I Cowvoys vincono ancora (Los Angeles Rams vs Dallas Cowboys 10-22)

Che non sia un’annata fortunata per i Rams lo si potrebbe intuire già solo dal fatto che in cinque giornate hanno dovuto schierare cinque linee offensive differenti. A parte i due tackle Noteboom e Havenstein, i tre interni sono cambiati più frequentemente di quanto McVay non cambi le mutande, ed anche domenica il rientrante David Edwards, il cui ritorno aveva acceso qualche barlume di speranza in un miglioramento in attacco, è nuovamente entrato nel protocollo concussion dal quale era uscito solo venerdì.

Con queste premesse, ci si aspettava un playbook conservativo, basato sulle quick release e sulle tracce corte, per dar modo a Stafford di liberarsi in fretta del pallone e non correre rischi inutili con una linea colabrodo, ed invece no. Molte le tracce lunghe che costringevano Stafford a stare nella tasca più del dovuto, con risultati francamente mediocri quanto prevedibili.

Non che dalla parte opposta fosse tanto meglio. La partita di ieri ha mostrato che Cooper Rush è un buon game manager che fa pochi errori, ma il cui gioco aereo è piuttosto limitato. Anche il quarterback di Dallas è stato messo parecchio sotto pressione, ma il gameplan prevedeva un maggior ricorso al gioco su terra (34 corse, 16 passaggi) proprio per andare un po’ più sul sicuro e prendere meno rischi. Una strategia che ha pagato quando la secondaria dei Rams ha sbagliato un placcaggio su Pollard, che si è involato per 57 yard ed un touchdown, ma per il resto della partita il front seven di Los Angeles ha tenuto a bada sia Pollard che, ancor di più, Zeke Elliott, che sembra ancora il lontano parente del runningback dei bei tempi.

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Riattraversiamo la linea di scrimmage, restando sull’argomento lontani parenti, perchè anche Cam Akers è il fantasma del giocatore che avevamo intravisto prima della rottura del tendine d’Achille, e Darrell Henderson è decisamente più efficace, in questo momento, sebbene i blocchi della linea siano quasi inesistenti. Ad un certo punto Akers ha sbagliato un cutback dove c’era un’autostrada per andare a schiantarsi contro la linea difensiva dei Cowboys.

A questo punto torniamo in Texas, dove il pacchetto difensivo ha fatto benissimo al primo e secondo livello, con un Micah Parson che nel finale, mezzo acciaccato e zoppicante, girava intorno ad Havenstein come la barca dei turisti in visita a Liberty Island per andare a piazzare lo strip sack che mandava la partita ai titoli di coda. Aggressiva e sovrastante per tutto l’incontro (va beh, direte voi, visto chi avevano davanti), è stata la chiave decisiva per la vittoria dei Cowboys, che hanno sofferto qualcosina di più nel primo tempo con la secondaria.

Da una parte e dall’altra i punti sono arrivati in maniera un po’ casuale ed episodica. Prima il fumble riportato in touchdown da Lawrence, al quale la palla strippata dal sack di Armstrong rimbalza praticamente in mano, diversamente da quanto accadrà sullo strip sack di Aaron Donald e su quello di Micah Parsons. Poi il punt bloccato, che porta altri tre punti a Dallas. Per i Rams, arrivano il field goal propiziato dal bombone estemporaneo di Stafford su Tutu Atwell che brucia Diggs, ed il touchdown di Kupp, che trasforma una presa da 3 yard in un touchdown da 75 grazie alla sua bravura ed all’angolo di placcaggio completamente errato del difensore di Dallas. Infine la corsa di Powell facilitata dal placcaggio mancato da Nick Scott.

Un risultato che complica le cose per i Los Angeles Rams, sicuramente, anche se la stagione non è nemmeno ad un terzo ed il tempo per recuperare c’è, visto che anche le altre rivali divisionali non stanno correndo fortissimo. L’obiettivo primario è recuperare il centro della linea. Allen dovrebbe essere quasi alla fine del duo recupero, ed il suo rientro potrebbe dare quel peso e quell’esperienza che finora sono mancati.

Più complicata l’analisi per i Dallas Cowboys. Sicuramente la vittoria è un buon punto di partenza, ma l’impressione è che questo attacco abbia un disperato bisogno del rientro di Prescott per poter alzare il proprio livello di gioco. Stentiamo a credere che l’attacco visto ieri possa fare molta strada quando le partite inizieranno a contare ed i palloni diventeranno bollenti e scomodi.

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Massimo Foglio

Segue il football dal 1980 e non pensa nemmeno lontanamente a smettere di farlo. Che sia giocato, guardato, parlato o raccontato poco importa: non c'è mai abbastanza football per soddisfare la sua sete. Se poi parliamo di storia e statistiche, possiamo fare nottata. Siete avvertiti.

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