
Life without AB: L’esame di maturità di JuJu Smith-Schuster
Già da febbraio avevo in mente di analizzare quella che, secondo me, è stata la vicenda più interessante della scorsa offseason, l’avvicendamento tra JuJu Smith-Schuster e Antonio Brown nel ruolo di wide receiver one dei Pittsburgh Steelers. Il motivo è che, sia a livello tecnico che a livello caratteriale, JuJu ed AB sono agli antipodi di come si possa interpretare il ruolo di Wide Receiver. Prima di addentrarsi nel lato tecnico di questo passaggio di consegne epocale, è importante fornire qualche spunto per inquadrare i due personaggi.
- Introduzione
- Shoes too big to fill: Il canto del cigno di AB
- Esperimento fallito
- La dura vita del WR1
Introduzione
Se seguite anche solo da lontano la NFL sapete tutto della offseason completamente folle di AB, dall’addio agli Steelers alla firma con i Raders, dall’ustione da freddo alle bizze per il casco fino all’arrivo ai Patriots. AB è l’ultima reincarnazione del diva wide receiver, personaggio dalla tradizione gloriosa i cui massimi esponenti negli ultimi vent’anni sono stati Terrell Owens, Chad Ochocinco e OBJ. Si tratta di atleti fenomenali, fin troppo consapevoli del proprio talento, totalmente dipendenti dalla luce dei riflettori e disposti a fare qualunque cosa per restarci, dal presentarsi in elicottero al training camp allo scendere in campo con un orologio da 350K al polso.

Dalla parte opposta dello spettro ci sono quei ricevitori molto meno egocentrici, che pensano prima alla squadra e poi alle statistiche personali, che non esigono quindici target a partita e, più in generale, evitano atteggiamenti da prima donna. Basta pensare a mostri sacri come Larry Fitzgerald o Julio Jones. JuJu Smith-Schuster è simile a questi ultimi nel rapporto con il proprio ego e con i compagni, ma anziché essere introverso come Fitz e Julio è un personaggio incredibilmente solare, che lascia trasparire una genuinità difficile da incontrare nello sport professionistico. Se lo seguite su Instagram saprete che ama giocare a Fortnite con il suo amico Ninja, ha un bellissimo bulldog francese di nome Boujee e ha passato la offseason a organizzare partite di gavettoni in un parco pubblico di Pittsburgh.
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Insomma, JuJu è molto forte, sembra un bravo ragazzo e sta simpatico a tutti, soprattutto ai suoi compagni di squadra, che lo hanno votato MVP della scorsa stagione, un premio che era andato a Brown due volte nei tre anni precedenti.
Ovviamente, da persona a modo e assolutamente poco permalosa, AB ha reagito con classe, complimentandosi con il giovane compagno per un premio così prestigioso. Beh, più o meno..

Dopo essersi fatto terra bruciata attorno, lo scorso marzo Antonio Brown ha forzato una trade verso gli Oakland Raiders, separando quella che è stata una delle coppie di ricevitori più devastanti degli ultimi anni.
Con AB infatti gli Steelers non hanno solo perso il talento di un futuro Hall of Famer, ma quello che, come vedremo, era il compagno di reparto ideale per JuJu.
Ho cercato di analizzare gli aspetti principali di questa vicenda dal punto di vista tattico per capire cosa significhi per l’attacco degli Steelers la perdita di Brown, e le conseguenze del suo addio sul rendimento di Smith-Schuster.
Shoes too big to fill: Il canto del cigno di AB
Iniziamo riavvolgendo il nastro fino alla sedicesima giornata dell’anno scorso. Gli Steelers ci arrivano con il fiatone dopo una stagione sulle montagne russe: hanno sprecato il vantaggio accumulato sulle concorrenti per i playoff, ma arrivano in Louisiana con il vento in poppa dato dalla grande vittoria contro i Patriots in Week 15, pronti a dar battaglia contro i New Orleans Saints.
In quella che sarà la sua ultima apparizione in giallonero, Antonio Brown mette in piedi un capolavoro assoluto, un bignami di cosa significhi essere un WR d’élite in 175 yard e 2 touchdown.
È come se AB avesse voluto salutare i propri tifosi nel modo più crudele possibile, come la fidanzata che prima si mette in tiro, poi ti dà buca al ristorante, ti lascia e sei mesi dopo scopri che ha iniziato ad uscire con il tuo peggior nemico.
Per capire il vuoto di talento lasciato da Brown bastano due giocate della partita contro i Saints.
Siamo nel secondo quarto, gli Steelers affrontano un terzo e dieci e tutto lo stadio sa che Ben cercherà AB. Lo sanno anche i Saints, che provano ad ingabbiarlo con una safety, un linebacker e un cornerback. Tutto inutile.


La seconda azione arriva nel momento più difficile della partita, un 4th e 15 durante il drive della possibile rimonta finale, quando AB ha tolto le castagne dal fuoco agli Steelers con la sua giocata più iconica, il toe tap, una ricezione praticamente indifendibile anche per i migliori cornerback della lega (minuto 2.28 del video).
Oltre a mostrare che fenomeno sia Brown, quella ricezione mostra il genere di telepatia che sussiste tra AB e il suo quarterback Ben Roethlisberger. Guardate l’esitazione con cui Ben prima di lanciare il pallone aspetta il taglio di AB, che si contorce lungo la sideline, pianta il piede destro e trascina la punta del sinistro. First down Steelers.
Mentre AB indossava il costume da Batman, JuJu era perfettamente a suo agio nel ruolo di Robin, punendo le attenzioni dei Saints verso Brown con 115 yard. È la formula magica che ha permesso a JuJu di macinare 1400 yard la scorsa stagione: con le difese avversarie costantemente terrorizzate da AB, Smith-Schuster ha scorrazzato nelle praterie a sua disposizione.
A questo punto, è fondamentale inquadrare tatticamente JuJu. A differenza di AB, che come la maggior parte dei migliori wide receiver preferisce partire dall’esterno, il numero 19 è principalmente un Big slot, ovvero un ricevitore che viene schierato appunto nello slot, quindi più spostato verso l’interno del campo, ma rispetto ai tipici slot receiver agili e brevilinei (pensate a Julian Edelman o Cole Beasley) è dieci centimetri più alto e 20 chili più pesante.
JuJu è inoltre un giocatore orizzontale più che verticale. Con una 40 yard dash da 4.59 secondi, non ha la velocità pura per spaventare i cornerback in profondità e non ha neppure un route running sofisticato come quello di AB, ma con la palla in mano è un mismatch garantito contro il 90% dei cornerback della lega. Basta vedere il grafico del suo impiego, che potete trovare in questo video di Samuel Gold dedicato proprio a JuJu: l’80% dei suoi target è venuto da tracce corte.
Il motivo di questo utilizzo è che JuJu è straripante fisicamente, e dà il suo meglio nello short-intermidiate. Il modo migliore per utilizzarlo è quello di fargli arrivare l’ovale nelle prime cinque-dieci yard e permettergli di guadagnare le altre dopo la ricezione.
Non a caso, delle 1426 yard guadagnate nel 2018, quasi 600 sono arrivate after the catch, il dato più alto nella lega.
Ironicamente, durante la partita con i Saints, proprio cercando di guadagnare extra yards palla in mano JuJu è incappato in un fumble che, come ha notato crudelmente Antonio Brown, ha pregiudicato la stagione degli Steelers, interrompendo il drive della possibile rimonta.
Sarebbe facile puntare il dito contro l’errore di JuJu contrapponendolo al toe tap di AB. Ma sarebbe anche estremamente scorretto, perché JuJu in sole due stagioni si è dimostrato clutch in numerose occasioni. Del resto, un fumble pesante può capitare a tutti, anche al miglior running back della storia della franchigia.
Ad ogni modo, l’efficienza di JuJu nel 2018 è dipesa principalmente da due fattori: dove veniva schierato in campo e il tipo di ricezioni che effettuava. Entrambi erano garantiti in larga parte dalla presenza di Antonio Brown, che offrendo una dimensione verticale all’attacco e occupando le difese apriva gli spazi vitali per il gioco medio-corto di JuJu.
Esperimento fallito
Qualche giorno dopo il capolavoro contro i Saints, Antonio Brown ha fatto quello che fanno le dive: i capricci. Non si è presentato ad un allenamento in settimana e per tutta risposta Mike Tomlin lo ha punito escludendolo dal decisivo finale di stagione contro i Bengals.
Con una manciata di giorni a disposizione per preparare la strategia offensiva senza AB, gli Steelers hanno optato per la mossa apparentemente più logica: chiedere al secondo miglior ricevitore di fare le veci del miglior ricevitore, catapultando JuJu nel ruolo di Batman. Lo si è capito dal posizionamento in campo: se nella stagione 2018 JuJu è partito dallo slot nel 60% dei casi, contro i Bengals la percentuale è crollata a 35. L’esperimento di spostare JuJu sull’esterno è andato malissimo, visto che in una partita fondamentale gli Steelers hanno messo a referto la miseria di 13 punti (media stagionale di 26,5) e 343 yard di total offense (403 per la stagione) e JuJu 37 yard su 5 ricezioni, molto al di sotto dei suoi standard.
Innanzitutto, bisogna riconoscere i meriti della difesa dei Bengals, che ha approfittato alla grande delle difficoltà di un attacco orfano della sua superstar. Basta vedere la pick 6 di Shawn Williams nel secondo quarto.


Su questa azione JuJu non ha nessuna colpa, visto che ha vinto il matchup con il suo cornerback. L’errore è di Ben, ma il modo in cui i Bengals l’hanno forzato racconta parecchio di come le difese possono sfruttare l’assenza di Brown: siamo sicuri che con AB in campo i Bengals avrebbero lasciato un cornerback in un 1vs1 sull’esterno contro Brown, e che avrebbero spostato Shawn Williams nella zona di competenza di JuJu?
Quello che rendeva devastante la coppia AB-Big Ben era che l’intesa costruita nel corso degli anni permetteva ai due di trovarsi ad occhi chiusi, soprattutto quando si trattava di improvvisare per convertire i terzi o quarti down più disperati. Lo abbiamo visto contro i Saints e in decine di altre situazioni.
Contro i Bengals gli Steelers hanno invece faticato a muovere le catene, visto che la conversione di terzi down è passata dal 44.3% di media stagionale al 33.3%.
Gli Steelers si sono rivelati troppo vulnerabili alla strategia dei Bengals, che in un’occasione hanno annullato JuJu con un raddoppio, contenuto gli altri ricevitori in uno contro uno dando tempo alla linea difensiva di atterrare Big Ben.
In un’altra hanno invece finto il raddoppio di JuJu per ingannare Ben.


Mostrando questi due sack non voglio dire che JuJu sia di per sé un receiver carente nei terzi down, anzi, nel 2018 ne ha convertiti a volontà, sfruttando la sensibilità del suo route running e la fisicità del suo rilascio per muovere le catene.
Ma lo ha fatto in un contesto ideale alle sue caratteristiche, per lo più contro il secondo cornerback avversario in man coverage oppure, con la difesa avversaria a zona, contando su una copertura dilatata dai raddoppi dedicati ad AB. Se tornate al terzo e dieci contro i Saints, vedrete che mentre Brown era sostanzialmente triplicato, JuJu era sul lato opposto del campo a duellare contro una solo difensore avversario.
La dura vita del WR1
Ora che le condizioni sono cambiate, nel ruolo di indiscusso WR1 JuJu dovrà prepararsi al trattamento dei migliori cornerback della lega. Ne ha avuto un assaggio contro i Patriots nel Sunday night di Domenica scorsa. Una partita in cui gli Steelers sono stati dominati su entrambi i lati, perdendo 33-3. A JuJu non è bastato tornare nel suo terreno di caccia ideale, lo slot (dove è stato schierato addirittura nel 78% degli snap) per avere risultati migliori rispetto alla prestazione scialba contro i Bengals. Gli 8 target per 78 yards guadagnati contro i Patriots sono fuorvianti, perché 4 delle 6 ricezioni sono arrivate quanto la partita non aveva più un senso, con New England avanti di più di venti punti.
A mio avviso, le cause del pessimo Sunday night di JuJu sono principalmente tre.
Primo, la qualità degli avversari. Bill Belichick ha fatto quello che sa fare meglio, cancellare dal campo la migliore arma offensiva avversaria. Lo ha fatto in passato incartando AB e si è ripetuto con JuJu, che oltre ad essere raddoppiato ha dovuto duellare tutta partita con uno dei migliori cornerback in circolazione. Infatti, secondo quanto ho riscontrato studiando il game tape, Stephon Gilmore è stato francobollato a JuJu nel 67% degli snap giocati dal numero 19, dato che sale a 74 se si esclude un drive interamente saltato da Gilmore.

Ora, ovviamente non tutte le squadre hanno i mezzi dei Patriots, e contro difese meno diaboliche la produzione di JuJu tornerà sicuramente a salire, ma questa lega pullula di cornerback formidabili e di menti difensive abbastanza brillanti da sfruttarli per rendere la vita del numero 19 molto più difficile che in passato.
In una delle pochissime occasioni in cui gli è stata data fiducia su una deep crosser JuJu ha battuto chiaramente Gilmore in man coverage, portando a casa 19 yard. Eppure, e qui arriviamo al secondo problema, Ben lo ha cercato poco e male. Soprattutto nel primo tempo, il quarterback degli Steelers si è ostinato a lanciare verso un imbarazzante Donte Moncrief (10 target, soli tre catch e una manciata di drop da ergastolo) e Ryan Switzer, finendo per snobbare Vance Mc Donald e lo stesso JuJu, sulla carta i due ricevitori più quotati ed affidabili a sua disposizione.

È difficile stabilire quanto sia stata colpa di Ben e quante responsabilità vadano attribuite al playcalling di Randy Fichtner, la terza causa delle difficoltà di JuJu. L’offensive coordinator si è rifiutato costantemente di coinvolgere Smith-Schuster chiamando giocate pensate per lui. In diverse azioni sembrava che Fichtner si fosse rassegnato ad eliminare JuJu e Gilmore dall’equazione, giocando 10vs10. Come al solito, gli Steelers sono caduti nella trappola di Belichick, accettando le regole dettate dai Patriots, anziché provare a sfidarle con coraggio.
Per capirci, anche quando era palese che Gillmore era fisso in marcatura su JuJu, Fichtner non ha chiamato nemmeno un rub concept, una combinazione di tracce letale contro la man coverage, che prevede un blocco in stile cestistico ideale per liberare JuJu nei primi metri e permettergli di fare danni after the catch. Né si sono visti screen pass, nemmeno nelle rare occasioni in cui i Patriots hanno messo Hightower (un linebacker) in marcatura su JuJu.
La qualità di Gillmore, le decisioni di Ben e il playcalling scadente hanno contribuito alla seconda prestazione abulica di JuJu su due partite senza AB, e se contro i Bengals l’attenuante era la mancanza di tempo, non ci sono scuse per la partita contro New England, visto che gli Steelers hanno avuto un’intera offseason per prepararsi ai Patriots.
Il coaching staff di Pittsburgh deve trovare al più presto una risposta all’equivoco tattico in cui è caduto JuJu. Forzarlo in un ruolo non suo (come è stato fatto contro i Bengals) non sembra un’opzione percorribile, come non lo è nemmeno pensare di utilizzarlo come l’anno scorso nonostante le condizioni siano completamente diverse.
Quindi, come si esce da quello che questo vicolo cieco? Se avessi una risposta precisa non sarei in Brianza a scrivere dal terrazzo di casa mia, ma ad Heinz Field a lavorare sul game plan in vista dello scontro con i Seahawks.
Quello di cui sono convinto dopo ore passate a sviscerare le ultime tre partite degli Steelers è che in questa fase della sua carriera JuJu resta un giocatore con pregi e difetti ben definiti, che non può prescindere da un contesto in grado di supportarlo esaltando i primi e nascondendo i secondi.
A proposito di pregi, in questo momento di difficoltà JuJu ha dimostrato che uno dei suoi migliori attributi è una maturità inaspettata vista la giovane età.
Anziché prendersela con i compagni o accampare scuse, si è assunto in pieno le responsabilità del fiasco offensivo di Domenica. Lo aveva fatto anche dopo il fumble contro i Saints, postando una sua foto in ginocchio con la didascalia “When I’m at my lowest, I’m not going to hide. I’m sorry. That loss was on me. I let everyone down, it won’t happen again,”
Per quanto JuJu abbia accettato il ruolo di leader nello spogliatoio, a livello tecnico non è ancora pronto a portare da solo il peso dell’eredità di AB. Ed è anche abbastanza intelligente da non farne una questione di ego. Intervistato a caldo dopo la sconfitta con i Patriots, ha dichiarato che Antonio Brown (senza nominarlo direttamente) non si sostituisce con un altro giocatore, ma con il contributo di tutti. Sarà necessario lo sforzo coordinato di allenatori, quarterback e receivers per evitare un tracollo offensivo che gli Steelers non possono permettersi.