Jürgen Klopp e i Dallas Cowboys

Da ragazzo mi hanno sempre interessato le cosiddette, almeno allora, “subculture”. Mi interessavano quelle musicali, letterarie e di costume, una di queste era legata al movimento “Casual/Skin” (non nell’accezione filo nazista che ha preso poi nel tempo), movimento legato a filo doppio con quello delle “Terraces”, le curve inglesi. Le mie due squadre di riferimento, con le annesse tifoserie erano (e sono) Liverpool e West Ham Utd., con i “Kopites” e la “Inter City Firm”. Questa breve introduzione è per giustificare il fatto che in questo articolo parlerò anche di calcio, anzi di un allenatore in particolare, che ha letteralmente rianimato e riportato ai suoi fasti il Liverpool: Jürgen Klopp.

Perché Klopp? Perché in questo momento in cui la mia squadra del cuore NFL, i Dallas Cowboys, sono alla ricerca del loro decimo Head Coach, non posso fare a meno di pensare di quanto sarebbe necessaria a Dallas una figura come quella di Klopp.

Chi è Jürgen Klopp? È un condottiero, un leader che ha avuto l’audacia di vedere un gigante in grande difficoltà e pensare di poter essere la persona giusta per risollevare quella squadra caduta in disgrazia dopo aver vinto l’ultimo titolo nel 1990.

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25 anni dopo, alla sua prima conferenza stampa Klopp ha fatto queste dichiarazioni, lasciando chiaramente capire come il necessario cambiamento dovesse comprendere tutti, ma proprio tutti coloro che gravitavano attorno a questa Società:

“Dovete mutare il vostro atteggiamento da scettici a ottimisti (believer). Vi chiedo di credere in questa Squadra, e credere che tutti insieme possiamo raggiungere grandi obiettivi. La squadra andrà in campo a combattere per voi, per rappresentare voi tifosi, il Club e la Città intera: questo è il mio solenne impegno”

WOW!!! Pensando al football, e in particolare ai Cowboys, faccio fatica a ricordare un Head Coach che si presentasse con tale determinazione, e non desse l’impressione di precarietà che davano i vari Phillips, Garrett o lo stesso McCarthy. Eppure come stella polare dovrebbero avere leggende del calibro di Tom Landry e Jimmy Johnson, dei veri supereroi per noi tifosi Cowboys, anche perché nessuno dei due si sarebbe lasciato mai intimorire da una proprietà invadente come quella di Jerry Jones.

L’unicità di Klopp è nell’essere così genuino, così autentico e magnetico da poter “vendere” qualsiasi cosa dica. Ma quello che vende, non è solo uno stile di gioco o uno schema, ma la capacità di coinvolgere chiunque nel suo progetto: giocatori, società e pubblico. La comprensione della sofferenza di chi vede la propria squadra fallire, fallire e fallire ancora.

Quando i tuoi tifosi, anche i più fedeli e sanguigni, non credono più in te, si forma una sorta di distacco, di apatia, che non passa inosservata e che pesa sui giocatori e la squadra intera. Questa cosa che si diffonde sui media e sui social, si fa strada nella mente dei giocatori che si sentono come Atlante con il mondo sulle spalle. Penso alla faccia di Prescott durante il secondo tempo del playoff contro Green Bay del 2023 ad esempio.

Klopp ha riconosciuto questa situazione come principale problema del Liverpool. La gente, i giocatori, la squadra, hanno smesso di credere, rimane la storia e le glorie del passato. La storia rimane una parte importante del nostro sport, ma è importante solo fino ad un certo punto, e Klopp affermò:

“La nostra storia sono le nostre fondamenta, ma non ce la possiamo portare nello zainetto ovunque andiamo”

Ora, parlando di sport americani, provate a fermarvi un attimo e pensate qual è l’ultimo vostro diciamo idolo, che non fosse un giocatore. Tom Landry? Vince Lombardi? John Wooden? Quanti protagonisti di questo sport sono stati in grado di essere considerati più grandi ed importanti di qualsiasi singolo giocatore? I giocatori ormai vanno e vengono, pensano al loro prossimo contratto, in fondo la carriera nel football è così breve, lasciano sempre quell’aria di precarietà, diventano solo i protagonisti di una stagione come fosse una serie TV, e all’improvviso ti ritrovi con una squadra di 53 giocatori che giocano ognuno con un personale obiettivo: se stessi.

Se poi a guidare questo manipolo di individualisti c’è un allenatore che non detiene nemmeno lontanamente il 100% del potere sulla squadra, in quanto il proprietario è una superstar ambiziosa, presuntuosa ed arrogante, beh direi che è normale che i Dallas Cowboys si ritrovino con una fan base scettica, demoralizzata, perfino apatica, sfiduciata in tutto quello che fa questa Franchigia.

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Immaginate che il prossimo Head Coach dei Cowboys salga sul palco e dica queste cose alla sua prima conferenza, immaginate che davvero pensi che la prima cosa da fare per risollevare questa franchigia sia rivitalizzare il suo pubblico e portarlo a credere che un altro ciclo sia possibile. Attenzione, non che sia facile, non che sia certo; vincere nella NFL è molto difficile, ripetersi poi nemmeno a dirlo, ma per farlo serve unione e coesione fra tutti, Front Office, Squadra, Giocatori, Fan.

Alla fine, più ancora di vincere, e comunque Jürgen Klopp, che ha vinto e tanto con quasi 500 vittorie a fronte di 85 sconfitte in 9 anni, ha riportato l’entusiasmo di una città ai livelli dei suoi giorni migliori. Poteva vincere anche più titoli certo, ma il suo Liverpool è la squadra che detiene il primo e secondo miglior punteggio di sempre nelle stagioni di Premier in cui non ha vinto: 97 nel 18/19 e 92 nel 21/22. Ma il numero che più mi interessa, e che ci fa capire che tipo di clima Klopp abbia instaurato fra le mura amiche di Anfield, è che la sua squadra non ha perso una partita in casa per 3 anni e 272 giorni, tra Aprile 2017 e Gennaio 2021. Prima ancora di vincere Klopp ha creato una “cultura vincente”, ha unito tutti contagiandoli con il suo straordinario entusiasmo e ha creato una squadra disposta a mettere in campo tutto e anche di più per il suo allenatore, per i suoi tifosi, per i suoi colori.

Tornando al nostro parallelismo con i Dallas Cowboys devo dire che molti sono i punti in comune di questa storia. Un altro gigante che non vince da 30 anni, una fan base prima in costante fermento e ora solo rassegnata ad una situazione stagnante. E allora dico che per risollevare questa situazione i Cowboys avrebbero bisogno del loro Klopp, seppur nemmeno con un suo clone sarei sicuro che le cose potrebbero cambiare, perché dall’equazione è impossibile togliere “il proprietario ingombrante”, ma sono convinto che una personalità come quella di Jürgen potrebbe anche fare il miracolo a Dallas.

C’è bisogno di un allenatore che capisca la gente, che gli sappia parlare, che convinca i giocatori a “morire in battaglia” per lui e per la stella che portano sul casco. Un allenatore che ci torni a chiedere di sognare, e che ci conduca a conquistare i nostri sogni.

Come i Dallas Cowboys potrebbero trovare il loro Klopp? Beh credo che ci siano due aspetti fondamentali che dovrebbero realizzarsi: trovare l’uomo perfetto per questo lavoro e un tipo di scenario dove il front office deve fare un passo indietro e cedere a quest’uomo della “provvidenza” tutta l’autorità che gli serve per tornare a metterci sulla mappa della NFL che conta. Entrambe le cose sono più facili a immaginarsi che a farsi, ma serve come l’aria qualcuno in grado di instillare nuovo entusiasmo in questa gloriosa franchigia conosciuta come “America’s Team”.

“Dico sempre che il calcio sembra la cosa più importante fra le cose meno importanti” – Jürgen Klopp

Speriamo che anche per noi tifosi Cowboys arrivi un uomo così, in grado non di trasformare l’acqua in vino, ma di convertirci ancora una volta e da scettici farci tornare ferventi fedeli.

(A cura di Roberto Giani – Dallas Cowboys Italia)

Immagine di copertina generata da AI.

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Abbiamo iniziato nel 1999 a scrivere di football americano: NFL, NCAA, campionati italiani, coppe europee, tornei continentali, interviste, foto, disegni e chi più ne ha più ne metta.

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