Gemelli diversi (Miami Dolphins vs San Francisco 49ers 29-17)

La partita giocata all’Hard Rock Stadium domenica pomeriggio è stata una semplice esposizione di quello che poteva essere e non è stato da tutte e due le parti. I Niners scesi in campo con la certezza della stagione ufficialmente finita visti i risultati della prima finestra, i Dolphins con l’obbligo di chiudere le partite casalinghe con una vittoria, se non altro per credere in loro stessi a prescindere dal miracolo di matematica combinatoria che li vedrebbe affacciarsi all’ultimo seed disponibile, sempre con la solita missione di lasciare all’ingresso cioccolatini e bibite e salutare educatamente, perchè le cose non cambiano in due settimane.

Va rimarcata la felicità quasi fanciullesca di Brock Purdy, che ha avuto l’occasione di incontrare Dan Marino, l’idolo della sua infanzia, e di scambiare qualche battuta con lui prima della partita.

I due gemelli diversi arrivano allo scontro diretto con un cammino segnato, tanto per cambiare, da una valanga di infortuni e da una somma di rimpianti che vede da una parte i vicecampioni impossibilitati a riprovare la scalata al titolo e dall’altra gli eterni “belli ma inutili” che come al solito sanno alzare la voce solo con squadre messe oggettivamente peggio.

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La partita in sostanza non regala nulla che non fosse preventivato. Niners ridotti all’essenziale, con una linea d’attacco d’occasione ma che comunque restano in partita perchè sia Deebo Samuel che (soprattutto) George Kittle sono sempre giocatori da quartieri alti. I Dolphins devono supplire a un Tyreek Hill decisamente giù di tono (due drop in end zone) con un Jonnu Smith sempre molto concreto e con un sontuoso De’Von Achane, costretto a cantare e portare la croce, fare il boia e l’impiccato, curare la partita dalla stesa delle yard sul campo ai controlli sui microfoni in sala stampa. Achane in pratica mette Tagovailoa nelle condizioni di fare poco più che il compitino, traina il suo attacco e manda i titoli di coda con un notevole TD su una corsa di 50 yard negli ultimi due minuti, ricordandoci che, seppur in assenza di Austin Jackson, schierare a destra Wynn e Lamm è una cosa, mentre purtroppo schierare Eichenberg e Carman è un’altra.
In evidenza un ottimo Jason Sanders autore di cinque field goal, con una striscia di consecutivi che cadrà al momento meno opportuno, vittima delle inesorabili sovraimpressioni televisive. Unica macchia, un kickoff buttato maldestramente fuori dalle sideline nel quarto periodo, che ha accorciato il campo per il drive dei Niners concluso col TD pass di Purdy per Saubert.

Per una analisi di quanto visto in campo, ci allineiamo rispettosi a quanto detto da Tony Romo nell’intervallo, che può sintetizzarsi con “Caro McDaniel, con questi screen anche meno, cortesemente”. I Dolphins hanno perso quella dimensione verticale del passing game che ci aveva fatto innamorare lo scorso anno quasi a prescindere dal tifo. Hill in caduta verticale di prestazioni (e non è da escludere anche di motivazioni), Waddle (assente) un po’ a tre cilindri, Mostert sente il peso dell’età e Achane viene decisamente soprautilizzato. Quest’ultimo è un giocatore veramente notevole come skill set, ma strutturalmente è il classico runner che dà il cambio di passo: è ingiocabile superato il primo blocco, ma non si può pensare di usarlo fra i tackle come un Derrick Henry a caso (con Henry ce ne escono due, di Achane…). Tutto questo stato di cose confluisce sempre sullo stesso punto: i Dolphins devono seriamente metter mano alla linea d’attacco: Armstead non regge una stagione intera (altrimenti non è in discussione), Brewer va bene, Jackson quando è sano pure, ma con una linea in cui non c’è continuità e non ci sono due guardie da NFL (Jones e Eichenberg non lo sono, secondo chi scrive), non si esce da quel loop.

La difesa dei Dolphins fa ampiamente il suo, considerando la qualità media del gruppo. Da seguire la crescita di Chop Robinson; Sieler è una garanzia, Jordyn Brooks lavora per tre, Holland in evidente involuzione nonostante il contract year, Poyer abbastanza andato. Ramsey comincia a sentire un po’ l’età ma nel complesso non si discute. Ma questa difesa ha comunque need in ogni reparto

Il discorso sui Niners è ugualmente complesso. Non si può prescindere dal numero di titolari infortunati (ultima tegola, Trent Williams). Non si regalano a nessuno McCaffrey e Aiyuk. La linea d’attacco era a dir poco rabberciata e si è visto sul finale, quando Sieler e Benito Jones hanno cominciato a dettare legge. La squadra c’è e probabilmente con le rispettive infermerie vuote non avrebbe avuto questo record che in sostanza li ha estromessi prima del kickoff iniziale e verosimilmente sarebbe venuta via dalla Florida con una vittoria, perchè il talento è quello e il sistema è rodato. Ma anche nella Baia ci sarà da lavorare in campo e fuori e da capire quanto salary cap destinare al contratto di Purdy, che chiaramente non è più Mr. Irrelevant. Qui anche Lynch si ritroverà nella scomodissima posizione del GM che deve firmare il suo franchise QB: il prezzo lo fa il mercato e non l’effettivo valore del giocatore, quindi il rischio di dover dare a occhi chiusi qualcosa intorno ai sessanta annui al ragazzo è dietro l’angolo.

Per entrambi, un Natale col sorriso un po’ triste…

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Mauro Clementi

Curioso esempio di tifoso a polarità invertita: praticamente un lord inglese durante le partite della Roma, diventa un soggetto da Daspo non appena si trova ad assistere ad una partita di football. Ha da poco smesso lo stato di vedovanza da Marino. Viste le due squadre tifate, ha molta pazienza.

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