Ai Vikings la sfida delle grandi deluse (Chicago Bears vs Minnesota Vikings 17-31)

Finisce 31-17 per i vichinghi del Minnesota la sfida tra le grandi deluse della NFC North.

Kirk Cousins, 14/22 250 yard con 3 touchdown e 0 intercetti, rimonta una partita che di per sé non ha molto da raccontare. I Bears aprono i giochi con solidità difensiva e con le solite difficoltà del reparto d’attacco, ma riescono a portarsi avanti all’intervallo con il punteggio di 14-3. Poi il solito blackout in stile Matt Nagy che non trova mai ritmo, ne punti contro le avversario che hanno un record migliore di quello dei suoi Bears.

A Cousins basta lanciare con più convinzione per bucare la retroguardia degli ospiti che crollano sotto i colpi di Justin Jefferson (107 yard e 1 TD) e Ihmir Smith-Marsette (103 yard e 1 TD).

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Minnesota vince e si conferma come seconda forza divisionale. Una squadra dal potenziale infinito, con sì problemi sparsi in alcuni reparti del campo compreso quello del timone di guida, ma che sulla carta non dovrebbe temere confronti con nessuno. Eppure la gestione di Mike Zimmer non funziona, non è abbastanza tagliente da poter esaltare le qualità di uno dei collettivi più interessanti nell’intero panorama NFL.

Kirk Cousins completa una stagione da 4.221 yard (9° in NFL) con 33 touchdown e soli 7 intercetti. Dalvin Cook registra un 2021 da 1.159 yard su corsa (5° in NFL) e segna 6 TD. Justin Jefferson si riconferma fenomenale con una stagione che bissa quella del 2020 in termini di grandezza: 1.616 yard ricevute (2° in NFL) e 10 touchdown.

Come sia possibile che, nonostante questi numeri sbalorditivi, i Vikings non siano riusciti quantomeno a partecipare ad una Wild Card è un mistero. Tanta potenza in attacco dovrebbe essere invidiata da buona parte della concorrenza, se non da quasi tutta. Il problema rimane l’alchimia che non c’è all’interno di uno spogliatoio che non ripone alcun genere di fiducia nel suo head coach, del resto come succede da parte della tifoseria della purple nation. Zimmer non è l’uomo adatto per questo ambiente e sebbene qualcosa di buono sia pur riuscito a costruirlo, oggi un cambio di direzione è obbligatorio.

Chicago è decisamente indietro rispetto a Minnesota, sia nella costruzione del roster, sia nel cementare un futuro possibilmente più luminoso. Se ai Vikings un cambio di panchina ed un buon draft potrebbero invertire la tendenza già nel giro di una stagione, ai Bears sembra impossibile poter viaggiare alla stessa velocità di crociera.

Le due squadre condividono problemi in comune e già prima dell’inizio della sfida, entrambi Nagy e Zimmer, sembravano destinati al licenziamento no matter what. Fattore che non poteva certamente creare alcuna aspettativa per questa inutile, se pur divertente, partita di Week 18.

Entrambe le casate del Minnesota e dell’Illinois dovranno lavorare sodo e capire verso che direzione condurre i propri destini durante la off-season, prima di tutto a livello societario e di front office; poi sulle manovre di mercato, draft e free agency.

La stagione dei Bears si conclude con più ombre che luci: nelle ultime tre settimane di campionato Matt Nagy ha fatto giocare i veterani disponibili a discapito dei giovani emergenti per potersi accaparrare qualche vittoria buona più per il suo curriculum che non per i Bears. Nagy cuoce sulla graticola da ben prima del Thanksgiving, quando la sua testa sembrava destinata a saltare subito dopo l’incontro coi Detroit Lions. Ma la Halas Hall ha agito con freddezza mostrando indifferenza totale alle volontà di tifosi, ambiente, giornalisti e giocatori stessi confermando che la posizione di Nagy non era in dubbio.

Ma oggi questo ciclone non si può fermare, nemmeno tutta la stirpe dei McCaskey schierata al completo e la forza del loro potere economico potrebbe più contenere questa tempesta. Matt Nagy deve saltare e salterà nelle prossime ore. Con lui c’è l’incognita del general manager Ryan Pace, in questa fiaba una sorta di Mangiafuoco che burattina tutto e tutti salvando sempre la pelle nonostante i danni procurati agli altri. A differenza del destino di Matt Nagy, quello di Pace non è affatto chiaro perchè il GM ha sì fallito in tante scelte, ma ha anche portato a Chicago l’uomo che era atteso come il messia e che ora dovrà avere il tempo per condurre il suo popolo nella terra promessa.

Per Pace, dunque, rimane aperto uno spiraglio che potrebbe tenerlo ancorato alla poltrona, o che potrebbe fargli “guadagnare” una promozione a President and CEO dei Bears (sostituendo la figura di Ted Phillips). Di fatto, una carica onoraria che solo in quattro persone hanno coperto in oltre 100 anni di storia a Chicago, ma che non consentirebbe più a Pace di mettere le mani al draft, ai contratti firmati o al mercato degli agenti liberi.

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Insomma, la sfida di ieri tra Bears e Vikings portava aria di cambiamenti e si spera di evoluzioni. Ma da qui a sorridere manca ancora un bel pezzo. Intanto, nella serata di domenica, le fanbase italiane dei tifosi di Chicago e di Minnesota si sono date appuntamento al Mind The Gap di Milano per festeggiare in un raduno collettivo all’insegna della condivisione e dei valori di questo magnifico sport. Una serata che, nonostante le difficoltà dettate dal Covid e da questo momento negativo per la nostra nazione, ha unito persone da tutta l’Italia: tifosi Bears e Vikings hanno viaggiato su Milano da Reggio Emilia, Torino, Genova e persino in bus (26 ore tra andata e ritorno) dalla lontanissima Foggia!

Una serata fantastica e divertente che aiuta a far crescere il movimento del football americano nel nostro paese!

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