[NFL] Week 16: Run Jay, run (Miami Dolphins vs Buffalo Bills 34-31)

Cosa succede quando una partita è, per una squadra, l’ultima spiaggia per rimanere agganciata al treno playoff e, per l’altra, una partita da vincere assolutamente per rimanere dentro ai playoff? E se quella stessa partita si gioca anche a dicembre in un posto freddo, ma freddo freddo? E, in più, se la squadra ospite lì non ci vince da cinque anni e arriva senza il quarterback titolare? E, infine, se si tratta di una rivalità, ma di quelle vere?

Succede quello che è successo ad Orchard Park, Buffalo, stato di New York, la vigilia di Natale 2016: signore e signori, benvenuti a una delle partite più belle della stagione, Buffalo Bills contro Miami Dolphins.

Intanto, è meglio precisare la storia del tempo: freddo sì, poco più di 3 gradi, ma non freddissimo e, soprattutto, niente neve (cosa che, a Buffalo e alla vigilia di Natale, non è per niente scontata). Tempo nuvoloso ma parecchio vento irregolare che influenzerà abbastanza la partita: in primis, per quanto riguarda i calci; ma poi anche nelle scelte di gioco perché lanciare nel vento è un esercizio più rischioso di dare palla al runningback e mandarlo avanti a testa in giù.

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Soprattutto poi quando hai in campo due signori come LeSean “Shady” McCoy da una parte e Jay “Train” Ajayi dall’altra e la difesa contro le corse non è proprio una specialità delle due case (27esima e 31esima nella lega).

Si parte subito “cattivi”: nei primi cinque minuti di partita 3& out per Buffalo, 3&out per Miami e altro 3&out per Buffalo. A posto, qui va a finire 6-3 non si sa per chi con tre calci e buonanotte a tutti.

Buffalo Bills McCoy

A posteriori, nulla di più lontano dal vero; sul momento, invece, quel commento probabilmente fatto da più di qualcuno sugli spalti potrebbe essere arrivato alle orecchie di Jay Ajayi, che inizia la sua intensa giornata di lavoro: nei nove giochi del drive che va ad iniziare Ajayi porta palla per sei volte, compresa l’ultima corsa per entrare in end zone e sbloccare il punteggio. Andrew Franks mette l’extra point ed è 7-0 per gli ospiti.

Il touchdown subìto scuote evidentemente gli uomini di Rex Ryan, che iniziano a macinare gioco: passaggio, corsa, passaggio, corsa, corsa, corsa, passaggio, passaggio, corsa, passaggio, passaggio. Play calling abbastanza bilanciato che inizia a far intravvedere come Tyrod Taylor, forse, è in una buona giornata.

Sfortunatamente, una penalità per delay of game impedisce di fatto ai Bills di chiudere il down, Dan Carpenter sbaglia il calcio da 46 yard e i padroni di casa rimangono a secco.

Una corsa di 5 yard di Ajayi chiude il primo quarto di gioco. Due corse da 7 yard di Ajayi aprono il secondo. E, siccome ogni tanto anche Jay Train deve rifiatare, entra Kenyon Drake, prende l’handoff, aggira a sinistra la linea che si è chiusa e parte secco lungo la sideline verso l’end zone. 45 yard di corsa e i Dolphins sono sopra 14-0. A Buffalo. In dicembre.

I Bills accusano un po’ il colpo, nonostante Tyrod Taylor faccia un po’ di tutto: passa corto, corre, passa lungo (e anche Sammy Watkins mostra di essere in una buona giornata). Poi però la difesa dei Dolphins riesce per un attimo a stringere le maglie e le corse di Gillislee non bastano a chiudere il down.

La palla ritorna così agli ospiti i quali però, con una delle loro solite esibizioni a metà fra il dubbio play calling e la dubbia esecuzione, vanno subito 3&out. E stavolta i Bills non sbagliano: Taylor e McCoy comandano il drive e un passaggio lungo su Watkins in end zone consente ai padroni di casa di accorciare le distanze: 14-7.

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Mancano cinque minuti al riposo. Miami imbastisce qualcosa ma, complice una penalità in linea, deve andare al punt subito dopo il two minute warning. I Bills ci mettono venti secondi per un 3&out che restituisce il favore ma Matt Moore, evidentemente, non lo voleva e forza un passaggio profondo che viene intercettato. Rimangono però solo 30 secondi e i padroni di casa possono fare ben poco prima di rassegnarsi al tè caldo.

Alla ripresa Miami riceve il kickoff e allunga subito: Moore lancia una palletta corta a Devante Parker che stende un avversario di forza e si invola 56 yards verso la end zone: 21 a 7 per gli ospiti. Finita? Il solito qualcuno sugli spalti inizia a pensarlo, ma lo shootout è appena iniziato.

Le difese, in pratica, spariscono dal campo e le due squadre iniziano a scambiarsi colpi come se fossero Rocky e Apollo Creed, sfidandosi a chi cede per primo. Buffalo ricambia subito, con un drive di cinque minuti abbondanti in cui Taylor sembra completare su chiunque e che Shady McCoy chiude con due imperiose corse consecutive da 19 yard ciascuna. 21-14, Bills di nuovo a un touchdown di distanza.

Tocca ai Dolphins, che vanno a segno con Kenny Stills, al termine di un rapido drive da 3 minuti e mezzo (highlight: Damien Williams che riceve un innocuo swing pass di Moore, rompe un placcaggio, ne evita altri tre e corre 46 yards fin quasi in red zone) e tornano a distanza.

Miami Dolphins

I Bills non ci stanno e Taylor pesca un’altra volta Sammy Watkins sul profondo (53 yard) preparando il terreno per il touchdown lanciato due giochi dopo su Charles Clay che accorcia ancora il tabellone 28-21. Nell’azione si infortuna anche, per gli ospiti, la safety Isa Abdul Quddus e per la difesa Dolphins, che già non ha una gran giornata, non è una bella notizia.

Inizia il quarto periodo e, dopo i fuochi d’artificio del terzo, la musica si calma un po’. Ma solo un pochino. Miami nel suo primo drive guadagna terreno, poi si impalla nel suo solito modo e Franks sbaglia il field goal; Buffalo invece fa la stessa cosa, anche con più facilità, c’è il dubbio di una sospetta pass interference contro Miami non chiamata in end zone che nega un probabile touchdown ai Bills, ma i padroni di casa comunque almeno il calcio finale riescono a metterlo accorciando ulteriormente, 28-24.

I Bills non erano mai stati sotto di meno di un touchdown in tutta la partita, i Dolphins sembrano più provati, Ajayi ha male ad una spalla e Jarvis Landry per due volte non riesce a guadagnare terreno. Serve di nuovo il punt e, psicologicamente, si sente che potrebbe essere il punto di svolta.

Lo special team di Miami fa il suo dovere e i Bills devono ripartire indietro, dalle proprie 11 e con 4 minuti sul cronometro. E decidono di farlo alla loro maniera: correndo. E corrono, contro una difesa che pare non farcela più: corre McCoy, corre Gillislee (25 yards), corre Taylor. Dopo 5 corse consecutive, arriva un flea-flicker che pesca Robert Woods 34 yard più in là, sulle 7 di Miami, appena dopo il two minute warning.

Lo stadio è una bolgia, i Dolphins sono impotenti, proprio come Rocky gonfio di pugni che a un certo punto sembra non farcela più. Buffalo ci prova correndo ma alla fine è un passaggino per Charles Clay, l’ex di turno, che porta i Bills avanti. Dan Carpenter (l’ex di turno) mette l’extra point e siamo 31-28 per i padroni di casa. Pandemonio.

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Ma (concetto già espresso più volte), questi non sono i soliti Dolphins. Quelli fino allo scorso anno questa partita l’avrebbero persa qui, e basta. I Dolphins di Adam Gase invece sono diversi, più o meno come Rocky, e fino alla fine non mollano nulla.

Nonostante Carpenter sul kickoff cerchi di evitare Jakeem Grant (che già nella giornata qualche discreto ritorno lo aveva ottenuto) ci pensa Kenyon Drake a riportare il calcio per 39 yards, posizionando piuttosto bene Matt Moore per l’ultimo assalto. Che sarà pure un backup ma è uno che se ha la possibilità di lanciare non si tira indietro, anzi.

Un passaggio profondo per Kenny Stills e uno più corto per Damien Williams sono sufficienti per posizionare Andrew Franks a distanza di tiro. Rex Ryan sbaglia di un nonnulla il tempo nel chiamare il timeout per bloccare il calcio (come dimostrato dalle immagini televisive) e il kicker non sbaglia, regalando ad una partita già bella e intensa di suo un inatteso supplementare.

Franks Dolphins

Buffalo vince il lancio della monetina e ci prova per prima. L’inerzia della partita ormai non si sa più dove sta, ma la difesa di Miami è abbastanza stanca e non molto in palla, quindi per i padroni di casa l’occasione è da sfruttare. In effetti, iniziano bene, con Gillislee (l’ex di turno – sì, ce ne sono parecchi) che corre 35 yards e Taylor che continua a colpire ricevitori senza pietà.

Poi, arrivati in red zone, la difesa di Miami rompe un’azione del backfield, i Bills non riescono a recuperare e devono accontentarsi di provare il field goal invece del touchdown che avrebbe chiuso la partita. E Dan Carpenter sbaglia per la seconda volta.

Adesso chi segna vince. Miami conferma il suo stato precario riuscendo a percorrere non più di una ventina di yard ma con un punt ben giocato riesce a costringere i Bills a ripartire dalle loro 4 yards, a metà del tempo supplementare e a 7 minuti da un pareggio che, per Buffalo, vorrebbe dire eliminazione dai playoff.

Tyrod Taylor fa un po’ di tutto, come in tutta la serata, corre, passa, si schiera anche da ricevitore in uno schema ‘wildcat’. Ma, con le spalle al muro, la difesa dei Dolphins trova le energie sufficienti per tenere quel che basta, Ndamukong Suh rompe l’ultimo passaggio e i Bills, ancora prima di arrivare a metà campo, devono andare al punt.

E, a quattro minuti dalla fine, con i Dolphins chiamati a giocarsi forse l’ultima chance, ricompare Jay Ajayi. Miami si schiera in shotgun sulle proprie 15, il running back dai natali londinesi riceve l’handoff sulla destra e si sposta verso sinistra, trova il buco giusto e si invola per 57 yard fino alle 28 yard avversarie, ampiamente a distanza di field goal. Ma Gase non si fida del vento (già tre calci sbagliati nella serata) e ordina di spingere ancora.

Ajayi guadagna altre 8 yard e cade ancora sulla spalla dolorante, poi Drake altre 3, poi Ajayi ancora in campo ne prende altre 4 e poi altre 6, ancora cadendo sulla spalla sinistra. Miami è sulle 7 yard degli avversari e Gase decide che può bastare: Jay Ajayi torna sulla sideline con altre 204 yard all’attivo e, a 51 secondi dalla fine del supplementare, Franks piazza il field goal che elimina i Bills dalla post season e proietta i Dolphins a 10 (dieci!) vittorie.

Per i Bills la stagione è finita con l’amaro in bocca e qualche polemica, come succede sempre, del resto, quando di mezzo c’è Rex Ryan. Proprio il vulcanico coach è l’oggetto del contendere, con la sua improbabile/possibile/certa (selezionare l’opzione preferita) permanenza sulla sideline anche il prossimo anno. Quel che è certo è che l’impianto di squadra c’è e che comunque, fin quasi alla fine della stagione, la qualificazione ai playoff è stata un obiettivo possibile.

Del resto, alla vigilia i Buffalo Bills erano indicati da tutti come la seconda forza della AFC East (i Patriots sono ancora inarrivabili) e, senza l’imprevisto emergere dei Dolphins, probabilmente la scala dei valori sarebbe stata quella. Adesso, chiaramente, ci saranno un po’ di cose da ripensare e tutto inizierà dal capo allenatore. L’importante sarà fare le scelte giuste: buttare via il classico bambino con l’acqua sporca sarebbe un peccato.

Una volta esaurite le altre partite della giornata, i Miami Dolphins si sono ritrovati matematicamente qualificati ai playoffs per la prima volta dal 2008. Neanche il più ottimista dei tifosi avrebbe potuto sperare in un traguardo del genere dopo che a inizio ottobre la classifica recitava 1-4, con l’unica sudata vittoria ottenuta contro i Browns.

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Ma da quel momento è iniziata la cavalcata dei ragazzi di coach Gase e il ciclo di 9 vittorie in 10 partite. Nemmeno l’infortunio a Ryan Tannehill ne ha bloccato la marcia, e Matt Moore si sta dimostrando il valido sostituto che nello staff di Miami tutti sapevano di avere.

Ai Dolphins adesso, per andare avanti nei playoff, manca probabilmente qualcosa, prima fra tutte una continuità di rendimento della difesa (dopo che hai concesso ai Bills 598 yard di attacco, è normale che a sentire il nome “Pittsburgh Steelers” al tifoso venga un po’ di ansia). Ma la soddisfazione per la stagione, per la postseason raggiunta dopo 8 anni e soprattutto per la svolta netta e inconfutabile impressa alla franchigia dalla gestione di Adam Gase (autorevolissimo candidato come coach dell’anno) potranno tranquillamente resistere anche ad una eventuale uscita al primo turno.

Che, comunque, è tutto da giocare: in fondo, la marcia trionfale dei Dolphins non è forse iniziata con la vittoria contro gli Steelers?

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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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