NFL Preview 2023: Miami Dolphins

La stagione 2023 dei Miami Dolphins sta prendendo forma fra percezioni contrastanti. C’è l’entusiasmo dei tifosi, caricati dai playoff raggiunti lo scorso anno dopo un lungo digiuno, e figuriamoci se non fosse così. C’è la sicurezza più o meno quieta dello staff e della squadra. E ci sono le percezioni dei media, storicamente mai troppo teneri e/o interessati alle vicende della squadra di Miami, che a seconda dei momenti e delle circostanze inseriscono i Dolphins fra le ovvie favorite di una American Football Conference tremendamente competitiva oppure li ignorano quasi completamente.

La verità, come spesso accade, sta nel mezzo (anche se è fuori di dubbio che i Dolphins non godano di “buona stampa” a livello nazionale). Miami lo scorso anno ha dimostrato tanto ma sollevato altrettanti punti di domanda e, nonostante ciò, è arrivata a giocarsi ad armi pari un wild card game in trasferta a Buffalo contro una squadra probabilmente più forte. Quindi, ci sta tutto: ci sta che i tifosi siano gasati (e figuriamoci se non fosse così cit.), ci sta che all’interno si stia lavorando sodo per migliorare dove ce n’era bisogno e ci sta anche che i media, soprattutto quelli meno attenti alle vicende locali di mercati o squadre non di primo piano, riempiano pagine o minuti di programmazione parlando solo delle cose che conoscono, delle squadre che si sono già imposte all’attenzione e dei giocatori sulla bocca di tutti. In questa preview, quindi, stiamo per parlare di una squadra che non è sulla bocca di tutti ma lo diventerà. E voi, lettori di Huddle Magazine, ne avrete saputo vita morte e miracoli prima degli altri.

Dai, non è una bella sensazione? 😉 Allora, iniziamo.

Pubblicità

OFFENSE

Tyreek Hill, 119 ricezioni per 1.710 yard. Jaylen Waddle, 75 ricezioni per 1.356 yard (sì, fa più di 3.000 yard in due). Tua Tagovailoa, 3.548 yard, 64,8% di passaggi completati, 105.5 di rating. Sono questi i numeri più eclatanti che l’attacco dei Miami Dolphins ha messo in mostra nel corso della stagione scorsa. Li avessero fatti registrare i Chiefs, i Bengals o gli Eagles sarebbero ancora oggi nelle grafiche di tutti i talk show. Ma a differenza di queste squadre i Dolphins con questi numeri non hanno ottenuto nulla, non hanno vinto titoli, non sono nemmeno arrivati vicini a giocarselo. Si sono guadagnati la soddisfazione di avere rotto un digiuno da playoffs che durava da troppo tempo e di aver sfiorato l’impresa nel wild card game giocando con il terzo qb in campo, ma nulla di più. Per cui, questi numeri non vogliono dire nulla, dimentichiamoli, sono solo il punto sotto il quale tirare una riga per ripartire. E la strada scelta a Miami è stata, sostanzialmente, quella della continuità.

Il reparto offensivo, in effetti, non aveva bisogno di essere stravolto ma solo di qualche ritocchino, ed è quello che è successo. Il punto di forza del reparto, la wide receiver room, è stato toccato solo per profondità, con i semplici innesti di Braxton Berrios e Robbie Chosen Anderson in attesa della prevista crescita di Erik Ezukanma, il rookie 2023 che nella scorsa preseason aveva impressionato per poi sparire dai radar durante la stagione. Cedrick Wilson è rimasto, Trent Sherfield è andato a Buffalo. Sostanzialmente, è tutto qui.

Ed è più o meno tutto qui anche nel backfield, dove l’intero blocco dello scorso anno si è presentato intatto al training camp: Raheem Mostert, Jeff Wilson, Salvon Ahmed, Myles Gaskin, Alec Ingold. Tutti qui. L’unica novità sostanziale è l’arrivo dal draft di Devon Achane, l’ennesimo giocatore ultraveloce in un attacco che potrebbe schierare una staffetta 4×100 e sfidare ogni altra squadra NFL senza temere di essere battuto. Le voci su innesti importanti (Dalvin Cook, anyone?) si rincorrono in continuazione ma un po’ la situazione “a tappo” nel salary cap e un po’ la volontà di privilegiare la continuità in un gruppo che conosce benissimo cosa vuole coach McDaniel hanno finora giocato contro tale mossa.

La linea della continuità è stata perseguita anche nell’eterno punto dolente dei Dolphins, cioè la linea offensiva. Il vero cambiamento (ennesimo) è stato il cambio di coach, con Butch Barry venuto ad offrire all’OC Frank Smith un supporto migliore di quello che lo scorso anno era stato ottenuto da Matt Appelbaum. Gli innesti nel parco giocatori sono invece stati limitati alle seconde linee, nel tentativo evidente migliorare la profondità complessiva. Austin Jackson gioca per salvarsi la carriera, Liam Eichenberg (scelto un anno dopo) quasi e l’arrivo di giocatori esperti e in cerca di nuove occasioni come Isaiah Wynn, Cedric Ogbuehi, Dan Feeney e compagnia dovrebbe portare a una maggiore competizione nei ruoli più critici e, quindi, ad un aumento della qualità complessiva. Speriamo… perché, come sa bene ogni donna di casa, il primo assegno che stacchi è per il mutuo ma il secondo è per l’assicurazione. Cit, ovviamente.

E il mutuo, a Miami, ha un nome e un cognome ben preciso e indiscutibile: Tua Tagovailoa. In realtà il mutuo non è ancora stato firmato perché, come sanno tutti, ci sono stati dei “piccoli ostacoli” che hanno imposto cautela nelle valutazioni, ma il quadro è chiaro: Tagovailoa non solo non è minimamente in discussione (solo chi lo contesta per partito preso può non essersi reso conto del livello del suo gioco nella scorsa stagione, quando è rimasto in campo) ma è il presente ed il futuro dei Dolphins ed il contrattone arriverà. Tua si è presentato al via di quest’anno (parecchio) più robusto, più preparato (sì, ha preso lezioni di ju-jitsu per imparare a cadere meglio), con un livello di conoscenza del playbook e della terminologia del sistema offensivo che McDaniel ha sintetizzato dicendo che “l’anno scorso parlava la lingua, quest’anno la padroneggia” e una leadership riconosciuta nello spogliatoio. Ma, siccome può comunque piovere, per aumentare le garanzie alle sue spalle, dopo che lo scorso anno Teddy Bridgewater non era riuscito ad offrirne a sufficienza, i Dolphins hanno affiancato al giovane Skylar Thompson (che comunque – tomo tomo cacchio cacchio – ha già giocato una partita di playoffs, a differenza di Tua) Mike White, ex-Jets, ragazzo del posto, buone potenzialità non completamente espresse. La lotta per il posto di backup è già interessante.

Alla fine, quindi, il buco più evidente in questo “nuovo” attacco Dolphins è quello lasciato da Mike Gesicki, tight end solo di nome, mani enormi e sorriso stampato, capace di ricezioni assurde ma mai in grado di trovare una collocazione negli schemi di Mike McDaniel. Lui se n’è andato ai Patriots (ai Patriots!!!), i tifosi lo piangono (sniff…) e la posizione di tight end rimane ancora un mezzo mistero. Giusto a voler evidenziare ancora di più quanto il rendimento di “quelli lì davanti” sarà cruciale in questo 2023.

DEFENSE

Era nell’aria, ed è puntualmente successo. Sarebbe forse ingeneroso puntare il dito sulla difesa per come (non) è andato lo scorso anno, ma che nel lato difensivo i Dolphins avessero necessità di… qualcos’altro, beh, era sensazione abbastanza diffusa. Il qualcos’altro è arrivato e, come spesso succede quando in giro c’è Stephen Ross e il suo libretto degli assegni, è stato un botto. Anzi, due.

Licenziato Josh Boyer, bravo ma non capace di fare il salto di qualità, di sganciarsi dagli schemi “made in Flores” ed inventarsi qualcosa di nuovo quando ce n’era bisogno, per il posto di Defensive Coordinator Miami ha puntato al meglio, ed ha reso Vic Fangio il cooordinatore più pagato della NFL. Senza addentrarsi in lodi su quanto sia bravo, la mente difensiva, l’esperienza, bla bla bla, Fangio a Miami è un po’ il classico cacio sui maccheroni. Porta dell’aria nuova (tanta) in un reparto che è andato progressivamente in calando, nell’incapacità di adattarsi alle situazioni in campo, che gestiva le partite senza però riuscire a chiuderle e, anzi, spesso si scioglieva nei momenti sbagliati (“mi spezzo ma non mi piego”, Cool Bueno cit.). Due anni fa la difesa di Miami aveva stravolto la NFL con la “cover zero” e una gestione dei blitz ai limiti dell’incoscienza ma da allora non è stata capace di trovare strade nuove pur avendo aggiunto ancora talento (esempio lampante la trade per Bradley Chubb, portato a Miami con il piano di aggiungere ancora più potenza alla pass rush per alleggerire la pressione su una secondaria decimata dagli infortuni, piano che Boyer non è mai riuscito a realizzare).

Vic Fangio si trova a lavorare con un gruppo estremamente ricco di talento, ed il suo lavoro è quello di arrivare a farlo rendere di più della somma delle sue parti, che pure è notevole: Christian Wilkins, Zach Sieler, Jaelan Phillips, il già citato Bradley Chubb, Emanuel Ogbah, Jerome Baker, Xavien Howard, Javon Holland, Kader Kohou sono solo i nomi più conosciuti. E adesso (ecco il secondo botto) anche Jalen Ramsey, uno dei migliori cornerback della NFL, preso dai Rams in cambio di una terza scelta e un pacchetto di mentine chiamato Hunter Long. Sfortunatamente, Ramsey si è già infortunato al ginocchio durante il training camp, il menisco è già stato operato e il rientro è previsto non prima di dicembre: quantomeno a Miami, le cose non vanno mai come credi.

Pubblicità

Oltre a Ramsey la difesa ha comunque visto altri arrivi interessanti: in mezzo, ad affiancare Baker, dai Titans è arrivato David Long, il classico giocatore più forte di quanto sia famoso; in secondaria Brandon Jones (che rientra dall’infortunio dello scorso anno) si è ritrovato in squadra DeShon Elliott, suo compagno di college e di campo a Texas; sempre in secondaria è stato firmato l’esperto Eli Apple, un po’ per coprire almeno in parte il buco lasciato dall’infortunio di Ramsey e un po’ per aiutare la crescita dei tanti giovani che affollano il reparto cornerback nel training camp di Miami. E va anche detto che, quasi intoccata, lì davanti c’è sempre la solita solidissima linea di difesa, dominata dal duo Zach Sieler e Christian Wilkins, entrambi in attesa di rinnovi contrattuali che (soprattutto per Wilkins, uno dei giovani defensive linemen più forti dell’intera NFL) promettono di essere parecchio cospicui.

Insomma, il punto è che questa difesa ha un potenziale enorme: ha gli uomini giusti, ha il talento giusto e adesso ha anche un pilota di primo piano. Da quello che saprà esprimere in campo dipenderanno molte delle chanches dei Dolphins di migliorare quanto fatto lo scorso anno: non è forse vero che quando il termometro cala è la difesa che ti vince le partite (e… ah-ehm… i campionati)?

SPECIAL TEAM

Gli special team sono storicamente sottovalutati (almeno finché non combinano disastri). Del resto, è vero che sono il reparto forse più complicato da assemblare, perché ci giocano spesso “gli altri”, quelli che non sono forti abbastanza per il posto fisso in attacco o difesa e devono farsi il mazzo lì per farsi notare dagli allenatori. Ma, in un gioco di posizione come il football, lo special team è invece un reparto fondamentale e lo scorso anno i Dolphins non erano stati, diciamo così, brillantissimi. I cambiamenti non sono mancati ma i più importanti, proprio perché già chiari in un reparto che vede spesso gli uomini ruotare al suo interno, sono due.

Dopo la scorsa stagione i tifosi Dolphins si erano convinti di aver trovato un punter nel veteranissimo Thomas Moorstead, dopo anni di prestazioni altalenanti nel ruolo. Ed invece, un po’ a sorpresa e dopo una buona stagione, Moorstead non è stato confermato, i Dolphins hanno creduto che si potesse comunque migliorare e, nel gigantesco carosello di porte girevoli interne alla AFC East che è stata la scorsa free agency, Moorstead si è accasato ai Jets e i Dolphins hanno firmato Jake Bailey, solido punter ex-Patriots. Ricordando poi che normalmente il punter serve anche da holder, spostiamo un attimo il riflettore anche su Jason Sanders. Lo scorso anno il kicker non è stato affidabile come al solito (81,2% di conversioni) ma non si registra che nel camp siano stati portati giocatori in grado di insediarne davvero il posto. La speranza è quindi che si sia trattato solo di un anno opaco e che riesca semplicemente a ritrovare la precisione perduta.

Il secondo importante cambiamento riguarda il ruolo di ritornatore. Dalla partenza di Jakeem Grant Miami non ha più avuto a roster un ritornatore di ruolo, e lo scorso anno si era arrivati ad affidare i ritorni a gente come Mostert, Holland, finanche Tyreek Hill, senza grossi benefici e con tutti gli ovvi rischi connessi. Adesso, con l’arrivo di Braxton Berrios dai Jets, i Dolphins hanno di nuovo un giocatore in grado di essere davvero pericoloso nei ritorni dei calci (oltre che di fungere in modo estremamente efficace da slot receiver). Anche solo per esserci, bene così.

COACHING STAFF

Il primo anno di Mike McDaniel è stato un po’ scioccante, sotto diversi punti di vista. Senz’altro per i risultati ottenuti, in parte anche inattesi per un capo allenatore alla prima esperienza (e che forse avrebbero potuto essere anche migliori senza i numerosi infortuni importanti), ma soprattutto per la differenza quasi siderale di approccio rispetto al suo predecessore Brian Flores. Tanto Flores era serio e taciturno, quanto McDaniel è chiacchierone e sempre pronto alla battuta. In comune, però, hanno la capacità di arrivare al cuore dei giocatori e di creare un gruppo unito, seppure in modi completamente diversi, uno più duro, l’altro più aperto. L’impatto del rookie sull’ambiente Dolphins, insomma, è sicuramente stato importante.

Nel primo anno di McDaniel, però, si sono visti anche tanti errori da principiante, ed in un certo senso è anche normale che sia stato così. E questo è il secondo ed altrettanto importante valore aggiunto dell’arrivo di Vic Fangio. Mike McDaniel ormai il primo anno di esperienza se lo è fatto, e di sicuro (speriamo) saprà imparare dagli sbagli fatti, ma il contributo di Fangio all’interno del coaching staff potrebbe fornire quel qualcosa in più che, con buona pace di tutti, solo chi ne ha viste tante può portare. A meno che dall’altro lato ci sia l’intelligenza necessaria per saperla sfruttare; ma, da quel punto di vista, Mike McDaniel non sembra avere problemi.

Record previsto: 12-5

scorrendo di getto il calendario in 30 secondi senza ripensarci altrimenti cambio

I nostri voti

Offense - 8.5
Defense - 9
Coaching Staff - 8

8.5

Offense: La base è quella, ottima, dello scorso anno. Vediamo cosa si inventerà adesso McDaniel. Defense: Il cambio di coordinatore sarà la chiave per il salto di qualità. Potenziale da top 5. Coaching Staff: McDaniel è atteso alla prova del secondo anno. Con Fangio a fianco come Maestro Yoda.

Pubblicità
Merchandising Merchandising

Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

Articoli collegati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Pulsante per tornare all'inizio
Chiudi

Adblock rilevato

Huddle Magazine si sostiene con gli annunci pubblicitari visualizzati sul sito. Disabilita Ad Block (o suo equivalente) per aiutarci :-)

Ovviamente non sei obbligato a farlo, chiudi pure questo messaggio e continua la lettura.