Packers primi nella NFC (Minnesota Vikings vs Green Bay Packers 10-37)

In un Lambeau Field con una temperatura di -11°C, percepiti anche -17°C a causa del vento, i Green Bay Packers si giocano la possibilità di ottenere il seed numero uno nella NFC, che significherebbe un turno di pausa ai playoff e giocare tutte le partite in casa, addirittura con una giornata di anticipo rispetto alla fine della regular season.

Contro di essi si trovano gli altalenanti Vikings, tanto talentuosi quanto inconcludenti, sono stati in “one score game” come nessun altro eppure nelle ultime due stagioni, pur essendoci andati vicini, non hanno mai avuto a nessun punto della stagione un record superiore a .500, ovvero con più partite vinte che perse.

Considerazioni

Nella posizione di quarterback, a causa della positività al Covid-19 di Kirk Cousins, per i Vikings ha giocato Sean Mannion, nella lega dal 2015, con 13 partite giocate (esclusa quella che mi accingo a raccontare), sebbene solo due da titolare, non ha mai segnato un touchdown, ciò fa capire con cosa ha dovuto lavorare l’offensive coordinator dei Vikings, Klint Kubiak.

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L’attacco di Minnesota, come ci si poteva attendere, viste le condizioni climatiche e la qualità dell’avversario, è partito malissimo, con 70 yds conquistate nei primi due quarti di gioco; in compenso la difesa si è comportata ottimamente, in particolare nel fermare le corse e coprire i ricevitori, salvo due completi di Rodgers per Adams appena lasciati i blocchi di partenza, costringendo i Packers a diversi terzi e quarti down, e facendoli uscire dal campo. Il problema è che quando dall’altra parte hai un attacco nullo, anche due field goal sembrano un vantaggio insormontabile, e il reparto non riesce a mantenere la stessa tensione per 60 minuti, soprattutto quando ha poco tempo per riposare e radunare le idee in panchina perché il proprio attacco non riesce a stare in campo, e così è successo, l’impressione era che sul 0-13 la contesa (già segnata in partenza) fosse finita.

Non ho compreso l’arrendevolezza nel tentare di correre la palla da parte del play calling di Minnesota, è vero che la difesa di Green Bay si è dimostrata pronta nel fermare le corse sia all’esterno che all’interno, rispettivamente con Preston Smith, Rashan Gary e Kenny Clark che al centro si mangiava double team, ma comunque disponi di uno dei migliori e più esplosivi runningback della lega, Dalvin Cook, e l’alternativa è far lanciare la palla 36 volte a Sean Mannion alla temperatura di meno undici gradi.

L’attacco dei Packers, nonostante l’assenza di diversi pezzi chiave, come Randall Cobb, David Bakhtiari, assente dalla rottura del legamento crociato anteriore dell’anno scorso, il tuttofare della linea offensiva Elgton Jenkins, il centro rookie Josh Myers e Robert Tonyan, solo per citare il lato offensivo della palla, è fluido e completo, grazie a una delle connessioni più speciali e telepatiche della storia del football, tra Aaron Rodgers, avviato al secondo titolo di MVP consecutivo, e Davante Adams, autore di un’altra stagione spettacolare e onorato del complimento da parte di Rodgers che l’ha definito come il giocatore più forte con cui abbia mai giocato.

Green Bay, come organizzazione, sembra sempre in grado di trovare gemme lungo la linea offensiva e svilupparle in buoni starter che in caso di infortunio delle star titolari (come purtroppo per i Packers è successo in quasi tutti i ruoli in questa stagione) possono dire la loro, si veda il rookie Newman a guardia destra sul primo touchdown della serata di AJ Dillon. A proposito di Dillon, ora i Packers hanno un “one-two punch” in Jones e Dillon, con il secondo che oltre ad essere usato come martello nell’interno si sta sviluppando in un buon ricevitore fuori dal backfield mentre Jones è perfetto per le outside zone dell’attacco di LaFleur.

Anche la difesa di Green Bay per i playoff potrebbe recuperare delle pedine fondamentali come Jaire Alexander, che è stato fuori per buona parte della stagione, e Za’Darius Smith, nonostante dietro di lui un alto pick al draft del 2019, Rashan Gary, stia facendo passi da gigante, con un breakout year da 6.5 sack, 21 colpi sul quarterback e 2 fumble forzati, ma sicuramente la profondità, in particolare quanto a pass rusher, non fa mai male. Rispetto agli anni passati il reparto difensivo appare maggiormente in grado di completare il livello offensivo di Rodgers & Co. Green Bay in qualsiasi power ranking deve essere messa come prima, è stata la squadra più costante nel corso della stagione nonostante le assenze, e considerando che chiunque voglia vincere la NFC dovrà passare da Lambeau a gennaio, deve essere vista come favorita per la conference, probabilmente sono i precedenti delle ultime due stagioni con il nuovo coach, Matt LaFleur, a creare un momento di sospensione nella convinzione di Green Bay come contendente numero uno per il titolo.

Minnesota ora è ufficialmente fuori dalla postseason, troppo discontinui come è stato per gli ultimi anni, sembra manchi una barra, ora probabilmente Mike Zimmer saluterà dopo otto stagioni da head coach dei Vikings, la squadra da anni ha talento per fare molto meglio di quanto abbia realizzato, a parte l’exploit con Case Keenum dietro il centro, serve un coaching staff che getti nuove fondamenta e porti linfa vitale nell’organizzazione. Linfa vitale che sembrava mancare a Mike Zimmer dopo la partita in conferenza stampa, quando in risposta alla domanda di un giornalista che gli chiedeva se settimana prossima avrebbe voluto vedere di più dal quarterback Kellen Mond, rookie scelto al terzo giro, che domenica ha esordito giocando solo un drive, ha risposto di no, perché lo vede ogni giorno, tarpando le ali a un giovane giocatore su cui si è spesa una scelta abbastanza alta, il che a mio parere segnala la convinzione di Zimmer che quella di settimana prossima sarà la sua ultima partita da head coach dei Minnesota Vikings.

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