Se qualcuno magari più avanti negli anni ha ancora memoria di un epico duello fra Manning e Marino o di un Fitzpatrick che guida ad una insperata vittoria una banda di scappati di casa, vi anticipiamo che la partita di ieri tra Dolphins e Colts non è stata proprio su quei livelli.
Le due squadre stanno galleggiando più o meno nelle stesse acque e la sovraimpressione di FoxSports prima del kickoff ha evidenziato il problema più serio che entrambe devono trovarsi a gestire: la disponibilità del proprio quarterback titolare. Richardson ha perso in un anno e poco anche più partite di quante ne abbia saltate Tagovailoa nella sua tribolata carriera. Ma mentre il QB dei Colts è ancora nella Rookie Contract Window, Miami è andata all in con Tagovailoa, forte della spettacolare stagione 2023. Il punto però è proprio questo: Miami per adesso ha segnato 70 punti in 6 partite. Lo scorso anno è stata in grado di mettere gli stessi punti in una partita sola. Ora, non è realistico aspettarsi tutte le volte un fuoco d’artificio perenne dai cetacei (ricordiamo sempre che le squadre in campo sono due…), ma forse il football visto nelle ultime quattro partite è una punizione eccessiva per una fan base che già di suo non è tra le più calde.
Sulla partita c’è veramente poco da dire: giudizio sintetico sarebbe “brutta”, giudizio tecnico sarebbe “brutta come una caduta dalle scale”.
Indy fa rientrare Richardson anche per sgrezzare un po’ il ragazzo, che atleticamente ha un potenziale fuori catalogo ma va “configurato” bene per la NFL, considerando che ancora non è alla sua decima partita. La difesa paga la mancanza di Speed ma tiene, l’assenza di Jonathan Taylor è compensata decisamente dall’ottima prova del comitato Sermon-Goodson. Le due squadre si scambiano punt e poco altro fino a quando i Dolphins vanno a segno con uno screen portato in TD da Jonnu Smith.
La partita chiaramente finisce con l’infortunio del volenteroso Huntley, perchè è ovvio che Tim Boyle non ne ha per giocare in NFL. Indianapolis allunga con due FG di Matt Gay, e il “doink” di Sanders costringe Miami ad avere solo l’opzione dei sette punti nel drive della disperazione.
I Colts si portano sul 4-3 e sono molto in gioco in una division che probabilmente vedrà i Texans vincere in pantofole, perchè Titans e Jaguars per adesso sembrano in serie difficoltà.
C’è di buono che forse è davvero cominciata la curva di apprendimento di Tony Richardson, giocatore che ha la possibilità di far venire parecchi mal di capo ai DC avversari quando è sano e in giornata (non ieri, scanso equivoci…). Ricevitori migliorabili, eccezion fatta per Pittman. Interessanti i due rincalzi di Jonathan Taylor. Buona OL, difesa non stratosferica ma che fa quanto basta contro una squadra che non era nella sua versione migliore, eufemisticamente.
I Dolphins, seppur con uno striminzito 2-4, restano secondi in una division che i Bills potranno vincere con una mano legata dietro la schiena e paradossalmente non hanno un calendario così proibitivo, ammesso che riescano a tenere in squadra il loro numero 1 (in tutti i sensi). Notiamo che non si esce da questo punto: la presenza di Tagovailoa è una discriminante totale fra una squadra che può fare qualcosa (anche se in involuzione rispetto allo scorso anno) e una squadra difficile da guardare per una partita intera. Ci sono troppi se e troppi ma a South Beach. Ognuno fa il suo ma non nel clutch time (Sanders…), alcune chiamate e la gestione del cronometro non depongono propriamente a favore di coach McDaniel. difesa che tiene ma ogni tanto deve capitolare perchè passa troppo tempo in campo, la OL che migliora ma non è nemmeno parente di quella dello scorso anno… il futuro è decisamente poco leggibile.
Nel complesso, Colts e Dolphins sono due squadre ancora da decifrare e, inevitabilmente, la partita non è stata fra le migliori.