[NFL] No Peyton, no party

nflIn senso pratico, l’assenza di Peyton Manning ci regala Indianapolis al 29esimo posto nella classifica degli attacchi NFL, un record di 0-2 allarmante, una squadra in più, inaspettata, che sta già pensando al draft dopo soli 120 minuti di football in stagione.
Nella testa degli estimatori del quattro volte MVP il discorso è differente. 
Il primo sintomo della mancanza del 18 è una leggera disaffezione al football, che cresce man mano che le copiose notizie sul suo stato di salute raggiungono le orecchie dei suoi tifosi. Dapprima il fastidio al collo operato in off-season, nulla di allarmante si pensa, visto che tutti garantiscono la presenza della star al primo kick off stagionale. Poi, l’assenza in pre-season, giustificata come “misura cautelare”. A quel punto si pensa che è proprio per prudenza che il 18 non scenda in campo, nemmeno per una serie, con i compagni.
Poi, in un crescendo allarmante, la notizia che egli avrebbe saltato la prima, la seconda settimana, forse qualcosa in più, fino alla notizia semi-definitiva della sua assenza per tutta la stagione.
Ora la mente del supporter corre libera nei campi del confronto. Senza Manning Indy vale un decimo, la conference e la division hanno perso di spessore, New England va al SuperBowl tranquilla. Ecco, appunto, New England.
Quando, nella prima settimana 2008 Tom Brady si infortunò gravemente ai legamenti del ginocchio, Bill Belichik mise in campo Matt Cassel, giovane QB di riserva. Dopo una prima fase di assestamento, i Pats iniziarono ad ammassare yard come al loro solito, coprendo le lacune del giovane play caller con i loro bloccaggi perfetti downfield, facendosi vedere liberi sul corto ed arrivando ad un record, 11-5, impensabile dopo che la loro stella era costretta al divano dall’articolazione ricostruita chirurgicamente. Quello per il fan club di Manning dimostrò indubbiamente che Brady non è determinante come il loro idolo, ed a suo modo quella stagione fu un altro capitolo nella loro rivalità. Alla fine di quest’anno Kerry Collins, quarantenne richiamato da Bill Polian per sostituire il titolare, non andrà certo a Kansas City per una seconda scelta. 
Concludere che il sistema di New England è migliore di quello di Indianapolis è grossolano, ma quantomai ovvio per i fan del nativo di New Orleans. Una conclusione oggettiva è che i due QB di cui parliamo alzano vespai anche solo standosene a casa con la gamba in un tutore o con il collo dolente.
Passando al vero e proprio infortunio di Manning, sembra che un nervo del suo collo non si sia rigenerato dopo l’ultima operazione. Questo non gli permette di avere forza nel braccio. Evidente allo staff di Indianapolis da mesi, lo sta diventando anche per i comuni mortali ora, con la notizia di un Manning preoccupato che prende un aereo per l’Europa in cerca di cellule staminali da poter utilizzare per rimettersi in sesto o di una terza operazione proprio in corrispondenza di week 1, in cui i Colts prendono la solita ripassata dai Texans.
I dottori spergiurano, coadiuvati da chi un infortunio simile l’ha avuto, che non c’è rischio per la prossima stagione, ma intanto i dirigenti di Indianapolis sono andati a fare un giro a Stanford per vedere Andrew Luck che lancia. Sui primi mock draft dell’anno prossimo però i Colts sono dati su Matt Kalil, tackle di USC che dovrebbe essere un top 3 assoluto ad aprile. La prima ipotesi ci consegnerebbe un Manning disoccupato (Indy può uscire dal contratto con il suo asso l’anno prossimo sfruttando una clausola di esso e pagandone il prezzo) in piena parabola Favre, in cerca di una squadra in cui imparare un altro playbook e a 35 anni ripartire verso un Vince Lombardi Trophy visto solo una volta in carriera, la seconda un fiducioso veterano con tre fantastici prospetti (l’evetuale Kalil e le prime due scelte di quest’anno) a difenderlo in quella che, sportivamente parlando, sarà la sua terza età.
Il presente, intanto, è come detto nero per i suoi compagni. C’è chi dice (furbo più che competente) che Peyton non gioca in difesa e che quindi non averlo non è l’unico problema dei Colts. Vero, ma anche i sassi sanno che un three & out è deleterio se confrontato con un touchdown o con un drive più lungo, che con il 18 sono quasi garantiti e con il suo rincalzo dell’ultima ora assolutamente no. La difesa si riposa, è rinfrancata dal non essere irrimediabilmente sotto nel punteggio, può insomma rendere meglio.
Quindi, cambiando canale quando si guardano i resti dei grandi Colts distrutti dai giovani Browns, il tifoso medio del 18 magari si guarda un film o una serie TV. Ma questa disaffezione è totalmente ingiustificata dal grande spettacolo che è la NFL, e che quest’anno abbiamo tutti rischiato di non avere. C’è Michael Vick, tra infortuni e gesta eroiche, che tenta di portare gli Eagles in post season, c’è Cam Newton che lancia 400 yarde senza sentirle, ci sono i Jets in missione ed i Packers in affanno nel tentativo di ripetersi. E poi c’è il 12, forse lanciato verso il terzo titolo di MVP della carriera. E che l’ammiratore di Peyton Manning consideri questo un bene in quanto una sua eventuale caduta nei Playoff farebbe ancora più rumore dell’anno passato o che lo consideri una iattura o, per qualche strana congettura, la conferma  del fatto che Brady è sorretto da una squadra che anche senza di lui funzionerebbe, a noi poco importa. C’è un anno di football da seguire, e che manchi il suo principale protagonista poco conta quando lo spettacolo è di livello così alto. 
C’è da scegliere se avere rimpianti a febbraio o sapere di essersi divertiti allo stesso modo, se non di più, di quando c’era lui.
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Dario Michielini

Segue il football dagli anni 90, da quando era alle elementari. Poi ne ha scritto e parlato su molti mezzi. Non lo direste mai! "La vita è la brutta copia di una bella partita di football"

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