[NFL] Week 11: Irma in ritardo (Tampa Bay Buccaneers vs Miami Dolphins 30-20)

Questa partita non avrebbe dovuto esserci. O, meglio, si sarebbe dovuta disputare il 10 settembre come apertura della stagione e domenica Dolphins e Buccaneers avrebbero dovuto riposare. Invece, l’uragano Irma ha cambiato i programmi di tutti, abbattendosi sulla Florida con conseguenze purtroppo ben più gravi del rinvio di una partita di football. E così il 19 novembre, a più di due mesi di distanza, le due squadre hanno recuperato non le fatiche ma la partita perduta, ricordo di un uragano che – metaforicamente – si era abbattuto sulle loro sicurezze di preseason e i cui effetti si sentono ancora oggi.

Tampa Bay è stata la più colpita. I Buccaneers partivano con i favori del pronostico nella NFC South, forti di una serie di interessanti aggiunti al roster, della maturazione di Jameis Winston e dei punti interrogativi sulle loro rivali di division: i Buccaneers sembravano pronti a salpare verso nuovi traguardi col vento in poppa. E invece Irma ha strappato le vele e rivelato tutte le fragilità dei bucanieri, prigionieri di un capitano che si è rivelato non ancora pronto e di una division più competitiva del previsto, e li ha catapultati da subito in un’altra stagione anonima.

Sui Dolphins l’uragano era già arrivato in offseason, con l’infortunio di Ryan Tannehill che, col senno di poi, è stato un triste presagio di come sarebbe stata la stagione. Irma si è abbattuta sui delfini con violenza, con una vittoria su tre partite arrivata solo perché un coreano aveva sbagliato l’impossibile, per poi illuderli con tre vittorie di fila. Adesso è però chiaro che quello era solo l’occhio del ciclone, perché dopo quel momento di pace sono arrivate quattro sconfitte in fila, una più brutta dell’altra, che hanno lasciato Miami a terra, virtualmente fuori dai giochi e senza più certezze se non quella – tremenda – di dover giocare due volte contro i Patriots nelle prossime tre settimane.

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La gara inizia subito con Ryan Fitzpatrick (un uomo, mille battaglie) che al primo gioco completa subito un bel passaggio da 16 yard su Mike Evans controllato dal rookie Cordrea Tankersley (e non sarà l’ultima volta che sarà preso di mira nel pomeriggio…). Tampa però non chiude il down successivo e la palla passa ai padroni di casa. Che partono decisi: Damien Williams trova una voragine nel mezzo e si invola per 69 yard di corsa fino alle 12 yard avversarie. Corre altre due volte senza esito quindi, sul 3&7, tocca a Jay Cutler: diretto in end zone per Devante Parker che però si inciampa con la safety Justin Evans (rookie anche lui), scivola, cade e consegna il facile intercetto. Seguito dalla prima penalità della giornata contro i Dolphins.

I bucanieri, ovviamente ringraziano. Fitzpatrick completa due passaggioni da più di 20 yard consecutivi per OJ Howard (altro rookie che sta crescendo bene) e per un pelo gli ospiti non riescono a chiudere il drive decisivo e devono accontentarsi di calciare. Miami risponde con la solita penalità di rito e, a seguire, con un drive estremamente efficace in cui Cutler va 4/5, completando passaggi da 12, 24, 26 e 12 yard, fino al passaggino morbido che Jarvis Landry riceve in end zone per il 7-3 che vale per i Dolphins come primo e unico vantaggio della partita.

Fitzpatrick Buccaneers Dolphins

Tampa Bay riparte e Fitzpatrick continua, salvo qualche sporadico episodio, a sezionare la difesa di Miami a piacimento. Solo un sack di Devon Godchaux impedisce ai Buccaneers di chiudere l’ultimo down e, come già prima, li costringe ad accontentarsi di tre punti. Se continuasse così, ai padroni di casa andrebbe anche bene: concediamo pure le yard ma poi, al dunque, limitiamoli a tre punti. Peccato che tre giochi dopo Cutler, cercando di fare non si sa bene cosa, lancia una palla tutta storta verso Landry che viene intercettata e riportata fino alle 10 yard da Kwon Alexander; e lì, per non farsi mancare nulla, una face mask contro i Dolphins dimezza la distanza dalla end zone. Trovare Howard in end zone è elementare anche per Fitzpatrick e i Buccaneers si trovano improvvisamente di nuovo in vantaggio 13-7.

Nessun problema, i Dolphins riprendono la marcia: partenza dalle 25 dopo il touchback… anzi, no, dalle 15, perché ovviamente c’è una holding contro la linea offensiva (eh, beh, so’ ragazzi…). Williams si schianta subito su Gerald McCoy e, appena dopo, Cutler lancia una cosa brutta brutta verso Parker che Gerald McClain cattura per il terzo intercetto di giornata (e sono passati solo 4 minuti del secondo quarto).

A questo punto, però, i Buccaneers decidono che non è giusto che tutte le vaccate siano fatte solo da una parte, e decidono di entrare nel gioco. Fitzpatrick lancia subito OJ Howard in end zone per il touchdown ma ben due penalità lo rendono nullo. E tre giochi dopo Patrick Murray sbaglia anche il field goal da 42 yard, lasciando invariato il punteggio. La partita si sta facendo moooolto bella…

Jay Cutler rientra in campo con una indifferenza olimpica accolto dall’amore dei suoi tifosi. E due giochi dopo lascia partire un tracciante perfetto sulla sinistra che Landry cattura 48 yard più avanti. Gli stessi tifosi approvano per un breve momento, giusto il tempo di realizzare che (eh sì…) c’è una penalità contro i Dolphins. Tutto da rifare, drive ucciso ma che finisce in un modo epico: Miami va al punt su un 4/26 e sull’azione i Buccaneers commettono ben tre penalità, nessuna delle quali però sufficiente a chiudere il down per Miami. A quel punto Tampa si deve sentire un po’ in colpa perché annulla l’azione più bella del suo drive (una corsa di 30 yard di Doug Martin) con una penalità che in pratica conduce al punt, sparato fuori campo. I Dolphins ripartono dalle 30, Cutler pesca Landry poco più avanti e su di lui si avventa Ryan Smith che gli strappa il pallone dalle mani e ricopre il fumble.

Manca 1 minuto e 50, palla ai Buccaneers sulle 37 di Miami. Fitzpatrick prova una prima bomba per Howard che non va e poi pesca Mike Evans sulle 8. Da lì segnare è una formalità e infatti Fitz pesca Deshaun Jackson in end zone per il 20-7, non prima che Miami abbia fatto registrare un’altra penalità. Ma mancano 36 secondi, c’è ancora tempo per i Dolphins… per una penalità (falsa partenza contro la linea). Al rientro negli spogliatoi, fra le prevedibili manifestazioni di amore dei tifosi locali nei confronti della squadra di casa, i più provati sono gli arbitri, sfiniti dalla pioggia di flag che hanno dovuto lanciare.

Al rientro in campo Cutler non c’è, e si presenta Matt Moore. Un replay in tv mostra il colpo che Cutler ha ricevuto sul casco e che spiega abbastanza bene (ahio…) la notizia che lo vuole sotto concussion protocol.

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cutler dolphins

I Dolphins ripartono esattamente come avevano finito, cioè con una falsa partenza fischiata contro la linea offensiva; ma poi Moore completa quel passaggio profondo per Landry che nel primo tempo era stato annullato da una holding e non ci sono penalità. Cioè, in quell’azione non ce ne sono. Perché nell’azione successiva sono i Buccaneers a commettere un’interferenza in end zone su Landry, con la palla che va sulla linea di 1 yard, e in quella dopo tocca a Fasano, prima di ricevere il pallone in end zone, spingere via il difensore con l’immancabile fazzoletto giallo che vola. E, prima di vedere dei punti, c’è ancora tempo per un’altra falsa partenza contro Miami. Arriva solo un field goal ma è quasi una liberazione.

Il drive successivo di Tampa non approda a nulla così tocca di nuovo a Moore riprovarci. Come già in passato, il suo ingresso sembra aggiungere una scintilla in più all’attacco dei Dolphins e, in questo caso, non si vedono più nemmeno intercetti. L’attacco aereo però continua a funzionare e una bomba da 45 yard per Kenny Stills mette i Dolphins nelle condizioni di poter segnare un altro field goal e accorciare sul 20-13.

I Buccaneers hanno un po’ perso il filo e, in questa fase, pensano a tutto i Dolphins, facendo e disfacendo continuamente qualsiasi cosa riesca loro. Dopo un 3&out di Tampa i Dolphins perdono un fumble e lo ricoprono, commettono una holding e arretrano 10 yard per poi guadagnarne altrettante su un passaggio, completano un passaggio lungo e poi prendono un sack, piazzano un punt sulla 1 yard avversaria e poi concedono un passaggio da 14 yard. E’ come essere sulle montagne russe e i Buccaneers sono quasi degli spettatori in questo psicodramma collettivo in cui capiscono che devono solo stare tranquilli e non fare errori, tanto ci pensano gli altri.

C’è anche spazio per una recriminazione quando, con i Buccaneers sulla propria 1 yard, Fitzpatrick cerca di uscire dalla end zone ma viene rispinto indietro da un suo compagno e poi placcato dai Dolphins per una safety apparsa evidente. Ma gli arbitri non sono dello stesso avviso e annullano la segnatura (due punti che, col senno di poi, avrebbero spostati gli equilibri) consentendo a Tampa Bay di uscire con un punt.

E, a 4 minuti e mezzo dalla fine, i Dolphins pescano il jolly: una bomba di Matt Moore che atterra morbida nelle mani di Stills. 61 yard e partita pareggiata a tre minuti dalla fine. Festa sugli spalti, ma contenuta: per quello che si è visto fin qua, è assolutamente possibile che adesso la difesa non regga e conceda ai Bucs di arrivare a distanza di field goal…

Fitzpatrick prende la palla in mano sulle proprie 25 yard. Completa subito su Evans per 17 yard, poi un incompleto, poi un altro completo di Godwin per altre 14 yard. Un altro incompleto e ancora un passaggio su Godwin per altre 24 yard fino alle 20 dei Dolphins. Da qui, il tempo di far consumare ai padroni di casa i due timeout rimasti e Murray piazza il sigillo finale. Infine, come ultima beffa, sull’ultimo prosaico tentativo a suon di passaggi laterali o indietro, Miami arretra fin quasi alla sua end zone e commette il fumble che Tampa Bay ricopre in end zone per chiudere con 10 punti di scarto, 30-20.

Perdonate, tifosi dei Buccaneers in lettura, ma per questa partita c’è davvero poco da dire sulla vostra squadra del cuore. A parte qualche sporadico episodio, descritto nella cronaca, quasi tutto di quello che si è visto in campo è stato fatto dai Dolphins, nel bene e nel male. Si può voler bene finchè si vuole a Ryan Fitzpatrick, stimarlo e apprezzare la carriera che ha fatto, e lodare il fatto che domenica è diventato il quarto giocatore ogni epoca ad aver segnato un touchdown con sette squadre diverse (in compagnia di Chris Chandler, Gus Frerotte e Vinny Testaverde). Però il suo rating finale di 100.6 e il modo in cui lo ha ottenuto è più figlio dei mali della difesa di Miami di quanto non sia merito suo. I Buccaneers hanno fatto lo stretto necessario e anche meno per ottenere la vittoria e il fatto che 17 dei loro punti siano derivati dalle palle perse degli avversari ne è ulteriore testimonianza; contro una squadra meno ‘generosa’ dei Dolphins difficilmente sarebbe finita nello stesso modo. Purtroppo per i Bucs, il loro record di 4-6 non è un caso.

E lo stesso record non è un caso nemmeno per i Miami Dolphins. Un mese fa la squadra di Adam Gase era 4-2, sembrava aver superato l’avvio difficile e ritrovato il suo quarterback e guardava fiduciosa al Thursday Night contro i Baltimore Ravens. Partita, invece, che è stata l’inizio del crollo culminato nella gara di domenica. E in una situazione che davvero sembra senza sbocchi.

miami dolphins qb

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Come definire questa squadra? In realtà questi Dolphins sono definiti benissimo da un dato statistico di questa partita: hanno commesso (la mostruosità di) 17 penalità e 5 turnover quindi, in totale, sono 22 errori. Considerando che hanno segnato 20 punti, hanno fatto più errori di punti. E non è la prima volta che quest’anno succede, non è un caso; e non siamo neanche a inizio stagione ma a sei partite dalla fine, quindi non è più un difetto da correggere ma un tratto distintivo di una squadra non concentrata, non disciplinata, con un ammontare di errori provocati (quest’anno siamo già oltre le 30 penalità commesse prima dello snap) uguale al talento posseduto. Il che rende le cose ancora più difficili da sopportare.

In questa squadra non c’è un punto fermo, non c’è una certezza se non quella che, immancabilmente, a una buona giocata ne seguirà almeno un’altra di cattiva, a un drive buono ne seguirà uno di cattivo, a tre sconfitte seguiranno tre vittorie e poi altre quattro sconfitte. Non c’è una cura, non c’è un solo punto debole né un punto di forza, non c’è un solo colpevole né un innocente. I Dolphins hanno oggi un saldo di -97 fra punti fatti e subiti, e solo Cleveland e Indianapolis (che messe insieme hanno un record di 3-17) stanno facendo peggio. In questo momento la stagione è andata: a 4-6 e con due partite contro New England nelle prossime tre è difficile pensare a un miracolo che possa salvare un anno iniziato male in estate e proseguito pure peggio. Tutto è in discussione, e le risposte non arriveranno quest’anno.

Gli highlight della partita

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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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