Un Super Bowl visto da vicino – prima parte

Massimo Foglio ha seguito il Super Bowl LIII di Atlanta con un accredito stampa e ci racconta la sua esperienza di un Torino – Atlanta – Super Bowl – Torino in tre giorni. Questa è la prima puntata delle tre che ci racconteranno il suo viaggio.

Sono passate poco meno di tre settimane dal Super Bowl di Atlanta del 3 febbraio scorso, le emozioni si sono placate, i ricordi stanno sedimentando ed è il momento giusto per un riepilogo, a metà tra il racconto ed il bilancio, dell’incredibile esperienza di vedere un Super Bowl dal vivo con la tua squadra del cuore impegnata sul campo.

L’inizio della storia risale alla sera del 28 dicembre scorso, quando ricevo una telefonata da Alessandro che mi dice “ti ho inoltrato una mail, guardala bene anche tu, ma mi sembra che ci abbiano concesso l’accredito per il Super Bowl”. Il momento non era certamente dei più indicati. Da qualche giorno facevo la spola tra casa, lavoro e Pronto Soccorso, e l’umore non era sicuramente quello delle feste natalizie, e quella telefonata fu un piccolo squarcio di luce nella cappa di buio profondo nella quale ero mio malgrado precipitato l’antivigilia di Natale.

Diviso a metà tra le preoccupazioni personali e l’entusiasmo di un bambino, una volta tornato a casa ed aver confermato ad Alessandro che si, in effetti la mail era proprio la conferma dell’accredito stampa per la Gazzetta di Mantova che aveva richiesto a mio nome ad inizio novembre, mi metto subito all’opera per organizzare il viaggio.

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Sarà purtroppo solo una toccata e fuga, un po’ per contenere i costi, visti i prezzi dei pernottamenti ad Atlanta in periodo Super Bowl, ed un po’ perché non è il caso che proprio in questo momento stia via da casa troppo tempo, visto che le cattive notizie dall’ospedale potrebbero arrivare da un momento all’altro.

L’itinerario prevede la partenza sabato mattina 2 febbraio da Torino alla volta di Londra da dove, dopo aver effettuato un cambio di aeroporto da Gatwick a Heathrow, viaggerò alla volta di New York, per poi prendere il volo per Atlanta la mattina successiva ed atterrare in Georgia alle 8:30 del giorno del Super Bowl. Pernottamento ad Atlanta presso una struttura stranamente ad un prezzo abbordabile, comoda con MARTA (la metropolitana locale) sia per l’aeroporto che per lo stadio, e ripartenza lunedì mattina alle 7:00 verso Boston, da dove lunedì sera sarei ripartito per Londra per poi cambiare nuovamente aeroporto e tornare finalmente a Torino nel tardo pomeriggio di martedì 5 febbraio.

Una notte in aeroporto a New York, una notte in un residence ad Atlanta e la terza notte in volo. Il ritorno in ufficio mercoledì mattina si prospettava particolarmente devastante.
Con tutto ben organizzato nei minimi dettagli, non restava che attendere il gran giorno della partenza e godersi i playoff NFL nella speranza che davvero i miei Rams riuscissero nell’impresa di arrivare in finale.

I giorni passavano con una lentezza esasperante, e l’unico diversivo nella settimana precedente la partenza è stato il lavoro per la composizione della pagina di presentazione del Super Bowl da pubblicare sulla Gazzetta di Mantova. Per me, giornalista per assoluto diletto, è stata una grande emozione vedere il mio nome in fondo agli articoli su un giornale vero e la scritta “dall’inviato” in apertura. Peccato solo per Trump che, decidendo di terminare lo shutdown governativo proprio qualche giorno prima del Super Bowl, ci abbia privato di una delle più belle aperture di articolo che la storia del giornalismo ricordi (o quasi, dai… concedetemelo…).

Prima di partire inizia a prendermi l’ansia per qualsiasi cosa possa andare male, da un ritardo nei voli ad una cancellazione per il meteo che in quei giorni negli USA non è molto clemente, o per qualsiasi altra cosa potesse andare storta come, ad esempio, l’impossibilità di ritirare l’accredito.

Già, perché il lunedì precedente la partenza ed arriva la solita mail con tutte le informazioni necessarie per i giornalisti accreditati, tra cui le modalità di ritiro dell’accredito. Sembra una stupidaggine, ma il rilascio dell’accredito stampa deve sottostare a delle regole ferree come, ad esempio, il background check da parte della FBI, ed il ritiro può avvenire solamente di persona, dietro presentazione di un documento valido, in un certo orario al centro stampa. Solitamente (come succede per le partite di Londra, ad esempio) lo si può ritirare il giorno stesso della partita, ed è quello che ho in mente di fare, senonché quest’anno, per motivi che poi comprenderò dopo, il ritiro il giorno della partita non sarà possibile.

Panico. Come fare? Prendere un aereo da New York la sera del sabato per Atlanta è impensabile, e comunque arriverei ben oltre l’orario di apertura del ritiro accrediti. Fortunatamente La NFL si accorge che il giorno della partita ci sono diversi giornalisti che devono ritirare il proprio accredito, e dopo qualche giorno (il venerdì…) arriva la conferma che sarebbe stato possibile ritirare l’agognato tagliandino anche la mattina della domenica, non più tardi delle 10:30, in un albergo del centro città.

Scampato il pericolo dell’ultimo momento, venerdì pomeriggio mi preparo lo zainetto e finalmente, il sabato mattina, saluto moglie e figlio all’aeroporto di Caselle ed inizio la maratone di Atlanta.

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Il viaggio di andata, nonostante i miei mille timori, si svolge senza il minimo intoppo, ed anche l’immigrazione a New York, dove in altre occasioni ho impiegato fino a due ore aspettando il mio turno, avviene con una rapidità estrema.
Dopo una notte sdraiato sulle poltroncine del Terminal A del JFK, salgo sull’aereo delle 6 per Atlanta e poco più di due ore dopo poso piede nella città della Georgia.

Ci sono. Sono arrivato in tempo utile senza intoppi, nulla e nessuno può più fermare la mia avventura.

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L’aeroporto di Atlanta è vestito a festa. Cartelloni con logo e colori del Super Bowl dappertutto, ed una moltitudine di volontari che si offrono per dare informazioni ed assistenza, oltre ad obbligarti (in pratica) a farti un selfie con una cornice con il logo dell’evento. Tutti molto ospitali, tutti molto premurosi, tutti sorridenti. Per un attimo mi sembra di tornare indietro a Torino 2006, quando la magia olimpica bacò la mia città e rese indimenticabili due settimane di Febbraio.

Il telefono fatica a prendere il segnale 4G o 3G, riuscendo a connettersi solamente alla rete GSM normale, con i dati in EDGE, assolutamente non sufficiente per la connessione ad internet. Poco male, il Wi-Fi gratuito dell’aeroporto prima e di MARTA poi, risolvono alla grande il problema. Tanto poi incentro città sicuramente la ricezione migliorerà.

Intanto quello che non migliora è la mia già precaria situazione di viaggio. Tra le mail scaricate alla connessione, infatti, ce n’è una di Booking che cancella la mia prenotazione della notte nel residence di Atlanta perché “la struttura non raggiunge i requisiti minimi dei nostri standard”. In altre parole “te stavano a fregà li sordi”. Ecco perché aveva un prezzo conveniente.

Efficientissimo, il servizio di Booking, mi ha risparmiato una truffa, ma ora sono senza una stanza per la notte, ed ovviamente a meno di 400 dollaroni non si trova nulla, nemmeno su airbnb. Mi rassegno ad una seconda notte ospite delle panche dell’aeroporto di Atlanta, sperando siano più comode di quelle del JFK.

Arrivo in centro ad Atlanta e mi dirigo verso l’hotel designato per il ritiro dell’accredito, che finalmente entra in mio possesso senza ulteriori problemi. L’albergo, Il Marriott Marquis, ha un’architettura particolare sia esternamente che internamente. E’ anch’esso addobbato a festa ed è uno dei due alberghi riservati ai media, nel quale si sono tenuti diversi eventi durante la settimana.

super bowl

Sono solo le dieci del mattino, per cui decido di fare un giro nella città che inizia lentamente a rianimarsi dopo la notte di sabato in cui, ho letto, il centro è stato letteralmente invaso di gente festante. La colazione da Starbucks mi dà immediatamente l’esatta percezione di come sarà la giornata: il locale è pieno, ci sono una trentina di persone e nella mezz’ora che starò lì ne arriveranno circa un’altra trentina, e la percentuale di tifosi è decisamente sbilanciata in favore dei Patriots, oserei dire in proporzione di uno a sette se non di più. Io sono abbastanza anonimo, perché teoricamente in tribuna stampa non si può portare abbigliamento di una delle due squadre, ed è caldamente consigliato tenere un atteggiamento neutrale ed evitare di essere troppo tifosi. Tutto sommato per me non è un problema (per altri che vedrò vicino a me allo stadio nemmeno, ma in tutt’altro senso), però un po’ mi piacerebbe poter girare per la città con i colori della mia squadra addosso. Accontentiamoci di essere al Super Bowl, che è già tanta roba, come dicono quelli che parlano bene.

To be continued

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Massimo Foglio

Segue il football dal 1980 e non pensa nemmeno lontanamente a smettere di farlo. Che sia giocato, guardato, parlato o raccontato poco importa: non c'è mai abbastanza football per soddisfare la sua sete. Se poi parliamo di storia e statistiche, possiamo fare nottata. Siete avvertiti.

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