[NFL] Week 1: Anno nuovo, storia vecchia (Miami Dolphins vs Washington Redskins 17-10)

L’opener 2015 al FedEx Field di Landover, Maryland ha messo di fronte i Miami Dolphins e – ovviamente – i Washington Redskins padroni di casa. Due squadre che si presentavano al nuovo anno con sentiti propositi di rivincita.

I Dolphins, potenziati nell’organico a suon di dollari dall’owner Stephen Ross e indicati da buona parte della stampa specializzata come squadra candidata ai playoffs, partivano intenzionati a confermare le buone cose scritte e dette su di loro; i Redskins, squassati dall’ennesimo tormentone sull’ennesima quarterback controversy riguardante l’ennesimo ex-salvatore della patria, decisi a dimostrare a tutti che – invece – tutte le non-belle cose dette e scritte su di loro erano stupidaggini. Insomma: anno nuovo, vita nuova!

Invece, dalla prima partita del 2015 sono uscite le solite indicazioni sulle solite due squadre. I soliti Redskins, dal roster pieno di buchi, con un quarterback come sempre inaffidabile, incapaci di vincere una partita dopo aver tenuto palla per quasi tutto il primo tempo. E i soliti Dolphins, molli, con una difesa incapace di controllare le partite e un quarterback che non le sa chiudere. Giudizi esagerati? Come tutti quelli che si leggono sui social il lunedì mattina, forse sì; però non molto lontani dalla realtà. Ma andiamo con ordine.

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Jordan Cameron Dolphins
Jordan Cameron alla ricezione

Come detto, per quasi tutto il primo tempo della partita Miami non ha quasi visto palla. La tanto temuta linea di difesa dei Dolphins, con i due babau Suh-Wake su tutti, non è mai stata in grado di fermare l’attacco di Washington. Che, appoggiandosi su un Kirk Cousins scolastico, su un Jordan Reed finalmente sano e sulle corse di Alfred Morris, ha macinato un drive da 12 giochi e quasi 7 minuti e mezzo, un secondo (dopo un rapido 3/out di Miami) da 10 giochi e più di 5 minuti e un altro da 17 giochi e quasi 9 minuti. Il problema è che da tutto questo tempo di possesso i Redskins hanno saputo cavare solo 10 punti, derivati da un calcio di Kai Forbath e da un touchdown di Reed. Nel mezzo, oltre a pochissimi Dolphins, anche un intercetto di Cousins che Miami non riesce a capitalizzare fallendo miseramente anche un 4°/1 giocato alla mano.

10-0 Redskins a meno di due minuti dal riposo, quindi. E solo qui inizia la partita di Miami. A Ryan Tannehill e a un attacco Dolphins improvvisamente risvegliatosi bastano 1’22” per coprire 80 yard in 9 giochi e segnare con Rishard Matthews il touchdown del 10-7 su cui si va il riposo. Si pensa che questa azione in extremis dia slancio a Miami e che nel secondo tempo gli ospiti, sulla carta superiori, possano prendere in mano la partita. Invece no.

Il secondo tempo vede i Dolphins più presenti ma sempre attenti a non fare dimenticare i difetti dello scorso anno: l’incapacità di concretizzare, ad esempio. Il primo drive dopo il rientro si chiude con Tannehill che – sackato – perde palla sulle 22 avversarie e con una rincorsa generale allo sferoide prolato che rimbalza impazzito fino alle 40 yard di Miami dove finalmente i Redskins lo ricoprono. Da qui si innesta un ciapanò da parte di entrambe le squadre che dura tutto il terzo quarto, interrotto solo ad inizio del quarto periodo quando il rookie Andrew Franks calcia per Miami il field goal che pareggia la partita.

I Redskins riprendono il pallone dopo il touchback ma solo per infilare un drive con (nell’ordine) una penalità da 10 yard, un passaggio incompleto, una penalità per personal foul da 6 yard e, al terzo down, due penalità contemporanee che i Dolphins si permettevo anche di declinare perché tanto il drive non era comunque stato chiuso. Così, fra l’entusiasmo del pubblico, Washington va al punt e lì Jarvis Landry (ormai un vero playmaker fatto e finito) piazza l’highlight della giornata con un ritorno di punt da 69 yard che lo porta, senza che nessun difensore lo tocchi nemmeno, in end zone  per il 17-10. Sarà il risultato finale perché da lì in poi, a parte un altro intercetto lanciato da Cousins, succede poco.

Alfred Morris Redskins
121 yard per Alfred Morris

I padroni di casa forse non hanno meritato fino in fondo di perdere questa partita. In fondo, quando domini per metà gara, forse non meriti di perdere. Però, d’altro canto, quando domini e non segni, forse ti puoi anche aspettare di perdere, specialmente se gli altri sono più forti di te.

La realtà (o almeno quella che appare dopo una sola partita), in effetti, è questa: che questi Redskins non sono più forti dei Dolphins e forse non lo sono neanche di molte altre squadre nella NFL. Nel roster comunque qualcosa di buono c’è: Alfred Morris (25 portate e 121 yard contro “i babau”) è senza dubbio un ottimo runner, come Jordan Reed, quando è sano (e ieri lo era: 7 ricezioni, 63 yard e 1 touchdown), è un ottimo tight end. E nel resto dell’attacco ci sono altre buone individualità: DeSean Jackson (ieri infortunato, ahia), Pierre Garcon, il LT Trent Williams.
La chiave è senz’altro nel posto di comando, ma forse non tanto nel valore dei quarterback a roster (che pure hanno i loro limiti) ma nell’incertezza continua che si perpetua e che nella storia recente di Washington ha portato 16 diversi titolari negli ultimi 16 anni. Volendo infierire, quello che è durato di più è stato Jason Campbell, il che dice molte cose. La sfortuna e – soprattutto – gli errori di gestione sembrano aver azzoppato definitivamente anche l’interessante e costoso esperimento Robert Griffin III e, ora, questa è la squadra di Kirk Cousins ieri 21/31, 196 yard, 1 touchdown e 2 intercetti.
L’ex capitano degli Spartans ha sicuramente delle doti, che in certe occasioni si vedono, ma deve migliorare molto nella capacità di prendere decisioni, perché si vede anche la sua propensione a lanciare a caso (che nella NFL molto spesso significa intercetto). Come sempre, dipenderà dalla volontà dei Redskins di lasciargli il tempo necessario per imparare dai propri errori.

Il tempo, però, è merce rara, e a Miami Joe Philbin lo sa benissimo. Quest’anno, visto che si diceva che lo scorso anno Miami non riusciva a difendere sulle corse e la difesa era molle, il suo capo ha rotto il salvadanaio (ok, diciamo uno dei suoi molteplici salvadanai) per portare al caldo della Florida nientemeno che Ndamukong Suh, probabilmente il meglio che si poteva comprare in termini di DT, running defense e ‘nastiness’. E poi, tutta una serie di altri giocattoli per l’attacco (Kenny Stills, Greg Jennings, Jordan Cameron…). Senza dimenticarsi, come ciliegina sulla torta, il rinnovo di contratto per Ryan Tannehill, a gridare al mondo che questa, ora, è la SUA squadra. Della serie: caro Joe, è tutto molto bello ma, dopo tre anni fuori dai playoffs, spesso piangendo lacrime amare in dicembre, quest’anno servono i risultati.

Dolphins Redskins
Lotta per il pallone

Eh, certo. Però la partenza non è stata poi questo granchè. La strombazzata linea di difesa è stata portata a a spasso dalla linea offensiva di Washington ed è riuscita a mettere le mani addosso a Cousins solo una volta con il rookie Jordan Phillips (Cameron Wake, impalpabile per tutta la gara, c’era riuscito un’altra volta ma una penalità aveva vanificato il sack); se il quarterback di Washington ha avuto dei problemi questi non sono stati certo dovuti alla pass-rush dei Dolphins. In generale tutto il reparto difensivo ha avuto problemi a limitare i Redskins e l’impressione è che l’infortunio che ha tolto dal campo DeSean Jackson nelle prime fasi della partita sia stato una benedizione per Miami, che si è trovata un problema in meno.

L’attacco ha girato a sprazzi. I limiti attuali della linea offensiva si sono visti tutti: Tannehill è stato messo a terra tre volte, il running game ha girato poco e quando Brandon Albert è uscito zoppicante dal campo tutti i tifosi Dolphins si sono trovati all’unisono a fare gli scongiuri. Fortunatamente per loro, non si è trattato di nulla di grave.
Jarvis Landry (8 ricezioni, 53 yard) e Jordan Cameron (4 ricezioni, 73 yard) hanno già fatto capire che il loro contributo alla causa quest’anno sarà pesante, specialmente – per quanto riguarda il secondo – dopo l’infortunio a Deon Sims che ha costretto i Dolphins a tagliare LaMike James per reinserire a roster un secondo TE.
Ryan Tannehill (22/34, 226 yard, 1 touchdown) ha prodotto una gara in cui ha mischiato doti e difetti, mancando ricevitori aperti e forzando alcuni lanci che solo per fortuna non si sono tramutati in intercetti. Però ha fatto vedere anche buone cose e bei lanci, mettendo in mostra almeno in parte i progressi che gli sono stati accreditati in questa off-season. E, del resto, aver finito con un rating di 93.5 in una gara che tutti ti hanno giudicato così così riporta un po’ le cose nella giusta luce: un prestazione non buona ma comunque solida. Fra sette giorni, a Jacksonville, la controprova.

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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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