Tom Brady si è ritirato

Con un post sulla sua pagina Instagram Tom Brady ha annunciato il suo ritiro dal football giocato.

 
 
 
 
 
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Il comunicato ufficiale arriva dopo che sabato sera un tweet di Adam Schefter aveva annunciato il ritiro di Tom Brady dal football giocato. Nel giro di pochi minuti ogni social media e sito dedicato al football NFL era straripante di messaggi, considerazioni, ringraziamenti, disegni, foto, ecc ecc… 

In questo articolo ripercorreremo brevemente la carriera di Tom Brady, le sue statistiche e lasceremo la parola ad alcuni esponenti della nostra Redazione per farci raccontare cosa ha rappresentato Brady per loro.

Thomas Edward Patrick Brady Jr. nasce il 3 agosto del 1977 a San Mateo in California. Frequenta la Junipero High School dove si diletta in diversi sport, football, baseball e basket. Nel 1995 sceglie di andare a University of Michigan, nonostante fosse stato scelto al Draft MLB dai Montreal Expos che vedevano in lui un grande prospetto come catcher. I primi due anni ad Ann Arbor sono difficili, Brady non riesce ad emergere e pensa anche al trasferimento, ma alla fine resiste e nel 1998 diventa lo starter dei Wolverines con la vittoria nel Citrus Bowl. Nel 1999 inizia la stagione dividendosi gli snap con Drew Henson per poi passare QB1 e chiudere la sua carriera universitarua con la vittoria dell’Orange Bowl.

Tom Brady non è molto considerato a livello NFL e una pessima Combine non aumenta la sua reputazione, viene scelto al sesto giro del Draft 2020 dai New England Patriots, scelta numero 199. Il punto di svolta della sua carriera arriva nel 2001 quando Bledsoe si infortuna contro i Jets dando inizio all’epopea di Brady. Prima stagione e primo Super Bowl, ne seguiranno altri sei ai Patriots insieme a 4 MVP della finale e 3 MVP NFL.
Nel 2020 Brady passa ai Tampa Bay Buccaneers che gli costruiscono intorno uno squadrone che lui guiderà alla vittoria nel Super Bowl LV portandosi a casa anche il titolo di MVP della finale.

Qualche record tra i tantissimi stabiliti da Brady:

– maggior numero di yard su passaggio (84.520)
– maggior numero di TD pass (624)
– maggior numero di passaggi tentati (11.317)
– maggior numero di passaggi completati (7.263)
– maggior numero di SB vinti (7)
– maggior numero di SB giocati (10)
– maggior numero di vittorie ai playoff (35)

Cosa è stato Tom Brady? 22 anni di carriera sono tanti, hanno attraversato generazioni di tifosi e appassionati, ecco il pensiero della nostra Redazione.

Alessio Salerio

La carriera di Tom Brady ha segnato in maniera indelebile la mia passione per il football americano. L’ho vissuta attraverso tre fasi ben distinte fra loro, come se questo leggendario personaggio dovesse tracciare un sentiero nelle profondità interiori e personali della mia visione del gioco.

Il primo, brevissimo periodo è coinciso con una sensazione di supremazia sopra Brady. I Giants, che avevo assaggiato soltanto velocemente nel 2008, lo avevano appena sconfitto nuovamente al Super Bowl nel 2012 e io, appena entrato in questo mondo, sentivo un’aura di invincibilità verso di lui, che neanche mi pareva un quarterback così forte come tutti sostenevano. Figurarsi il più grande di tutti, di sempre.

Ho ben presto intuito che, in realtà, Brady era sempre e comunque l’uomo da battere. Per chiunque giocasse in AFC contro i suoi Patriots i sogni di poter aspirare al titolo iniziavano a esistere quando lui era fuori dai giochi, prima ancora che pensando di poter essere i più forti. Al Super Bowl, poi, è arrivata la clamorosa vittoria sui Seahawks: è stato il punto più basso della mia storia personale con Brady. Ho iniziato a tifare apertamente e vigorosamente contro di lui, sperando che potesse perdere sempre. E far smettere di balenare nella mia testa quel pensiero. Che fosse il più grande di tutti, di sempre.

Super Bowl vinto senza logica spiegazione contro i Falcons, perso a sorpresa contro gli Eagles, vinto con gli artigli contro i Rams. Quel pensiero si faceva sempre più forte, tanto che ormai a fatica riuscivo a gioire delle sue (ben poche) disgrazie. Poi, la scelta definitiva. Chi come me ama i Cristiano Ronaldo dello sport, i Rafael Nadal, i Fernando Alonso sa di cosa parlo quando dico che lo sport è battaglia, mentale e fisica, contro chi nasce col talento più puro. Brady è uno che questa battaglia l’ha trasformata in mito. E ha dimostrato la sua grandezza volendo dimostrare tutto da capo ai Buccaneers. E ha vinto ancora. Questa volta c’ero anche io su quel carro. Con la sua maglia addosso ho esultato per la prima volta vedendolo con un trofeo in mano. Pazzamente, consapevolmente. Brady è il più grande di tutti, di sempre.

Giorgio Prunotto

Ci sono giocatori che vedi esordire e ritirarsi, solo che nel caso di Tom Brady nel frattempo hai visto passare metà della tua vita e sentirlo nominare, specie ai playoff, ti sembrava la cosa più normale della Terra e ora ti mancherà.
Ne ho ammirato l’intelligenza sportiva, il capire di non essere il più dotato e di doversi affidare ad un coach eccezionale per imparare a vincere, il crescere con lui diventando un riferimento non solo per la sua squadra ma per tutta la lega.
Ha elevato il livello di questo sport, ha mostrato come vive un professionista e come si alimenta e allena. Ha rinunciato a un po’ di soldi nei propri contratti pur di aumentare la possibilità di vincere liberando spazio economico per far firmare campioni con cui giocare. Ha accettato e vinto la sfida di andare a Tampa Bay per mettersi alla prova al di fuori della sua confort zone. Bravo Tom, sei stato davvero unico; grazie per lo spettacolo che ci hai regalato. Ti auguro buona fortuna per la tua nuova vita, perché da oggi inizia una nuova sfida a casa e Gisele è sicuramente un avversario più tosto di quelli che hai affrontato finora…e la giacca color oro dovrai stirartela da solo, hai 5 anni di tempo per imparare!

Gabriele Balzarotti

Tom Brady è stato il mio primo, vero, giocatore preferito. Tutti i miei anni di football sono stati contraddistinti dai suoi successi e dalla sua costante presenza al vertice. La maglia dei Patriots con il suo 12 è stata la prima maglia da football che abbia mai acquistato. Anche da tifoso Ravens ho sempre adorato Brady, il suo essere un vincente e il suo imprinting unico sul gioco. Mi era semplicemente impossibile non apprezzarlo, anche quando nel Championship di qualche anno fa, per due volte, rimontó uno svantaggio di 14 punti proprio contro i Ravens.

Con Brady, soprattutto ai playoff, eri certo che la partita sarebbe durata fino all’ultimo istante. E così è stato anche nel suo ultimo atto, quando i Rams si sono quasi sciolti di fronte al terrore di subire l’ennesima rimonta di un giocatore che, con la sua aurea mistica, ha vinto molte più partite di quelle che i mezzi atletici gli concedessero. Emblematico in tal senso il Super Bowl vinto contro i Falcons, che rimarrà una delle sue imprese più grandi.

L’ultimo viaggio a Tampa, con la vittoria del Super Bowl dello scorso anno, lo ha proiettato in una dimensione dove non ha compagnia. Ha travalicato i confini del tifo ed è entrato nel luogo dove vivono le leggende sportive. Il rispetto per questo giocatore è immenso. Posso solo dire di essere stato fortunato a vivere il football con Tom Brady come quarterback della mia passione.

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Dario Michielini

Tutti abbiamo odiato Tom Brady. Io, almeno, l’ho fatto. E ciò nonostante sia un adoratore dei fenomeni. Mi affascina non capire: mi chiedo come faccia LeBron James a fare quello che fa, mi chiedo Tiger Woods come faccia a metterla a un metro dalla buca da duecento, sono esploso con Peyton Manning. Alieni, sportivi incomprensibili, che sfuggono alla realtà e giustificano la loro divinazione devastando il loro sport.
Il problema di Brady è che era troppo normale. Ci ha spinti a eccellere partendo dalla normalità. Studi, lavori, eccelli. Non servono doti ultraterrene. Non ci ha fornito scuse. Se non riusciamo nella vita c’è una ragione ed è solo colpa nostra. La sua, di colpa, non si è mai vista.
Un mattino, dopo i 35 anni con 20 già dedicati all’odio per Brady, ho ordinato il suo libro “The TB12 method”, spinto dalla imminente vecchiaia. Mi sono comprato gli elastici descritti nel libro per allenarmi, mi faccio di elettroliti, sono a un passo da prepararmi il famoso gelato all’avocado.
Impossibile non chiedersi quindi, nell’ora del suo ritiro, se davvero abbiamo bisogno di alieni, di fenomeni. Se non siano i Brady di cui abbiamo bisogno. Tom ci ha lasciato la mano, ha finito di guidare l’occidente sportivo dal basso della sua normalità.
Per quanto ci costi ammetterlo, ci mancherà. A me, almeno, mancherà. Ma questa è l’ultima volta che lo ammetto.

Mauro Rizzotto

Il mio rapporto con Tom Brady non può non essere influenzato dal fatto che sono un tifoso dei Miami Dolphins. E, in più, a me all’epoca piaceva Drew Bledsoe, non so perché e pur essendo il quarterback dei Patriots, che comunque a quei tempi erano tutto fuorchè una minaccia. E così quel giorno in cui il famoso placcaggio di Mo Lewis lo cacciò fuori campo, facendo entrare questo sconosciuto pischello uscito dal nulla, proprio nel momento in cui i Patriots non stavano andando male e Bledsoe aveva forse la possibilità di vincere qualcosa, e il pischello fra lo stupore generale inizia a giocare meglio di Bledsoe e i Patriots finisce che vincono tutto mentre i Dolphins continuavano a deludere… no, dico, i PATRIOTS!!!… beh, diciamo che non eravamo partiti bene.
Negli anni successivi i miei sentimenti verso Brady furono quelli di un qualsiasi studente nei confronti del bullo della scuola, quello che ti schiaccia continuamente la testa per terra e alla fine non c’è niente da fare vince lui, e continuava pure a vincere. E non credo che tu possa chiedere nulla di diverso a un qualsiasi tifoso di una qualsiasi squadra della AFC East. Però c’era la consapevolezza di una forza reale, del fatto che lui e Belichick stavano lavorando in un modo incredibile e portando una organizzazione a livelli inesplorati finora ed inarrivabili per noi poveri delfini (e non solo per noi). La mia parte razionale non poteva non esserne almeno un po’ ammirata, tanto quanto la mia parte tifosa non poteva non esserne oltremodo repulsa.

E adesso? A me non piace il giochino del più “grande di sempre”, e non farò certo qui un’eccezione anche se è incontestabile che la gioielleria che Brady ha sulle dita superi quasi quella della moglie (altro bel capitolo…). Ma l’immagine del Brady degli ultimi due anni, libero da ogni condizionamento, senza più nulla da dimostrare a nessuno se non a sé stesso, senza più bisogni da soddisfare che non fossero il piacere del gioco e della competizione, che continuava a predicare football sul campo con una facilità disarmante e ad un’età maggiore di molti allenatori, non poteva non suscitare ammirazione anche agli occhi di un vecchio tifoso Dolphins a cui, in fondo, non è mai stato simpaticissimo, anche se parecchie volte ci siamo divertiti a batterlo (chissà perché, giocare a Miami non gli ha mai portato molta fortuna). E, alla fine, non c’è dubbio che mi mancherà. Grazie, comunque, Tom!

Mako Mameli

ERA FUMBLE! Non possono essere che queste le prime parole che vengono alla mente di un tifoso dei Raiders quando pensa a Tom Brady. In quel dannato AFC Divisional Playoff del 19 gennaio 2002 è iniziata la spirale negativa che ha portato i nero-argento nel baratro della mediocrità ed ha preso il via un ventennio di dominio quasi assoluto dei Patriots sulla NFL.

Brady difficilmente ti poteva stare simpatico se non eri un tifoso della squadra del Massachusetts; il tipico esempio di americano da copertina, troppo perfetto, vincente sul campo e sposato con una modella. A guardarlo dall’esterno sembrava quasi di assistere al remake dell’Avvocato del Diavolo, con l’angelo dalla faccia pulita che copriva le malefatte del diavolo in persona, il subdolo Felpa.

Un freddo calcolatore, capace di non perdere mai la calma e di trovare le risorse per rovesciare qualunque verdetto come nel caso della celebre rimonta contro i Falcons nel Super Bowl LI, il numero 12 dei Patriots non poteva che provocare un misto di odio e invidia ad un tifoso di una squadra che dall’avvento di Brady aveva avuto 17 diversi starting QB prima di trovare un minimo di stabilità con il non certo eccelso Derek Carr.

Ma togliendosi i panni del tifoso ferito non si può non apprezzare quello che Brady ha dato al football NFL. Un QB che ha capito che rinunciare a puntare sul massimo guadagno personale per permettere alla franchigia di circondarlo con i giocatori giusti per farlo brillare era la scelta più lungimirante per entrare nella leggenda, un uomo che ha guardato ai risultati di squadra, ai Super Bowl, prima che al suo orticello.

Vincere in un ambiente dove il mago Belichick pare trasformare le pietre in oro poteva sembrare “facile” e sminuire il contributo personale del QB. L’aver lasciato i Patriots ed aver vinto un Super Bowl al primo anno con i Tampa Bay Buccaneers ha permesso a Brady di zittire gli ultimi critici e di confermarsi pedina fondamentale per il successo del suo team.

The g.o.a.t.? Non sono una persona da iperboli di questo tipo; penso che ogni epoca sia differente e non sia giusto fare paragoni. Certamente Brady è entrato di diritto nell’olimpo di questo sport e merita il massimo rispetto. E’ stato uno dei migliori QB non solo della sua generazione, ma di più generazioni. Il suo talento, unito al fatto che aveva la testa sulle spalle e la capacità di prendersi maniacalmente cura del proprio corpo, gli hanno permesso di giocare per oltre 20 anni ad altissimi livelli e i tanti anelli dei Super Bowl e i record personali sono stati raggiunti anche grazie a questa sua capacità di sfuggire alla pressione del più temibile dei pass rusher, Father Time.

Emiliano Guadagnoli

Era ormai il lontano 5 febbraio del 2012, quando un allora ancora quindicenne me, si affacciò per la prima volta alla NFL. Era il Super Bowl XLVI, tra i Giants e i Patriots, e tra i vari giocatori di cui non conoscevo neanche il nome, spesso i telecronisti tessevano le lodi di Tom Brady. Ecco diciamo che il tempo è passato velocemente: dieci anni di football, in cui il Quarterback di New England è spesso “entrato” in casa mia. Che dire di Tom: avrei voluto viverlo e godermelo per più tempo, per quello che ha rappresentato per questo sport. Se c’è stato un giocatore moderno che ha travalicato il mondo della NFL anche in Italia, è sicuramente Brady. Anche mia madre e mia sorella lo conoscono (e diciamo che non sono proprio appassionate). Devo dire che spesso mi è stato antipatico, ma è quella classica aura che avvolge i vincenti. La perla più importante della sua incredibile carriera, rimane il Super Bowl dello scorso anno, dove è riuscito a vincere lontano da Belichick e da “casa” sua, nonostante partisse da netto underdog. Il suo ritiro fa male, fa male a tutti quelli che amano questo sport, perché Tom rappresentava quella sicurezza, quel sorriso che ti faceva sentire a casa.

Luca Salera

Brady per me ha rappresentato e rappresenterà sempre la personificazione del credere nei propri sogni. Del non mollare nonostante ci siano tante persone che non sono disposte a credere in te. Tom Brady è stato prima di un giocatore, prima di un vincente, un ragazzo gracilino con un grande obiettivo. Per me Brady è ispirazione, talento, duro lavoro, motivazione, campione, legenda. Per me Tom Brady è il football non solo nel senso stretto del termine ma in tutto ciò che questo sport rappresenta.
Thank You TB12.

Giorgio Bianchini

Nella vita di un appassionato di football eri ormai un dato di fatto, una certezza come poche nella vita. Quotidiano e sacro come il caffè del mattino. Da domani sarà dura leggere di football e non trovarti più tra le prime righe, scrivere di te usando il passato. Grazie Thomas.

Tomaso Giaretti

Ho iniziato a seguire il Football nel 2005, a 13 anni, totalmente ignorante a riguardo, complice l’acquisto per natale di Madden. Non conoscevo né squadre né giocatori, ma prima di essere illuminato sulla via di East Rutherford e di tifare Jets, scelta buffa lo so, ma quando ti arriva in regalo la maglia di Pennigton l’anno dopo puoi solo piegarti al destino, la prima squadra utilizzata su Madden furono i Patriots, banalmente perché ero stato quell’estate a Boston. Subito ovviamente mi innamorai di quel quarterback dai valori altissimi, senza sapere che tempo un anno sarebbe diventato il mio più acerrimo avversario. Brady ha banalmente rappresentato tutta la mia carriera da tifoso e appassionato della NFL ed è stata una costante in questa passione. Le statistiche e le vittorie dicono che sia il più grande di sempre e probabilmente lo è, anche se tra tuck rule, il suicidio dei Falcons, la folle chiamata di Pete Carroll e un head coach come Beilichick sono tutti fattori che hanno innegabilmente influito. Di fronte a quello che però ha da solo vinto più Super Bowl di qualunque squadra è necessario solo inginocchiarsi e dire grazie, perché se in uno sport violento quale è il football ti ritiri a 44 anni suonati come il più vincente devi solo essere applaudito, anche dagli avversari. Grazie Tom, perché uno come te, nonostante tutto, sarà difficile rivederlo.

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Massimiliano Poli

Oggi mi trovo costretto a fare il Brady della situazione perché spiegare in poche righe l’influenza del numero 12 nella mia vita è una prodezza degna delle sue. Nella paura, giustificata, che potesse essere davvero la sua ultima stagione ho giustificato il capodanno passato a New York come “eh non sono mai stato nella grande mela”, nella realtà il piano degno del Prof con Mignolo era fare l’impossibile per essere il 2 gennaio al Metlife dietro la sideline dei Bucs. Per i pochi, vederlo anche solo scaldarsi a 30 metri è stato come assistere ad un assolo di Hendrix, ad una pennellata di Michelangelo o al “vincerò” di Pavarotti. Un’opera d’arte. E come regalo mi ha servito il suo piatto forte perché ancora una volta porta a casa la vittoria, ovviamente in rimonta e con pochi secondi rimasti. Credo che nella vita bisogni essere sempre grati a chi è stato in grado di farci provare delle emozioni e il buon Tom da San Mateo con me si è divertito parecchio, perché se ho dovuto passare il secondo tempo del Super Bowl contro i Falcons ininterrottamente con le mani nei capelli, ho anche dovuto reprimere in silenzio la rabbia scaturita dalla Helmet Catch perché il lunedì scolastico incombeva e per i genitori “sarei dovuto essere a letto da tempo”. Penso però, per chiudere, che il suo più grosso grazie derivi da un numero, e non dal 12, bensì dal 199 perché è merito suo se ora è legittimo sognare di diventare il GOAT partendo da perfetto sconosciuto. Grazie.

Francesco di Taranto

Premesso che non sono tifoso di una squadra NFL in particolare, come tutti ho delle simpatie per alcune franchigie e delle antipatie per altre. New England e Tampa non rientrano nel numero delle franchigie “simpatiche”, per cui TB12 ha sempre rappresentato il “nemico”. Tra i tanti ricordi, mi é rimasto negli occhi il clamoroso “come back” nel SB contro Atlanta, quando ribaltò spietatamente una partita che sembrava finita a favore dei Falcons. E la settimana scorsa ho temuto che la storia si ripetesse contro i Rams, quando in pochi minuti recuperò un gap che sembrava incolmabile.

Ecco, questo é stato Tom Brady: uno che aveva, che ha la capacità di fare le cose migliori nelle situazioni più difficili e di mettere gli avversari in soggezione, fin quasi ad ipnotizzarli. Se giochi contro Tom Brady, non sei sicuro di vincere nemmeno con 21 punti di vantaggio a cinque minuti dalla fine, e questa consapevolezza ti induce a sbagliare. Un campione di grande carisma, che grazie alla sua intelligenza é riuscito a stare sulla cresta dell’onda per ventidue anni, ma anche di straordinarie doti umane che, come i veri grandi, non ha mai reso appariscenti.

Ci mancherai, TB12!!

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Redazione

Abbiamo iniziato nel 1999 a scrivere di football americano: NFL, NCAA, campionati italiani, coppe europee, tornei continentali, interviste, foto, disegni e chi più ne ha più ne metta.

Un Commento

  1. Seguo il football da quarant’anni, ho visto una miriade di giocatori entrare ed uscire dalla NFL nel giro di pochi anni se non di un’unica stagione e pensare a Tom Brady e alla sua lunghissima carriera, legata in gran parte alla sua straordinaria attitudine mentale di approccio alla vita ed alla competizione sportiva e non ultimo alla capacità di restare lontano dagli infortuni che invece hanno mietuto moltissime vittime tra i suoi pari ruolo nel corso di questi anni, è qualcosa di veramente unico e difficilmente ripetibile.
    La prima volta che lo vidi giocare, dopo l’infortunio di Drew Bledsoe, non potei fare a meno di paragonarlo al grande Joe Montana; mi diede da subito l’impressione di un eccellente controllo e visione di gioco che ti consente di trovare sempre il miglior bersaglio a cui passare la palla per superare il down o segnare un touchdown anche nelle situazioni più critiche.
    Simpatico, antipatico, ammirato, invidiato che dire? Alla luce della sua permanenza nella Lega sono passato un po’ per tutte queste fasi e, forse, per altre ancora. Tifando per una squadra della National (i fu Redskins di Washington) ho vissuto le sue imprese da spettatore appassionato, ma se vogliamo, in un certo qual modo, distaccato (se si escludono gli ultimi due anni in quel di Tampa anche perché Washington non è stata una «competitor» in questi ultimi decenni) e, devo ammetterlo, spesso tifando contro anche perché se non gioca la tua squadra 9 volte su 10 simpatizzi per gli underdogs.
    Al di là di tutte che considerazioni che possiamo aver espresso su di lui nel corso della sua lunghissima carriera non possiamo esimerci da considerarlo un esempio di grande dedizione e capacità di primeggiare ma, soprattutto, non possiamo non sottolineare la sua grandissima leadership, un trascinatore nel vero senso del termine.
    Ci mancherà? Sicuramente sì per ciò che ha rappresentato, ma anche no (e non fraintendetemi) perché già altri protagonisti stanno salendo alla ribalta delle cronache sportive e molte altre squadre potranno tentare di raggiungere quelle vette di eccellenza da tutti bramate per far parte, un giorno, di quelle imprese leggendarie tramandate, di generazione in generazione, da tutti gli appassionati del nostro amato sport.
    Un grazie a Tom Brady per essere stato uno degli esempi più vividi di questa propensione.
    Stefano

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