Super Bowl LVI: Dalla panchina dei Rams

Il touchdown di Cooper Kupp che ha portato i Rams in vantaggio ed il sack di Aaron Donald che ha definitivamente messo l’anello al dito dei giocatori di Los Angeles, non potevano che essere le due migliori istantanee di una stagione che ha fatto gioire, patire, incazzare e poi nuovamente gioire in un crescendo wagneriano i propri tifosi.

Ed è importante proprio che i due giochi determinanti li abbiano messi a segno due giocatori scelti e cresciuti nella franchigia, un po’ in controtendenza rispetto al mantra (pur vero, intendiamoci) che Los Angeles ha fatto raccolta di figurine per vincere l’anello sacrificando scelte al draft ed ipotecando, così, il futuro della franchigia per gli anni a venire.

La vittoria è arrivata non senza patemi, non senza pagare un pesante conto alla dea bendata che, a metà del secondo quarto aveva deciso che Odell Beckham Jr. era in serata troppo di grazie per poter avere una partita equilibrata, e decideva di disfarsene nel modo più doloroso (in tutti i sensi): una rottura del crociato derivata da un movimento innaturale a causa del piede rimasto agganciato a quel turf casalingo che proprio i giocatori dei Rams dovrebbero conoscere bene. Ma evidentemente anche il turf, pur essendo a Los Angeles, è un campo “in trasferta”, proprio come gli spalti, per l’ennesima volta in larga maggioranza (numerica ma anche, e soprattutto, vocale) schierata dalla parte degli avversari.

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È possibile giocare fuori casa un Super Bowl nel proprio stadio? Dopo la finale casalinga dello scorso anno con Tampa Bay, i Rams hanno dimostrato che si, è possibile giocare in casa e sentirsi comunque in trasferta.

La partita è stata una delle solite dei Rams di questa stagione. Partenza balbettante, accelerata decisa e poi, dall’infortunio ad OBJ in poi, una serie di errori sconcertanti da parte di Stafford, McVay, persino Cooper Kupp che, in un disperato trick play, lanciava malissimo verso un liberissimo Stafford a cercare la riedizione del Philly Special che aveva regalato ai Philadelphia Eagles una vittoria insperata contro i Patriots anni fa.

Niente da fare. L’attacco senza sbocchi nel gioco di corsa nonostante l’inedita triade di runningback Michel, Akers e Henderson, non riusciva a trovare la quadra. Skowronek era anni luce lontano da OBJ, così come il pur volenteroso Hopkins non aveva la medesima consistenza dell’infortunato Tyler Higbee (ma Kendall Blanton? Missing in action?), ed anche McVay ricadeva nei soliti errori di playcalling (imperdonabile la corsa telefonatissima su un terzo e dodici).

Ci voleva qualche guizzo dei singoli, ed i guizzi sono arrivati al momento giusto, cioè quello appena prima che saltassero le coronarie di tutti i tifosi di Los Angeles.

Cooper Kupp Rams Super Bowl

Matt Stafford metteva in piedi l’ennesima rimonta della sua carriera (e oggi non andiamo a sindacare di quanto spesso queste rimonte siano determinate dai suoi precedenti errori), Cooper Kupp decideva di essere l’ago della bilancia che determinava il cambio di inerzia da Cincinnati a Los Angeles ed Aaron Donald si incaricava personalmente di chiudere la faccenda nell’ultimo minuto e mezzo della partita, visto che la secondaria stava concedendo un po’ troppo a Burrow.

In tutta onestà c’è un nome mancante, in tutta questa storia, ed è quello di Jalen Ramsey. Non contiamo il touchdown preso in faccia da Higgins (letteralmente, in faccia. Anzi, sulla face mask, per la precisione), ma in altre occasioni non è stato il solito shutdown corner che eravamo abituati a vedere. Possibile che Chase sia il ricevitore che l’abbia messo più in difficoltà negli ultimi due anni a Los Angeles, ma steccare la partita dell’anno non è da lui, e non vogliamo sapere cosa si sarà detto tra sè e sè per tutta la sera. Sappiamo che è un giocatore molto vocale con i compagni e gli avversari, ma anche con sè stesso.

L’obiettivo di portare il Lombardi Trophy a Los Angeles è riuscito. Stan Kroenke può davvero iniziare a cementare una fan base che ha ancora molto lavoro da fare per arrivare al livello degli altri mercati NFL. Il tempo non manca, le basi sono state gettate, si tratta di continuare sulla strada tracciata.

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Massimo Foglio

Segue il football dal 1980 e non pensa nemmeno lontanamente a smettere di farlo. Che sia giocato, guardato, parlato o raccontato poco importa: non c'è mai abbastanza football per soddisfare la sua sete. Se poi parliamo di storia e statistiche, possiamo fare nottata. Siete avvertiti.

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