[NFL] Week 17: Ai Saints il match dell’onore (New Orleans Saints vs Atlanta Falcons 20-17)

I New Orleans Saints chiudono la stagione vincendo “on the road” contro gli acerrimi rivali di Atlanta.
Per espugnare il Georgia Dome è bastato un late field goal di Kai Forbath che, a 3 secondi dal termine, ha infilato l’ovale tra i pali consentendo a Sean Payton di evitare la prima stagione da 10+ sconfitte.

Questo match, di per sé, risultava totalmente inutile ai fini della classifica.
Infatti entrambe le squadre, essendo ampiamente fuori dalla corsa playoff già da domenica scorsa, potevano lottare solo per difendere il proprio onore; ma dopo una stagione deludente come questa e soprattutto, considerando che la sapiente tecnica di creazione della schedule attuata da Goodell nel 2010, ti ha messo di fronte ai tuoi acerrimi “nemici”, l’onore diventa un motivo più che sufficiente per volere a tutti i costi la vittoria.

Per i Falcons, si trattava quindi dell’opportunità di regolare i conti con la squadra che, qualche mese prima, aveva interrotto la striscia di 5 vittorie consecutive, gettandoli in un baratro dal quale erano poi usciti troppo tardi.
Per i Saints, invece, era un’ennesima occasione per dimostrarsi la loro bestia nera, registrando la 15° vittoria nei 20 scontri diretti sotto l’era Payton.

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In realtà, dietro ogni partita che vede di fronte queste due squadre, c’è un abisso di motivazioni molto più profondo che ha origini storiche, geografiche e di competitività che, attualmente, fa sì che Falcons-Saints sia considerata la rivalità più sentita e accesa dell’intera NFL (con buona pace dei sostenitori di Green Bay e Chicago).

Alla luce di tutto ciò, non sorprende più di tanto che una moltitudine di fan gigliati abbiano affrontato le oltre 7 ore di pullman e, al grido “Who Dat”, siano approdati in Georgia per partecipare all’ennesima battaglia di quartiere, la cui posta in gioco altro non era che l’orgoglio e la supremazia di uno stadio, calato in un’atmosfera tanto colorata quanto surreale.

Quelli che si aspettavano un match aperto, cesellato di bombe profonde e trick play, saranno certamente rimasti delusi, perché la partita è stata quanto mai vera; giocata con il ritmo, l’agonismo e la determinazione di chi si sta giocando il tutto per tutto e dove ogni yard, per citare il discorso di un Tony D’Amato di Al Paciniana memoria, può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta, tra vivere e morire.

Drew Brees New Orleans Saints

Sì, forse vivere e morire è eccessivo, a maggior ragione se non viene contestualizzato nel discorso completo di quel coach, ma domenica, per molti, significava più di un divisional weekend qualsiasi; per molti (Drew Brees e Matt Ryan su tutti), poteva implicare una conferma o un taglio dal roster.
Il quarterback dei Saints, anche ad Atlanta, ha registrato una prestazione fenomenale, completando 32 passaggi su 42 tentativi per 323 yard a cui si aggiunge uno straordinario TD pass per l’eterno Ben Watson.

La sua 96ima partita da 300+ yard stabilisce un record NFL e nel complessivo porta le yards lanciate dal 9 nero-oro in stagione a 4870, infrangendo così l’ulteriore record di 7 stagioni da 4500+ yard (6 consecutive).
Però, benchè il suo valore non sia assolutamente in discussione, la sua situazione contrattuale risulta alquanto scomoda.
Infatti, Brees ha ancora una stagione a contratto che impatterà all’incirca di 30 milioni sulla salary cap del prossimo anno e, malgrado i Saints possano abbattere questa cap prolungandogli il contratto, il buon vecchio Drew è prossimo ai 37 anni (15 gennaio).
Il QB ha così chiarito la sua posizione:

“I want to play for the Saints, I don’t want to play for anybody else.”

Per quanto concerne Ryan la situazione è sostanzialmente diversa; il suo contratto infatti non scadrà prima del 2018 e Matty “Ice” ha da poco varcato la soglia dei 30.
I dubbi sul suo conto sono prettamente legati alle prestazioni mostrate in questa stagione, nella quale, malgrado a sprazi abbia fatto vedere tutte le sue potenzialità, è considerato il principale colpevole del fallimento playoff.

Quest’ultima partita è stata il perfetto specchio della sua stagione.
In quasi tutti i drive si è visto un game plan più vario del solito eseguito con una buona precisione e i possessi cruciali sono stati conclusi con un bellissimo screen pass trasformato in un TD da 42 yard dal TE Tony Moeaky, che è valso il 7 a 3, e da un ottimo drive sullo scadere di primo tempo, terminato con il TD pass da 4 yard per Devonta Freeman, che ha mandato a riposo le squadre sul 17-14 per i falchi.

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I primi 3 quarti di ottimo football sono però stati totalmente cancellati da un ultimo sciagurato possesso nel quale, con 1’ e 47’’ da giocare e 3 time out a disposizione,Ryan ha lanciato una palla centrale di facile lettura che è valsa l’intercetto di Jamarca Sanford (1° int dal 2011 quando vestiva la magia dei Vikings) e, ovviamente, la partita.
Il QB a fine partita si giustificherà dicendo:

“it got muddied inside and I didn’t see (Sanford) coming on the left side. A bad decision on my part and a disappointing way to end the season.”

Il 24/36 per 334 yard e 2 TD con cui chiuderà, sono numeri di tutto rispetto ma perdono ogni valenza se accompagnati da quell’errore che, troppe volte quest’anno, è costato la partita ai Falcons.

Una nota lieta per i Falcons è certamente l’avere ritrovato in Devonta Freeman un RB da almeno 1000 yard stagionali; era dai tempi di Michael “the burner” Turner (2011) che Atlanta non aveva un gioco di corsa credibile.
Il 24 rosso, fresco di convocazione al pro bowl, è risultato pressochè infermabile nella prima metà e le 81 yard finali hanno portato il bottino stagionale a 1061 yard condite da 11 TD.
La prestazione è stata macchiata solo da un fumble sulle 3 yard avversarie in pieno quarto periodo che ha dato il via ad un goffo scambio di favori, al quale hanno partecipato prima Travaris Cadet, che sul possesso successivo ha ricambiato il favore, perdendo il controllo dell’ovale sulla linea di 1 yard dei Falcons, e poi il tackle Andy Levitre, che, con meno di 3 minuti da giocare e con Atlanta in pieno field goal range, ha commesso un inutile personal foul costringendo i suoi al punt.

Devonta Freeman Falcons

Ottime le prestazioni dei due tight end.
Da una parte Benjamin Watson si è confermato mattatore dei falchi ribadendo l’ottima prova dell’andata.
Le sue 6 ricezioni per 59 yard sono accompagnate da un catch di rara bravura e difficoltà che in un primo momento era stato considerato incompleto, decisione poi giustamente convertita dagli arbitri nel TD che è valso il parziale 14-10. I challenge forse rallentano leggermente il gioco ma evitano che un errore arbitrale vanifichi un’azione così spettacolare e, soprattutto, che rischi di compromettere una partita.
Evidentemente, in altri sport, le priorità sono altre.
Buonissima è stata anche la prestazione del TE ex Colts Jacob Tamme che, alle 4 ricezioni per 61 yard, tra cui l’impossibile catch con una mano su un 3rd e 10, ha aggiunto una solida prova da bloccatore.

Per Julio Jones andrebbe aperto un capitolo a parte.
Ormai le giocate che per gli altri sono eccezionali, per lui sono pura normalità e così una partita senza prese disumane e senza segnature rischia di passare inosservata; ma poi alla fine, ripensando alle azioni, viene in mente che l’11 rosso quella palla l’ha toccata diverse volte, allora si vanno a consultare le statistiche e queste recitano: 9 ricezioni, 149 yard.
In totale la sua strabiliante stagione si conclude con 2 all time record sfiorati e nulla più.
Infatti, i suoi 136 catches superano i 129 di Antonio Brown dell’anno scorso ma si fermano al secondo posto dietro ai 143 di Marvin Harrison del 2002.
Stesso discorso vale per le 1871 yard, che bastano per superare le 1848 ricevute da un certo Jerry Rice nel 1995 ma non a stabilire il nuovo record, che rimane di proprietà di Calvin Johnson e delle sue 1964 yard del 2012.

I Saints chiudono l’anno con un deludente 7-9 e ora concentreranno gli sforzi in una post season che si preannuncia bollente. Dan Quinn non riesce a portare a casa una prima stagione positiva ma l’8-8 finale lascia dei buoni margini per gli anni a venire.
Il grosso del lavoro è sicuramente stato fatto sulla difesa, che da enorme punto debole, si è rivelata spesso il reparto più solido.

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Gabriele Morelli

Ingegnere 26enne di Torino, appassionato cronico di sport trova nel football l'unione perfetta di tutti i suoi interessi. Non chiamatelo di notte... potreste disturbarlo mentre guarda una partita!

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