NFL Preview 2024: Miami Dolphins

Per i Miami Dolphins l’offseason 2024 è stata parecchio tumultuosa. La free agency è iniziata con una serie di addii, più o meno evitabili ma tutti dolorosi, che hanno decimato il roster dello scorso anno e gettato nello sconforto i tifosi; poi, lentamente, il roster è stato ricostruito con attenzione ed oculatezza; il draft ha portato a Miami giocatori giovani, atleticamente dotati e da sviluppare ma con ottimi potenziali; e infine, una volta riequilibrato il salary cap, si è passati a quello che tutti si auguravano, cioè i (massicci) rinnovi contrattuali che hanno garantito la permanenza a Miami del nucleo che con buona pace di tutti, è il vero manifesto di questa squadra cioè, in ordine di rinnovo, Jaylen Waddle, Tua Tagovailoa e Tyreek Hill. Fino al training camp, in cui la squadra ha ritrovato il suo ambiente naturale e l’atmosfera si è immediatamente rilassata. E allora, in questa calma estiva, vediamo di capire come i Dolphins si presentano ai nastri di partenza della stagione NFL 2024.

OFFENSE

Tanti pezzi importanti persi, si diceva. La difesa ha probabilmente pagato il prezzo più pesante (more to come) ma anche in attacco ci sono state ripercussioni. La più pesante è certo quella sulla OL, che ha visto la partenza di Robert Hunt verso il contratto monstre datogli da Carolina e di Connor Williams verso la riabilitazione dall’infortunio patito lo scorso anno e poi… chissà. Per sostituire quest’ultimo è arrivato Aaron Brewer dai Titans, centro atipico ma probabilmente adatto alle idee di Mike McDaniel, Terron Armstead ha rifirmato per un altro anno anche con l’obiettivo di aiutare lo sviluppo di Patrick Paul, arrivato dal secondo giro del draft con in dote un fisico mostruoso e tanta voglia di imparare. E poi è stato firmato Jack Driscoll (ok, questa l’ho messa per strapparvi un sorriso…). E’ evidentemente dominante la fiducia nel fatto che i vari Liam Eichenberg, Robert Jones, Isaiah Wynn, Kendall Lamm e altri reduci dal 2023 beneficino del secondo anno sotto coach Butch Barry, progrediscano e, magari, godano di un po’ di salute in più rispetto al recente passato. Qui si incrociano le dita, sperando che basti…

Perché, per il resto e sulla carta, probabilmente l’attacco è perfino migliorato. L’anno scorso, pur nel rendimento di eccellenza sotto gli occhi di tutti, si erano colti dei margini di miglioramento nel roster: ad esempio, il ruolo di TE era virtualmente non esistente, ma anche come terzo WR si poteva fare di meglio. Adesso il nuovo primo TE è Jonnu Smith, molto più efficace in ricezione di quanto non sia mai stato il confermato Durham Smythe; quindi, ci sono le premesse per un coinvolgimento più intensivo della posizione negli schemi d’attacco. E come terzo WR, alle spalle degli intoccabili Tyreek Hill e Jaylen Waddle (come detto freschi di congrui rinnovi contrattuali), Miami ha arruolato nientemeno che Odell Beckam Jr, uno che è ancora in grado di dire la sua sia nelle situazioni cruciali sul campo che in termini di leadership ed esperienza nello spogliatoio. Alle spalle del trio, il nuovo arrivo Willie Snead, i confermati Braxton Berrios, River Cracraft, Erik Ezukanma e il rookie Malik Washington (l’unico rimasto dei due Washington presi al draft, visto che Tahji ha già chiuso la stagione per infortunio) sono i frontrunner per i posti rimanenti, in una battaglia fra le più accese del training camp.

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Il running game, la vera carta a sorpresa giocata lo scorso anno da McDaniel, dal canto suo si è ancora più solidificato. Raheem Mostert è stato ricompensato con un meritatissimo nuovo contratto biennale, De’Von Achane e Alec Ingold sono chiamati a confermare le ottime cose viste lo scorso anno e, per non correre rischi di rallentare, dal draft è arrivata una nuova freccia nelle sembianze di Jaylen Wright, velocissimo running back ex-Tennessee scelto al quarto giro che tutti già guardano con estrema attenzione.
E poi, ovviamente, c’è quello con il numero 1 sulla maglia. Adesso che è ufficiale che il franchise quarterback dei Dolphins è e sarà lui, le cronache dal training camp raccontano di un Tua Tagovailoa più snello nel fisico e ancora più leader nello spogliatoio. Questa, almeno per qualche altro anno, è la sua squadra e Tua sembra pronto a raccogliere la sfida, dimostrando a tutti di essere l’uomo perfetto per guidare l’attacco di Mike McDaniel.

DEFENSE

Il tifone abbattutosi in offseason ha fatto i danni peggiori in difesa. Christian Wilkins, Raekwon Davis, Andrew Van Ginkel, Emmanuel Ogbah, Jerome Baker, Xavien Howard, Brandon Jones, Deshaun Elliott. Più i vari Keion Crossen, Eli Apple eccetera. Tutti andati durante la free agency. Sono 6 titolari su 11 (oltre ai rincalzi) e, in qualche caso, fior fiore di titolari. Per dirla tutta, poi, ci sono anche Jaelan Phillips e Bradley Chubb ai box a riprendersi dai gravi infortuni dello scorso anno, con tempi di recupero ancora da capire bene. E poi, il cambio di defensive coordinator resosi necessario per la dipartita di Vic Fangio dopo solo un anno (more to come). Il lavoro che Chris Grier si è dovuto a dover affrontare, quindi, non è stato semplice, ma possiamo dire che non ne è uscito male.

La DL, autentico punto di forza delle ultime annate, è quella con più punti di domanda. Partendo dall’assunto che un Wilkins non è rimpiazzabile, i Dolphins hanno scelto di affiancare al confermato Zach Sieler una svalangata di nomi non molto conosciuti (Benito Jones, Neville Gallimore, Jonathan Harris, Teait Tart e potremmo continuare…), puntando sul fatto che qualcuno emerga ma anche sulle preferenze del nuovo DC Anthony Weaver, che sembra prediligere rotazioni molto frequenti in linea. E, in più, la “faccia nota al coach” di Calais Campbell, giocatore di livello assoluto e di enorme esperienza, a fine carriera ma ancora in grado di dire la sua quantomeno come situational player. Tanta tanta curiosità per vedere come andrà a finire. E un po’ di apprensione…
I problemi sulla parte esterna della front seven, in attesa dei rientri di Phillips e Chubb (e sperando in un loro ritorno ai livelli a cui ci avevano abituato) sono stati affrontati in due modi: l’esperienza di Emmanuel Ogbah, tagliato per motivi di cap, è stata rimpiazzata da… Emmanuel Ogbah. L’improvviso ritiro di Shaq Barrett, l’uomo individuato in offseason per sostituirlo, ha aperto le porte per un ritorno del #91 a Miami, con un nuovo contratto annuale e la soddisfazione di tutti.

E poi (secondo modo) è arrivato il draft, dove Grier ha scelto di spendere la pick al primo giro su Chop Robinson, l’ennesimo freak atletico a roster dei Dolphins (il fisico è una cosa che non si può insegnare…), forse un po’ grezzo ma dalle potenzialità enormi. E poi, di scegliere al quinto giro Mo Kamara, un altro prospetto molto interessante in prospettiva, con l’obiettivo di innestare gioventù nella pass rush di Miami, mai in stato di difficoltà come in questo momento. Ed è per questo che queste scelte “da sviluppare” sembrano in controtendenza rispetto alle necessità attuali di una squadra che, se si giocasse oggi, potrebbe contare sul solo Ogbah. Anche qui, curiosità e un filino di apprensione.
Novità anche in mezzo al campo, dove a rimpiazzare il veteranissimo Jerome Baker è arrivato Jordyn Brooks, ex-prima scelta che ai Seahawks, nonostante i buoni numeri, sembrava non essere mai riuscito a mostrare appieno il suo potenziale. Con lui e il confermato David Long ci si attende un salto di rendimento in una zona del campo nella quale i Dolphins non sono stati ultimamente esenti da critiche.

Infine in secondaria, accanto ai confermatissimi Jalen Ramsey e Jevon Holland, dopo otto anni non ci sarà più Xavien Howard. Le strade del #25 e dei Dolphins si sono divise per le solite ragioni di cap ma Grier è riuscito a rimpiazzarlo in modo adeguato, arruolando Kendall Fuller in free agency. E, dal momento che per giocare a fianco di Holland è arrivato nientemeno che Jordan Poyer, i 4 partenti in secondaria continuano ad essere di assoluto rilievo. Alle loro spalle, oltre alla riconferma di Nik Needham, si attende una ulteriore crescita da Kader Kohou e, soprattutto, da Cam Smith, reduce da un primo anno traumatico. Insomma, qui gli uomini ci sono.

SPECIAL TEAM

Questo sarà una specie di anno zero per gli special team di tutta la NFL. La rivoluzione introdotta dalla lega nel kickoff return ha stravolto gli equilibri e costretto tutti a fare i conti con una nuova realtà. I Dolphins non fanno eccezione e nel training camp fervono i preparativi per mettere a regime la preparazione ai nuovi scenari. Sulla scelta più importante, ovvero i giocatori che saranno chiamati a farsi carico dei ritorni, ancora non vi sono indizi, ma il fatto di avere a roster un’autentica squadra di atletica certo è un bell’aiuto.

E, come nota a margine, registriamo che i calciatori sono tutti confermatissimi; Miami ha infatti scelto di non portare nel camp nessuna alternativa a Jason Sanders e Jake Bailey (né tantomeno al long snapper Blake Ferguson), probabilmente sia per la loro buona scorsa stagione che per la fiducia che la possano replicare.

COACHING STAFF

Il primo anno di Mike McDaniel aveva sorpreso tutti, e non solo a Miami. Tanto che ci si chiedeva cosa avrebbe potuto fare nel secondo anno, quando ormai non era più una sorpresa. Così lui lo scorso anno si è inventato un running game poderoso, peraltro dietro a una OL a tratti rattoppata con i fondi di magazzino, e ha di nuovo sorpreso tutti. Quindi, riuscirà il giochino una terza volta? Cosa si potrà inventare quella “brillante mente offensiva” (cit.) di coach McD in questo terzo anno al timone dei Dolphins?

A giudicare dal roster una possibile risposta potrebbe passare per un maggior coinvolgimento di chi nei primi due anni si è visto poco o nulla, ad esempio il terzo wide receiver, il tight end, il fullback. Molto dipenderà anche da come renderà la linea d’attacco e qui il discorso torna prepotente su un coaching staff pieno di esperienza specifica (non solo il position coach Butch Barry, ma anche l’offensive coordinator Frank Smith e lo stesso McDaniel) e che lo scorso anno è riuscito a far rendere il reparto oltre le aspettative e nonostante gli infortuni. E che, infatti, non ha visto cambiamenti importanti in offseason.

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Cosa che invece è successa dall’altro lato della linea di scrimmage. Sulla fine prematura e improvvisa del matrimonio con Vic Fangio si è detto e scritto di tutto, il feeling fra lui e tutto il resto dell’ambiente squadra+staff non è mai decollato fino in fondo e alla fine ciò che è successo era probabilmente inevitabile. Poteva essere amore e invece era un calesse. Fine.
Al suo posto McDaniel ha deciso di portare a Miami una sua vecchia conoscenza, da molti indicato come una “rising star”, cioè Anthony Weaver, ex positional coach ai Baltimore Ravens dove si occupava della linea di difesa ma aveva anche il titolo di assistant head coach. Le reazioni fin qui sono tutte molto positive, soprattutto (ma va’?) da parte di chi meno aveva legato con Fangio; però è ovvio che in questo momento è presto per giudicare la mossa, bisognerà attendere e vedere sul campo la nuova difesa aqua-arancio per capire se e come la sua filosofia riuscirà a migliorare il rendimento di un reparto che anche lo scorso anno ha continuato ad esprimersi bene ma sempre con il solito difetto esemplarmente definito dalla redazione di Cool Bueno come “non mi piego ma mi spezzo”. Il compito è sicuramente gravoso, viste anche le molte differenze con il reparto dello scorso anno, come detto sopra, ma per le fortune dei Dolphins 2024 è assolutamente fondamentale.

Record previsto: 11-6

I nostri voti

Offense - 9
Defense - 8
Coaching Staff - 8

8.3

I tanti cambiamenti forzati in offseason hanno forse anche migliorato l'attacco, mentre difesa e nuovo DC sono da verificare sul campo. Alla fine, i Dolphins sono ancora lì davanti, pronti a giocarsela anche quest'anno.

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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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