Uno sguardo al 2022: Buffalo Bills

Nek 2021 dopo due partite di Playoff disputate ad un livello a dir poco èlite, nelle quali l’attacco era stato capace di mettere a referto la bellezza di 83 punti, i Buffalo Bills erano stati costretti a cedere il passo (per il 2° anno consecutivo) ai Kansas City Chiefs dell’ormai acerrimo rivale Patrick Mahomes, complice una gestione a dir poco scellerata degli ultimi 13 secondi di partita, dovendo necessariamente dire “addio” ad una stagione altrimenti estremamente positiva.

COME DOVEVA ANDARE…

I Buffalo Bills si affacciavano quindi alla stagione con un unico obbiettivo: conquistare il tanto agognato Lombardi Trophy, forti dell’acquisizione in Free Agency di un “game-changer” del calibro di Von Miller, uno che sa essere pressappoco decisivo nei cosiddetti momenti “clutch” degli incontri. Ai nastri di partenza della Regular Season, a maggior ragione in virtù della presenza di un Josh Allen apparso pressappoco infermabile nella più recente Postseason, i Bills erano considerati la squadra da battere dalla totalità dei Bookmakers d’oltreoceano.

…E COME E’ ANDATA

La stagione dei Bills, a dir poco martoriati dagli infortuni (privati di pezzi importantissimi come Hyde, lo stesso Miller e Damar Hamlin, solo per citarne alcuni), può essere sostanzialmente divisa in due parti ben distinte, perfettamente separate dal bye week. Prima della sosta erano infatti sembrati una squadra sostanzialmente infermabile, capace di sommergere di punti i malcapitati Rams, Titans e Steelers, vincere su campi a dir poco ostici come quelli di Baltimore e Kansas City, perdendo solamente sul filo di lana in quel di Miami, chiudendo così la prima parte di stagione con un record di 5-1, valevole del 1° posto tanto nella AFC East quanto dell’intera Conference.

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Al rientro dal bye week, nonostante un record di 8 vittorie e appena 2 sconfitte (patite per mano di Jets e Vikings, con entrambe le sfide decise sul filo di lana), la squadra non è mai più sembrata la schiacciasassi che aveva messo a ferro e fuoco l’intera lega nei primi due mesi di stagione, complice un coaching staff offensivo inesperto e forse non del tutto adeguato alle attuali ambizioni della franchigia, troppo spesso risultato incapace di aiutare la squadra nei momenti maggiormente stagnanti, ed un Josh Allen apparso mai completamente al 100% a causa dell’infortunio al gomito rimediato nel match disputato in quel di New York.

Anche una volta entrati in “Playoff Mode”, forti di un invidiabile record di 13-3 e del seed n°2, i Bills non sono mai sembrati nemmeno i lontani parenti della squadra ammirata nella prima metà di stagione, faticando più del previsto nello sbarazzarsi dei Miami Dolphins (guidati in cabina di regia addirittura dal 3° QB della Depth Chart, il 7th rounder Skylar Tjhompson) in occasione del Wild Card Game, vinto solamente per 34-31 al termine di un match tanto brutto quanto altrettanto combattuto. Se la squadra è riuscita a rimanere a galla nel momento di maggior difficoltà, quando l’intera offense pareva in balia della difesa avversaria ed il QB Josh Allen peccava di calma, precisione e lucidità, gran parte del merito va attribuito al reparto difensivo, autore di una prestazione strepitosa nonostante i 31 punti subiti.

L’avventura dei Bills si è però interrotta appena una settimana dopo, davanti al proprio pubblico, quando i Cincinnati Bengals di Joe Burrow si sono imposti con il perentorio punteggio 27-10 sul manto innevato dell’Highmark Stadium in quel di Orchard Park, ponendo definitivamente fine alle velleità di successo di Josh Allen & compagni, per il 2° anno consecutivo incapaci di superare lo scoglio dei Divisional Round.

COSA HA FUNZIONATO…

Sicuramente la connection Allen-to-Diggs, l’indiscusso bread&butter dell’attacco, tanto che il n°14 è riuscito a superare per la 3° volta in altrettante stagioni lo scoglio delle 100 ricezioni completate, quello delle 1.000 yard ricevute e quello dei 10 TD segnati, il tutto mantenendo un drop rate inferiore al 10%, dato mai raggiunto in carriera (9.5% il dato “peggiore”, raggiunto nel 2019). A 29 anni si è confermato ancora una volta come uno dei WR più affidabili e pericolosi dell’intera lega, merito di mani educatissime, un route running da antologia ed un carisma sconfinato.

Il n°17 invece, nonostante l’infortunio al gomito patito nel match perso con i Jets in week 9 abbia palesemente influito parecchio sul suo livello di performance, ha ugualmente concluso la stagione (Playoff compresi) completando il 62.8% dei lanci tentati (% di quasi 2 punti inferiore a quella del 2021, ed addirittura 6 rispetto al 2020), tramutati in 4.899 yard passing yard, 38 TD, 17 intercetti (il numero più alto in carriera) ed un passer rating di 94.5 punti.

Se quanto di buono fatto vedere dalla squadra a livello offensivo è sostanzialmente attribuibile quasi esclusivamente ai due sopracitati giocatori, diverso è il discorso riguardante il reparto difensivo, rivelatosi per l’ennesima volta come uno dei più solidi e performanti dell’intera nazione, tanto da aver concluso la Regular Season al 2° posto per punti subiti a partita (17.9), al 6° per total yard concesse (319.1 Y/G) ed al 5° per rushing yard concesse (104.6), il tutto forzando la bellezza di 27 turnover (4° posto al pari di Eagles, Jaguars e Texans), di cui 17 intercetti e 10 fumble per essere più precisi. Se i Bills sono riusciti a finire la Regular Season al 2° posto per punti subiti a partita, gran parte del merito è attribuibile alla solidità in red zone, avendo gli avversari segnato un TD solamente nel 45.3% delle occasioni (2° posto alle spalle del 44.4% concesso dai Rams). Il dato diventa però ancor più impressionante nelle partite casalinghe, scendendo addirittura al 35% (1° posto solitario).

A differenza delle passate stagioni, quando il contenimento delle corse poteva essere considerato il vero e proprio Tallone d’Achille, il reparto difensivo è risultato decisamente più difficile da bucare internamente, complice la firma in FA di DaQuan Jones, run stuffer e divoratore di gap per eccellenza, la cui aggiunta era colpevolmente passata parecchio sottotraccia agli occhi dei media statunitensi. Il LB Matt Milano ha finalmente ottenuto il meritato riconoscimento a livello nazionale, tanto da esser stato eletto per la prima volta in carriera nel 1st Team All Pro, la “squadra ideale” votata annualmente dai giornalisti dell’Associated Press, merito di una stagione pressappoco mostruosa, terminata con (Playoff compresi) con 119 tackle, 57 stop, 16.0 TFL, 4.5 sack, 11 QB hit, 24 pressure, 12 palloni deviati, 3 intercetti (1 pick six) e 2 fumble forzati. Il 32.8% di pass rush win% stabilito in questa stagione, è il dato più alto dell’intera NFL tra i LB ad aver disputato almeno 30 pass rush snap.

Le 24 pressioni prodotte in appena 73 pass rush snap sono il 3° dato più alto dell’intera lega (naturalmente tra i LB), alle spalle dei soli Devin White (33) e Patrick Queen (25), tenendo presente come questi abbiano disputato rispettivamente 153 e 113 pass rush snap. In pass coverage, da sempre il pezazo forte del suo gioco, Milano si è riconfermato a dir poco chirurgico nella marcatura dei TE e nello schermare i RB in uscita dal backfield, finendo per concedere il QB rating più basso (73.1) in assoluto tra tutti i LB ad aver disputato almeno 150 snap in pass coverage. I 3 palloni intercettati sono anch’essi il numero più elevato, al pari di Roquan Smtih (passato ai Ravens alla Trade Deadline) e Devin Lloyd.

…E COSA NON HA FUNZIONATO

Sebbene la squadra abbia finito la stagione al 2° posto tanto per punti segnati a partita (28.4) quanto altrettanto per total yard prodotte (397.6), il game plan offensivo (ad esclusione delle prime 6 partite) non è mai apparso né fluido e variegato né tantomeno particolarmente efficace, finendo per doversi aggrappare quasi esclusivamente alle invenzioni dello stesso Josh Allen, trovatosi troppo spesso costretto ad improvvisare, finendo per commettere una moltitudine di errori marchiani e decisamente evitabili.  

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Il passaggio di testimone tra Brian Daboll e Ken Dorsey (QB Coach nella passata stagione) non ha sortito i risultati sperati, con quest’ultimo apparso davvero in chiara difficoltà, complice la mancanza di esperienza ed un carattere forse troppo accondiscendente.  L’utilizzo della Play Action, sebbene estremamente produttiva quando chiamata, è drasticamente (e aggiungerei, colpevolmente) diminuito, essendo passato dal 34% dei dropback del 2021 all’appena 24.5% di questa stagione. L’utilizzo degli screen pass, a quanto pare a dir poco ripudiati dal QB Californiano, si è ulteriormente ridotto (se ancora fosse possibile), passando dal 9.6% ad un misero 6.4% dei dropbacks (il dato più basso dell’intera carriera). Il rendimento a dir poco insufficiente dell’O-Line non ha certamente aiutato, finendo per affondare definitivamente un attacco già di per sé monodimensionale e privo di idee.  Alla vigilia della stagione, complice la nomina di Aaron Kromer come OL Coach, le aspettative nei confronti dell’Offensive Line erano sicuramente elevatissime, al punto da poterla considerare la migliore degli ultimi anni. 

Ora come ora, con la stagione ormai alle spalle, possiamo affermare con assoluta certezza che le cose non sono andate come tutti speravamo, in parte a causa di errori di valutazione, ed in parte a causa di continui infortuni e fastidi fisici che hanno impedito ai presunti 5 starter di figurare regolarmente in campo tutti insieme. Nel complesso, i vari interpreti che si sono avvicendati sul terreno di gioco hanno costretto il QB Josh Allen a dover fronteggiare la pressione in addirittura il 15.4% dei dropback, il dato più elevato dalla stagione 2019 (11.8% nel 2020 e 10.6% nel 2021), finendo per subire 42.0 sack (il numero più alto dell’intera carriera), 29 ulteriori QB hit e 224 pressure complessive. Anche in run blocking le cose non sono andate particolarmente bene, avendo troppo spesso messo in mostra angoli di blocco totalmente sbagliati e svarioni non indifferenti.

Complici l’incidente avuto in Offseason ed il peso dell’età improvvisamente palesatosi, il livello di performance mostrato dall’OG Rodger Saffold (aggiunta di spicco dell’ultima FA) è stato a dir poco scadente, a tratti disastroso, tanto in pass protection quanto altrettanto in run blocking, l’indiscusso punto forte del suo gioco. Quanto chiamato a proteggere il QB Josh Allen, nel 67% degli snap disputati, il quasi 35enne veterano ha concesso 2.0 sack, 5 ulteriori QB hit e addirittura 42 pressure, il dato peggiore dell’intera carriera.  In aggiunta a quanto appena detto, come se ancora non bastasse, è stato responsabile di 10 penalità (holding nella stragrande maggioranza dei casi), altro dato peggiore dell’intera carriera. Per contestualizzare meglio il tutto, basti notare come Saffold sia stato la 6° Guardia ad aver concesso più pressioni, e la 5° ad aver commesso più penalità dell’intera NFL.

Lo stesso discorso può essere fatto per il RT Spencer Brown, Tallone d’Achille del reparto al pari del sopramenzionato compagno di squadra, il quale ha terminato la stagione concedendo 4.0 sack, 11 QB hit e 50 pressure ai rusher fronteggiati, commettendo inoltre 7 penalità. Tanto il numero di QB hit quanto quello dei sack concessi sono i peggiori dell’intera O-Line.  Di tutti gli OT ad aver disputato almeno 637 snap, Brown si è issato al 1° posto per QB hit concesse (al pari di Jedrick Willis Jr. e Tyler Smith che però hanno giocato circa 250 snap in più) ed al 4° per pressure totali concesse (50), preceduto solamente dalle 52 di Evan Neal e Dennis Daley e dalle 51 di Andrew Wylie.

Impossibile non menzionare la quantità d sfortuna che si è accanita contro la squadra durante tutto il corso della stagione, reparto difensivo in primis, privato per l’intera stagione della fortissima Safety Micah Hyde e per gran parte di essa dell’edge rusher Von Miller, il vero e proprio difference maker della 1° metà di stagione. Finché il devastante n°40 è potuto figurare regolarmente in campo, la squadra era posizionata al 4° posto dell’intera lega per “four-man pressure rate %” (34.0%), per poi precipitare addirittura al 27° posto dall’infortunio in poi (25.0%).  Complice una 2° parte di stagione scarsamente produttiva, il n° di pressioni portate dall’intero reparto difensivo si è addirittura ridotto rispetto all’anno precedente, passando dalle 358 del 2021 alle 330 di quest’anno. Il punto più basso del lento ma inesorabile declino mostrato nella 2° metà di stagione è stato però toccato in occasione del desolante Divisional Round Game, quando i pass rusher dei Bills non erano stati minimamente in grado di impensierire un O-Line dei Bengals a dir poco falcidiata dagli infortuni, priva di 3 starter ma ugualmente in grado di garantire a Joe Burrow tutto il tempo necessario per scandagliare il campo alla ricerca del bersaglio maggiormente congeniale.

E ADESSO?

Sebbene il record di 13-3 potrebbe lecitamente far pensare tutt’altro, il più immediato futuro dei Bills appare tutt’altro che roseo nonché parecchio nebuloso. La squadra è entrata nell’Offseason con addirittura 20 milioni sopra il cap consentito e la bellezza di 24 free agent potenzialmente da rinnovare, tra i quali spiccano i nomi del LB Tremaine Edmunds e della safety Jordan Poyer, due pedine a dir poco imprescindibili nello scacchiere del DC Leslie Frazier.

Josh Allen è ormai entrato nel 1° anno del maxi-rinnovo contrattuale da $258 milioni, finendo per pesare sul cap hit (salvo una a quanto pare ovvia ristrutturazione) per circa $40 milioni nella prossima stagione. La linea offensiva è totalmente da ricostruire, risultando scarna tanto di talento quanto altrettanto di mera depth, essendo la totalità delle OG (ad eccezione del giovane Ryan Bates) giunte a scadenza dei rispettivi contratti.

Le need sono tante, i soldi sono pochi (al momento pressappoco inesistenti) e le rivali divisionali appaiono ormai pronte a ricucire il gap creatosi nell’ultimo triennio. Il GM Brandon Beane sarà chiamato a compiere l’ennesimo miracolo finanziario ed il draft, quello che si terrà in quel di Kansas City, non potrà più essere preso sottogamba, dovendo necessariamente evitare qualsivoglia “progetto” in favore di giocatori pronti a contribuire sin da subito, tanto quantitativamente quanto qualitativamente.  

A cura di Luca Poglio

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Buffalo Bills Backers Italy

Una sola ed unica penna che scrive, portavoce di una piccola grande famiglia accomunata da una scriteriata passione per i Buffalo Bills.

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