Il libro di Peyton Manning: le due scelte della leggenda arancione

Nell’anno in cui Peyton Manning si fermò e si dedicò alla riabilitazione (2011) molti pensarono la sua carriera fosse finita. Il coro però si faceva debole quando venivano ascoltate le voci di chi aveva seguito il 18 facendoci davvero i conti.
In un articolo su ESPN uscito in quei giorni un cronista ricordava di quella volta in cui, discutendo di schemi fino a tarda notte con lo staff tecnico di Tennessee, aveva trovato nella palestra dell’ateneo di Knoxville, ben oltre la mezzanotte, un Peyton 18enne sudare sulla cyclette.

La cultura del lavoro non deve stupire: è comune a moltissimi atleti, soprattutto negli Stati Uniti. Ma in questo viaggio dentro la personalità di Peyton Manning non può mancare un po’ di sorpresa quando scopriamo che a 18 anni egli era già al livello di abnegazione – ossessione – mentale che andiamo a descrivere di seguito.

Archie Manning, Peyton Manning e David Cutcliffe.
Archie Manning, Peyton Manning e David Cutcliffe.

Sempre quella palestra, sempre un Peyton a cavallo della maggiore età. David Cutcliffe arriva al primo giorno di preparazione.
“Coach, possiamo parlare?”
“Sì, Peyton, dimmi!”
Non l’avesse mai fatto: Manning propone a Cutcliffe, allenatore dei quarterback dei Volunteers, un trattato di tre pagine su un solo schema, il 62 Meyer. Nasce un’amicizia indissolubile, che porterà il nativo di New Orleans a frequentare da professionista Duke, dove Cutcliffe è head coach; è anche l’inizio della carriera universitaria di Manning.
Una carriera che continua con un episodio da brat, da monello. Nel 1994 Peyton è giustamente quarto nella depth chart dei Vols. Un ragazzo del Texas, Branndon Stewart, condivide quel quarto posto con lui. Una sera il custode chiude tutte le porte del centro sportivo di Tennessee tranne una, quella che serve ai cinque QB per entrare, riunirsi e parlare con Cutcliffe della prima partita stagionale. Peyton entra prima di Stewart e chiude la porta, che ovviamente da fuori non si può più aprire. La riunione la faranno in quattro.

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Prima partita dell’anno, Jerry Colquitt è il titolare. Sette giochi e il ginocchio fa crack, terminando la carriera di quest’ultimo. La riserva è Todd Helton, leggenda dei Colorado Rockies di baseball, decisamente più interessato a girare la mazza che a lanciare l’ovale. Helton e lo stato del Colorado torneranno alla ribalta qualche anno dopo nella vita di Manning.
In ogni caso, non che Todd ami questo ragazzino iperattivo e pieno di quesiti.
“Basta matricola, stai zitto, non mi fare più domande!”
Peyton stressa Helton dalla mattina alla sera con domande tecniche, ma dopo quel primo periodo di assestamento diventeranno amici per la vita. Helton sarà un grande prima base professionista e Manning andrà in NFL, tutti contenti a fare ciò che più piace loro.

Nel frattempo Cutcliffe vuole vedere il ragazzino in campo. Sempre nella prima stagionale di quel 1994 lo butta dentro. Peyton entra nell’huddle e quando l’agitazione lo fa parlare a vanvera un uomo di linea non gliele manda a dire.
“Non siamo a una lezione di filosofia, chiama sto [censura] di schema e andiamo!”
Quando anche Helton si infortunò, la rivalità tra Manning e Stewart crebbe a livelli storici. Il primo vinse il titolo di freshman dell’anno in SEC, mentre il secondo chiese il trasferimento a Texas A&M. Iniziarono così i più grandi tre anni per un QB nella storia dei Tennessee Volunteers.
1381 passaggi, 863 completi, 11201 yard su passaggio, 89 touchdown su passaggio. Record tutti suoi.
Ma non eravamo rimasti che Peyton Manning doveva essere un ribelle dell’università del Mississippi?

Tennessee ringrazia Peyton per essere rimasto all'università
Tennessee ringrazia Peyton per essere rimasto all’università

La prima scelta

Quando, nell’agosto del 1993, le scuole possono iniziare a comunicare con gli atleti delle high school, a casa Manning arriva un camioncino di lettere. Tutti offrono una borsa di studio al figlio mezzano di Archie per vestire l’anno seguente i loro colori.
Lui analizza le richieste (ricordate che sa già TUTTO sui programmi sportivi universitari americani) poi va dal padre dicendo di aver fatto un primo filtro. Porta l’elenco delle finaliste in soggiorno.
“Ma, Peyton, sono 50 college!”
Archie, Olivia e Cooper non mettono alcuna pressione a Peyton, può scegliere ciò che vuole. Anche se non sarà Ole Miss poco importa. Manning, il cui giocatore preferito di ogni tempo è il padre, in realtà non vede l’ora di vestire la maglia blu dell’università del Mississippi, ma se avesse, in ogni fase della sua vita, rispecchiato la sua età forse non staremmo parlando di uno sportivo mitologico.
“Papà, dimmi la verità!”
Nel 1986 Ole Miss subisce un ‘ban’ di due anni per aver offerto macchine e soldi ai liceali che voleva assoldare. È vietato trent’anni dopo, figuriamoci negli anni ‘80. Nel 1993 Peyton chiede al padre di dirgli la verità circa le voci che arrivano ancora dal Mississippi. Voci veritiere: il 18 novembre del 1994 infatti Ole Miss prende un’altra penalità dalla NCAA. Borse di studio dimezzate, niente apparizioni in TV e niente bowl. Archie è sincero con il figlio, che esclude l’università dei genitori.
Ci andrà Eli, per stravolgere la storia dei Rebels e superare il padre.

La scelta si restrinse quindi a tre concorrenti: Florida, Michigan, Tennessee.
A Michigan Peyton vede due grossi pregi: Cam Cameron, giovane allenatore dei QB per il quale nutre stima infinita e la possibilità di non giocare mai contro Ole Miss. Cameron però andrà in NFL, ai Washington Redskins, e a quel punto Manning deve scegliere tra due scuole. Ma nel valzer di allenatori tra università del sud, ce n’è uno che attira Peyton più degli altri. È proprio David Cutcliffe, il cui attacco è più assorbibile e grazie al quale Peyton crede di poter eccellere da subito.
Per un caso del destino, sia Florida che Michigan avranno la loro piccola vendetta. I Gators batteranno Peyton a ogni incontro con i suoi Volunteers e i Wolverines si rifaranno un anno dopo con un ragazzo californiano, che diverrà la nemesi del numero 18 tra i professionisti.

La seconda scelta e il Peyton Manning Pass

L’America sembra enorme, ma non lo è.
Tra le pretendenti rifiutate c’è anche Texas A&M, dove emigra Branndon Stewart e dove allena Gary Koubiak, che nel 2016 festeggerà l’ultimo alloro della carriera agonistica di Peyton Manning da suo head coach.
E sempre nel 2016, nella sua conferenza stampa di ritiro dal football giocato a fianco del suo allenatore Gary, Peyton parla della migliore decisione della sua vita: non iscriversi al draft del ‘97 per tornare un ultimo anno in università.

Quello è il gesto che, accolto da un boato in sala stampa, segna il legame indissolubile tra il numero 16 (Manning veste quella maglia con i Vols) e Knoxville. Qualche anno dopo avrà, come prassi per le leggende del college football, una strada a suo nome nel campus, quella che porta allo stadio, cioè la Peyton Manning Pass.

Solitamente siamo costretti, parlando di un giocatore di college, a individuare un percorso di crescita, di maturazione. Manning, invece, ha organizzato le sue priorità attorno al gioco del football, dal giorno zero della sua carriera quando ancora non ne aveva una. Il diciassettenne che analizzava le proposte di 50 università, che affrontava con lucidità l’occasione di scegliere la scuola di suo padre e per la quale tifa, che stressava i compagni e gli allenatori con schemi e tecnica di lancio non aveva bisogno di maturare entro i 22 anni, quando si preparava per il draft. Maturo lo era già.

Le due scelte, quella di non andare a Ole Miss e quella di rimanere un anno in più all’università cambiarono il destino di migliaia di persone, perché magari Eli non sarebbe andato in Mississippi a quel punto, perché sicuramente ai Jets (o ai Rams, o ai 49ers) Peyton non avrebbe avuto l’opportunità di far riscoprire l’amore per il football alla città di Indianapolis, da cui continueremo il racconto.

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Dario Michielini

Segue il football dagli anni 90, da quando era alle elementari. Poi ne ha scritto e parlato su molti mezzi. Non lo direste mai! "La vita è la brutta copia di una bella partita di football"

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