrebbe mai stancato lo spettatore che guarda la pubblicità. Pochi centimetri più avanti, nel muovere la catena, e Cairo Santos avrebbe prolungato la sua striscia positiva di field goal segnati, la più lunga tra quelle attive nel campionato.

Pochi centimetri salvano Big Ben, ma non salveranno Matt Nagy. Non questa volta.

I Bears partono male e trovano l’aggiustamento solo nell’ultimo quarto, quello in cui si ricordano di rappresentare qualcosa. Torna David Montgomery nel back field dopo quattro settimane di assenza. Monty prende 63 yard, riceve due lanci e ne aggiunge 17. Il suo secondo invece (terzo a dire il vero), Khalil Herbert, l’uomo che aveva trascinato l’attacco di Chicago per un mese intero, viene messo in disparte. Ignorato dal capo allenatore e dall’offensive coordinator Bill Lazor, come se Herbert fosse un inutile sesto rounder.

Un’arma tutto sommato potente, riposta nella fodera. Perchè?

Perchè non provarlo sui blocchi con ostinazione? Perchè non includerlo nello scontro di trincea, specie dal momento in cui il tuo RB1 rientra da un infortunio serio e si trova contro una difesa fisica come quella degli Steelers. Perchè non sfruttare la creatività e non valorizzare gli investimenti? Perchè non creare una manovra che allontana e distrae dal vero con due back, muovendo Monty sulle ricezioni all’ultimo secondo prima dello snap.

Perchè Nagy e Lazor hanno la possibilità di scendere sul campo di battaglia con i bazooka, ma scelgono di combattere con le fionde.

La scelta è loro e nessuno può farci nulla. Che poi, se vogliamo, un briciolo di creatività lo si è visto sul touchdown di Mooney, il primo dei due che arriva con una corsa da 15 yard. Ma sembra comunque poco. Come sembra una cosa stupida, vedere solo oggi il coinvolgimento dei tight end!

Pensa un pò, Kmet e Graham combinano 7 ricezioni in due e sfondano le 100 yard. E riaprono la partita. E a momenti la vincono pure… Allora Kmet non è il bidone che pensavamo fosse! Basta solo passargli la maledetta palla! Pensa un pò…

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Servono 45 minuti di sofferenza, a Nagy, per capire come attaccare e battere una squadra attaccabilissima e battibilissima. Più o meno gli stessi famigerati tre periodi di gioco che servivano sempre a Mitchell Trubisky per ricordarsi come giocare con il suo sistema offensivo; forse perchè poi, quando il vantaggio cresce nel corso della partita, gli avversari stessi ad un certo punto allentano le redini. O forse semplicemente perchè questo è lo stile di Nagy e questo è tutto ciò che il capo allenatore è in grado di trasmettere ai suoi ragazzi.

Il cuore Bears soffre, come sempre del resto. Ma oggi la sofferenza inizia a prendere la forma di quel dolore che si prova quando si fanno i tatuaggi. L’ago e la china, che battono sulla pelle e lacerano provocando un fastidio che ad un certo punto diventa inspiegabilmente piacevole. La consapevolezza che soffrire oggi ti porterà a ricevere il tuo compiacimento domani.

Perdiamo oggi, come settimana scorsa, e come le quattro settimane prima. Ma perdiamo una di quelle partite che i Bears di Nagy avrebbero vinto in qualche maniera, come quella contro i Niners del resto. E queste partite sono quelle che appunto non permetteranno al capo allenatore di poter proseguire l’avventura a Chicago nella sua mediocrità. Molto probabilmente a fine stagione, perchè tanto cambiare ora non avrebbe senso.

Si perde, ma ci si diverte. Perchè Justin Fields sta imparando a volare e soprattutto a farci emozionare.

Ieri 17 completi su 29, 291 yard lanciate, 1 TD Pass e 1 intercetto, i soliti 3 sack subiti con annessa cartolina dei saluti dalla OLine; poi 8 corse e 45 yard per restare a galla, poche in meno rispetto a quelle raccolte dal running back titolare. Fields sta crescendo. Fields sarà pronto, al momento giusto. In fin dei conti giocare con un certo tipo di pressioni fa la differenza eccome!

Guardo la stagione da rookie di Justin Herbert, perchè oggi mi vien difficile guardare altrove. Big play su big play, oltre 4.300 yard, 31 TD. Record 7-9, buono, ma la sensazione è quella che il ragazzo non abbia particolari pressioni sulle spalle e che possa giocare libero prendendosi il suo tempo perchè tutto sommato, ai Chargers, chi non se lo è preso? Nella storia i Chargers hanno vinto un titolo AFL nel 1963, (anno in cui i Bears vincevano il loro ultimo titolo nazionale in NFL, ultimo di otto), poi ne hanno persi due, infine hanno perso un Super Bowl nel 1994, qualche apparizione in post-season con anche una fase di continuità ma senza successo e nulla più. San Diego era (e rimane) la città meno vincente nella storia dello sport americano, difatti dopo 57 stagioni i Chargers sono scappati a gambe levate in direzione LA. Diciamo che ad una certa, si può giocare senza pressioni perchè nessuno da quelle parti si aspetta di vincere.

Ecco, immaginiamoci Justin Herbert ed il suo staff a Chicago. Pensate che tra pressioni, retaggio culturale, passioni viscerali, città, clima, campo, mercato, media, neve, fango, sangue e tutto il resto sarebbe stato possibile per Herbert ammassare gli stessi numeri? Io credo proprio di no.

Quale rookie di successo, lo scorso anno, Herbert scende in campo con l’idea di giocare a football; Fields scende in campo indossando il vestito del “salvatore” con l’idea di riportare il Super Bowl a Chicago dopo oltre tre decadi laddove nessuno ci è più riuscito. La società Bears non dice nulla, ma l’obiettivo minimo era quello di tornare ai playoffs questa stagione (obiettivo difficilmente perseguibile, da lì nessuno dice nulla ma nell’ambiente si sapeva), ecco perchè Matt Nagy alla fine salterà. Insomma, per Herbert e Fields l’esperienza NFL non è esattamente la stessa cosa. Questo non per togliere meriti a Herbert eh, che difatti prendo come esempio più alto. Justin Herbert è patrimonio della NFL e come tale va trattato, ma per confrontare l’apparente successo dela sua figura con quelli che possono essere i problemi e le avversità di un luogo Chicago. Tante cose non si vedono perchè rimangono nell’ombra, ma non per questo significa che non esistano, e questa rimane una convinzione.

Tornando alla partita, i Bears avevano anche retto in qualche maniera all’assalto degli uomini di acciaio limitando il possente Najee Harris a 62 yard. Cede la secondaria e Roethlisberger ne approfitta da vecchio lupo di mare. Big Ben viaggia bene, con 205 yard e un paio di TD. La difesa Bears lo sdraia quattro volte ma lui si rialza e controlla le sorti dell’incontro quanto basta per mettere i suoi nella posizione di vincere. Non molte le yard lanciate, ma ottimo il coinvolgimento dei compagni che ruotano intorno a lui.

La sfida viene decisa dagli special team, veri protagonisti del Monday Night Football. Da una parte il touchdown di DeAndre Houston-Carson che recupera un fumble sul ritorno di Ray-Ray McCloud, dall’altra Chris Bowell sbaglia un XP ma segna 3 field goal che alla fine pesano immensamente.

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Gli Steelers tuttavia non convincono ancora del tutto sebbene il loro momento sia più che positivo in termini di numeri. Le vittorie consecutive sono quattro, il posizionamento in classifica è il secondo, dietro solo ai forti Ravens di Lamarone che la settimana prossima dovranno vedersela con Miami nel TNF. Nelle ultime quattro partite, spicca la vittoria contro i Browns diretti rivali nella corsa ai playoffs in quella che oggi risulta essere la sola divisione in NFL, insieme alla AFC West, dove tutte le squadre vantano un record positivo.

Servono conferme a questi Steelers, e queste arriveranno di certo negli esami che attendono Mike Tomlin e i suoi: una passeggiata coi Lions sembra essere il punto favorevole per preparare attacco e difesa in vista dei confronti con più proibitivi che arriveranno con Chargers, Ravens, Vikes e Titans.

Andando avanti il calendario si infittisce e la vera forza/debolezza di questi Steelers sarà obbligata a venir fuori.

alex cavatton firma area 54

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