[NFL] Wild Card: le tre possibilità, i delfini ingenui e i tre fenomeni (Miami Dolphins Vs. Pittsburgh Steelers 12-30)

A Heinz Field, soprattutto se ci giochi a gennaio, puoi avere una possibilità. Raramente puoi sperare di averne due. Se chiedi e ottieni tre opportunità per rimanere in partita è il tuo giorno fortunato. E nonostante il giorno fortunato sia piombato tra le mani dei Miami Dolphins, questo Wild Card Playoff contro i Pittsburgh Steelers è finito proprio come ci si aspettava, cioè con Ben Roethlisberger, Antonio Brown e Le’Veon Bell a sotterrare gli ospiti pinnati sotto un mare di punti.

Primo possesso per Pittsburgh. Big Ben lancia per Brown, che in un bubble screen efficace guadagna 50 yard involandosi sulla sideline ed evitando qualsiasi contatto con i difensori aquamarine. 7-0. Decisivo, e le parole di Mike Tomlin a fine partita lo testimonieranno, Jesse James, alto tight end che corre a portare il blocco decisivo. Grazie a lui a Brown rimane unicamente correre più forte dei linebacker di Miami, parsi soprattutto nel fisico inferiori ai playmaker di casa. Altro esempio: banale cross route di Eli Rogers, 19 yard senza alcuna opposizione, con Kiko Alonso a inseguire senza successo la traccia del giovane ricevitore.

Secondo possesso, sempre per i gialloneri. Questa volta slant corto di Brown, palla in una posizione propedeutica alla successiva corsa del numero 84. Sono 62 yard di solitudine per il ricevitore da Central Michigan che diventano altri sette punti. Doppio vantaggio.

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Diciamolo chiaramente: Roethlisberger, a questo punto, avrebbe potuto lasciare la sesta marcia innestata e giungere all’intervallo sul 28-0, probabilmente, o anche di più. Ma dalle prime due “B” (Ben, Brown) si passa alla terza, Bell. Pittsburgh vuole allungare i drive, magari preservare il quarterback – che con Cameron Wake e Ndamukong Suh in giro è sicuramente una buona idea – e rendere il resto del tempo (la partita è cominciata da nove minuti) una formalità.

Sembra poter esserci qualche spiraglio di luce per i Dolphins in attacco. Attenti a Jay Ajaiy (200 e passa yard in stagione regolare contro gli Steelers, 33 domenica), Pittsburgh lascia una fantastica ricezione profonda a Kenny Stills. Il calcio che ne deriva mette perlomeno tre punti sotto la sigla ‘MIA’ del tabellone di Heinz Field.

E insinua un grosso dubbio: questi Dolphins hanno la statura per affrontare una partita del genere? Per completare quanto l’attacco sta facendo e rispondere a questa domanda, gli Steelers non lesinano un atteggiamento palesemente aggressivo in difesa. Costi quel che costi, fanno sapere a Miami che questi sono i Playoff. Qualche spinta fuori dal campo, qualche parolina a cui i delfini reagiscono, ingenuamente, al posto che lasciar correre e pensare al campo.

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Campo sul quale scende Bell. Terzo possesso offensivo per Pittsburgh. Dieci corse consecutive e altri sette punti sotto ‘PIT’. Il re della pazienza si ferma, riparte, ri-valuta una situazione che per tutti gli altri runningback della lega sembra una perdita di yard e la trasforma in guadagni. One-man show, pur pagando tutti i dividendi a una linea offensiva quantomeno decente. 20-3 solo perché Chris Boswell, complice il vento e la condivisione del pensiero per cui la partita nel secondo quarto sia già finita, centra il palo sul punto addizionale.

Delfini ingenui, i tre fenomeni, e le tre possibilità? Esse ruotano intorno alla testa, annebbiata, di Matt Moore. Che sia annebbiata per la botta orribile di Bud Dupree al casco o per limiti tecnico-tattici non lo sapremo mai, ma a cavallo della pausa Miami ha davvero la possibilità di rientrare nei giochi.

La contesa non è ancora finita: tre segnature sono teoricamente recuperabili, e Moore trova DeVante Parker su un lancio da 37 yard che avvicina di molto i Dolphins al primo TD. Sul gioco successivo però il quarterback di riserva di Miami sembra lento nello sbarazzarsi del pallone e la manona di James Harrison, immarcescibile guerriero da Playoff, gli toglie l’ovale, ricoperto da Stephon Tuitt. Prima opportunità andata. La seconda segue dopo l’intervallo: a metà campo Moore perde un altro pallone per il placcaggio di Mike Mitchell. Una sola meta in uno di questi due drive poteva riaprire, almeno sul tabellone, l’incontro. Aggiungiamo che Pittsburgh smette di segnare, perché prima Roethlisberger si fa intercettare sbagliando un brutto passaggio, poi capitalizza il secondo turnover a carico di Moore con soli tre punti.

È il limbo a cui i Dolphins rimangono aggrappati, una speranza flebile spazzata via dell’intervento di Ryan Shazier, incredulo quando Moore gli consegna un enigmatico pallone realmente fuori misura. Il linebacker degli Steelers chiude i giochi, ma il limbo è esistito. C’era Pittsburgh non ancora sicura della vittoria e Miami vogliosa di una segnatura, se non altro geograficamente vicina.

La NFL sembra voler aprire una piccola indagine sul perché, dopo la botta di Dupree, a Moore sia stato permesso giocare. Questo vi dà la misura di quanto il QB da Oregon State sia parso spaesato nella fase della partita che l’ha decisa.

In conclusione, è sembrata questa una vittoria facile per gli Steelers: Harrison dominante in difesa, il trio “B” in attacco. Un gameplan ben studiato e dai risultati forse anche superiori alle aspettative. Tomlin e Todd Haley potevano dare palla a Bell e scordarsi di perdere, ma hanno voluto anche dare fiducia al gioco su passaggio, partendo così da +14.
Un baratro che i Dolphins, almeno quelli di oggi, non hanno potuto colmare. Domani, una volta rimpolpata la difesa e magari con Ryan Tannehill, non si può dire.

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Per Miami rimane comunque il pericolo di ritrovarsi a Heinz Field, un giorno di gennaio, e sperare di avere ancora tre opportunità per restare in partita. E chissà se quel giorno i Pittsburgh Steelers gliele lasceranno ancora.

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Dario Michielini

Segue il football dagli anni 90, da quando era alle elementari. Poi ne ha scritto e parlato su molti mezzi. Non lo direste mai! "La vita è la brutta copia di una bella partita di football"

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