Profondo Roster: Tampa Bay Buccaneers
Questa stagione è piena di nuove rubriche su Huddle Magazine. Ultima arrivata è Profondo Roster nella quale settimanalmente analizzeremo il roster di una squadra cercando di andare più in profondità possibile per provare a cogliere le sfumature e i “movimenti” interni nel corso della stagione.
I Tampa bay Buccaneers sono stati il team più chiacchierato dell’estate perché hanno scisso, dopo 19 anni, uno dei più grandi o, probabilmente, il più grande binomio coach-qb della storia della NFL: quello fra Bill Belichick e Tom Brady, ingaggiando il quarantatrenne regista ex Michigan.
Poi, come ciliegina, hanno recuperato dalla frenetica vita in cui si era “ritirato”, il tight end Rob Gronkowski, amico di Brady e compagno di mille battaglie del qb col numero 12.
Infine, subito prima dell’avvio della stagione, è arrivato dai “cugini” di Jacksonville, il runner ex prima scelta Leonard Fournette, reduce da tre anni turbolenti, spesso per i comportamenti non certo irreprensibili dell’ex LSU, con i Jaguars. Il tutto per cercare di risollevare le sorti di un team che non ha una stagione in doppia cifra nel computo delle vittorie da dieci anni, non gioca i playoff da tredici e non vince una gara di post season dal 2002, l’anno del Super Bowl vinto con Gruden in panchina.
OFFENSE
Partiamo da una considerazione: negli ultimi 5 anni l’attacco dei Buccaneers è stato guidato in cabina di regia da Jameis Winston, regista dal fisico possente tanto bravo a trovare i suoi ricevitori quanto efficace nel servire il pallone a quelli con la maglia diversa dalla sua, oltre ad avere una discreta propensione al fumble. Nel 2019 l’ex prodotto di Florida State ha toccato quota 30 td pass e 30 intercetti, il primo essere umano a riuscire nell’impresa, ed ha subito ben 7 pick six, cioè intercetti riportati in meta, l’ultimo dei quali, ad opera di Deion Jones dei Falcons, ha chiuso la stagione e la carriera di Winston con i Bucs.
Ah intanto però nel 2019 Winston ha anche passato per oltre 5000 yard, diventando appena l’ottavo quarterback a raggiungere una tale cifra in una singola stagione nella storia della NFL.
Con l’arrivo di Brady naturalmente la situazione è radicalmente mutata: vuoi perché il nativo di San Mateo è ben oltre le 40 primavere, vuoi perché un grande bombardiere non lo è mai stato, con lui l’attacco dei Bucs è basato su un controllo maggiore del pallone e su un numero più alto di lanci medio-corti. Il tutto filtrato dall’esperto coach Bruce Arians, uno che ama il gioco verticale, ma che naturalmente con Brady dovrà trovare una giusta via di mezzo.
In realtà l’ex Patriot ha tutto a livello di supporting cast per una grande stagione: Mike Evans e Chris Godwin sono due ottimi ricevitori, temibilissimi in profondità, con il primo che è per altro sicuramente più completo del secondo (giova tra l’altro ricordare che Evans è l’unico nella storia della NFL a essere andato oltre le 1000 yard in ognuna nelle prime sei stagioni assieme ad un certo Randy Moss). Fra i tight end ci sono il già citato Gronkowski e O.J.Howard, uno che non ha mai giocato all’altezza delle aspettative date dalla sua scelta al primo giro nel 2017, avendo al massimo portato a casa 34 ricezioni, complice anche una lunga sequela di infortuni (Howard non è ancora riuscito a giocare tutte e 16 le partite di una stagione).
E fra i runner, sia Ronald Jones che un altro nuovo arrivo, il veterano LeSean McCoy, sono atleti con mani sicure fuori dal backfield.
Interessante è stata fin qui la parabola del passing game dei Bucs: deficitario all’esordio contro New Orleans, con un Brady in giornata no (nel dopo partita il buon Tom è stato “chiamato alle sue responsabilità” da Arians, uno che non si fa problemi a dire ciò che pensa anche di fronte alle telecamere) che ha lanciato 2 td pass, due intercetti ed ha subito tre sack, il tutto per altro con un Evans quasi inutilizzabile per un problema muscolare. Poi nella seconda gara, una vittoria contro Carolina, Brady ha subito ancora un intercetto, ma è parso controllare meglio il suo attacco ed ha cercato molto di più i runner, serviti ben 11 volte (anche se per sole 43 yard).
Infine nella terza sfida contro Denver, Brady ha disputato il miglior incontro stagionale fin qui, con 297 yard lanciate, fra cui una bella sassata che ha viaggiato per quasi 50 metri, e tre mete senza intercetti, andando tra l’altro a cercare più di tutti un Gronkowski che nelle prime due giornate era quasi un desaparecido. Finora per altro sia Evans che Godwin sono stati frenati da qualche acciacco fisico, e infatti viaggiano alla media di neppure 4 ricezioni a partita, più o meno le stesse ottenute dal “piccolo” (un metro e 75) ma velocissimo Scotty Miller che ha messo in cascina 10 ricezioni alla notevole media di oltre 16 yard e mezzo, che lo rendono il leading receiver del team in fatto di yard. Poi, per carità, l’efficacia di un ricevitore non si misura solo in metri guadagnati: domenica contro i Broncos il bottino di Evans è stato di due ricezioni per due yard… e 2 mete.
Dove invece il team arancione non ha certo entusiasmato è il rushing game: contro Carolina sono arrivate 122 yard e Fournette è sembrato inarrestabile, ma sia contro New Orleans che soprattutto contro una Denver in profonda crisi nel difendere contro la corsa, i Buccaneers hanno decisamente faticato. Contro i Broncos, Ronald Jones e Fournette hanno portato a casa appena 68 yard per un attacco che è il ventisettesimo della NFL in fatto di guadagno via terra. Ronald Jones è per il momento il titolare ed è leggermente più utilizzato rispetto a Fournette sia a livello di snap che di portate, ma ha una media di 3,8 yard per run, mentre l’ex Jaguar ha sì una media di oltre 5 yard ma contro Denver si è fermato addirittura a 2,1.
La linea offensiva si sta confermando come una delle più interessanti di questo avvio di stagione nella protezione del qb nel passing game: Ali Marpet, la guardia sinistra, è uno dei migliori nel ruolo sul pass, e molto bene stanno facendo anche il centro Ryan Jensen e il tackle di destra rookie Tristan Wirfs. Il resto della linea è poi composto dalla guardia destra Alex Cappa, ultimo prodotto del piccolo college di Humboldt State che nel 2018 ha cessato il programma di football, e dal solido tackle Donovan Smith, uno che in 5 anni di carriera ha saltato appena una partita. Sulla corsa invece il quintetto denota qualche problema in più e infatti nella sfida con Denver spesso è mancata la spinta per permettere ai runner di trovare spazio sulla line of scrimmage.
DEFENSE
E se l’attacco è decisamente interessante, la difesa lo è forse ancora di più essendo, dopo tre turni, la quarta in totale per yard concesse e la terza contro la corsa. Il mobile, nonostante la stazza, Vita Vea, è la punta di diamante della linea sulla corsa e pur giocando interior lineman, ha anche all’attivo un sack, un hit e sei hurries mentre il compagno di merende Ndamukong Suh ha già messo a terra il quarterback avversario due volte. Altro elemento interessante nella rotazione dei tackle è l’esperto Williams Gholston, che pure ha contribuito con un altro sack.
Ma il vero spauracchio dei registi avversari è la batteria di edge rusher, guidata da Shaquil Barrett, autore lo scorso anno di 19 sack e mezzo, record di franchigia e miglior prestazione NFL del 2019, e in questa stagione già a quota due sack e 13 hurries. E se il malcapitato lanciatore riesce a scappare da Barrett, dalla parte opposta trova Jason Pierre-Paul, nato in Florida da genitori haitiani, che dopo una gloriosa carriera come pass rusher con i Giants, ed un periodo difficile seguito all’incidente col fuoco in seguito al quale sono stati costretti ad amputargli l’indice della mano destra, approdato ai Bucs ha ripreso a macinare quarterback (in due stagioni e un pezzettino sono 29 le presenze con Tampa Bay e 24 i sack). Il terzo della rotazione degli edge è quell’Anthony Nelson che in 13 partite disputate e circa 200 snap non è ancora riuscito a mettere a terra un qb avversario ma è sicuramente il più solido dei tre nel contrastare il gioco di corsa.
Alle spalle del temibilissimo fronte difensivo, giocano due grandi linebacker come Lavonte David e Devin White. I due non escono mai dal campo e si fanno rispettare in entrambe le fasi del gioco anche se in questo avvio di stagione David, premiato come NFC defensive player of the month, si è disimpegnato alla grande anche in copertura (ha infatti consentito 8 ricezioni su 11 passaggi nella sua direzione per appena 59 yard), mentre White si è dimostrato efficacissimo contro la corsa ma è stato bruciato ripetutamente per via aerea. Gli attacchi avversari spesso hanno preso White di mira ed infatti è l’unico difensore ad aver concesso oltre 200 yard in copertura mentre nessun altro giocatore del gruppo di coach Todd Bowles ha raggiunto la tripla cifra.
Non raramente i Buccaneers mettono pressione con 5 uomini che spesso si incrociano fra loro mettendo in difficoltà le linee offensive, soprattutto quelle con meno esperienza.
Il gruppo di defensive backs è giovane ma estremamente promettente, se pensate che nessuno dei tre cornerback titolari: Sean Murphy-Bunting, Carlton Davis e Jamel Dean, ha ancora compiuto 24 anni. Eccellenti sono anche le due safety Jordan Whitehead e soprattuto il rookie Antoine Winfield Junior. I due spesso giocano molto vicini alla line of scrimmage e questo consente loro di camuffare i blitz che finora sono stati particolarmente efficaci. Nella rotazione delle safety c’ anche Mike Edwards, il vecchio del gruppo avendo già compiuto 24 anni, che pur avendo giocato decisamente meno dei due titolari, ha comunque dato un apporto importante in copertura.
Una piccola nota di credito va anche a Patrick O’Connor, che di mestiere fa l’edge rusher e che finora è stato utilizzato pochissimo in difesa (appena 6 snap) ma ha avuto il grande merito domenica di bloccare il punt di Sam Martin dei Broncos favorendo il touchdown che ha consolidato il vantaggio dei Bucs in quel di Denver.
Head coach di Tampa Bay è Bruce Arians che è il terzo allenatore più vecchio della NFL, dietro a Pete Carroll (che ha un anno in più) e Bill Belichick e che domani festeggerà il 68° compleanno. L’ultimo team allenato erano stati i Cardinals e dopo Arizona, Arians aveva deciso di ritirarsi, salvo poi cedere alla tentazione di rientrare con Tampa Bay. E dopo averli avuti alle sue dipendenze nel deserto, Arians si è portato dietro il giovane coordinator Byron Leftwich, che è addirittura tre anni più giovane del suo quarterback titolare, ed il veteranissimo Tom Moore, uno che ha 39 anni di carriera in NFL, e che per tanti anni è stato “consigliere” di Payton Manning ai tempi d’oro dei Colts. Del coaching staff di Tampa fanno inoltre parte anche due donne, le prime coach “full time” della storia della NFL: Lori Locust, assistente alla linea difensiva e Maral Javadifar, che invece si occupa di Streght and Conditioning.
Alcuni hanno già considerato i Buccaneers, che per il momento sono solitari in vetta alla NFC South, fra i papabili per il Super Bowl e con Brady in cabina di regia non si può mai escludere nulla. Ma di strada da percorrere c’è n’è ancora molta, dal limitare penalità killer in attacco, all’evitare le pause dell’offense del secondo tempo, al migliorare un running game senza il quale nei playoff non si va lontano.
LA SORPRESA
Antoine Winfield jr: vero, tre partite totali in NFL sono poche anche solo per un giudizio approssimativo, ma il figlio d’arte (suo padre, anche lui Antoine Winfield naturalmente, è stato un ottimo cornerback per Buffalo e Minnesota in 14 anni di carriera), ha già al suo attivo 23 placcaggi, 2 sack e 3 hit e si è aggiudicato il premio come NFL defensive rookie of the month. Se il buongiorno si vede dal mattino…
LA DELUSIONE
Ronald Jones + Leonard Fournette: con l’arrivo di Fournette, i Bucs pensavano di aver una combinazione estremamente interessante di runner, ma finora il gioco di corsa, a parte l’exploit contro Carolina, è piuttosto stagnante. Parte della colpa va ad una linea offensiva non efficacissima nel fondamentale, ma Fournette spesso difetta di quella “garra” decisiva per guadagnare anche solo una yard in più e Jones fa fatica a trovare continuità di rendimento.