Huddle’n Music: 1998, Goodie Mob e il “quasi anno” dei Falcons

Domenica 17 gennaio 1999, Hubert H. Humphrey Metrodome di Minneapolis.

Quella dei Vikings è stata una stagione sensazionale: Randal Cunningham ha guidato le orde vikinghe ad un memorabile record di 15-1! Nel 1998 per Minnesota la sola sconfitta in stagione regolare è arrivata in Week 9 sul campo dei Tampa Bay Buccaneers, un combattutissimo 27-24 al Raymond James Stadium dopo che i Bucs hanno rimontato 10 punti nell’ultimo quarto chiudendo le porte ai Vikes e, con queste, tagliandoli fuori da quella che sarebbe stata (senza dubbio) un meritatissima Perfect Season.

Minnesota è arrivata ai playoff da favorita, ha asfaltato gli Arizona Cardinals al Divisional per 41-21 e si è poi trovata contro una delle squadre più in forma del campionato: gli Atlanta Falcons di coach Dan Reeves.

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Prima di questo leggendario Championship Game contro Minnesota, i Falcons hanno fatto poco peggio rispetto ai Vikings: 14-2, con una sconfitta in Week 4, dopo il Bye, contro i 49ers e un’altra scivolata in Week 8 sul campo dei New York Jets. Di lì in avanti solo vittorie: 9 consecutive fino al traguardo della regular season e una decima per vendicare una delle due “L” stagionali ai danni dei San Francisco 49ers nel primo turno dei playoff (partitone terminato 20-18 per Atlanta!)

Falcons-Vikings vale l’accesso al Super Bowl!

La partita ha avuto ritmi alti e giocate di grande prestigio, specie nelle ricezioni profonde di Randy Moss e in quelle plastiche di Terance Mathis, e mentre i Vikings hanno tentato di scappare via sul tabellino i Falcons sono stati abbastanza caparbi nel riprenderli. Nell’ultimo quarto il QB purple Randall Cunningham ha escogitato un passaggio a touchdown sul corto raggio, 5 yard buone per trovare l’allungo del 27-17 siglato dalla catch di Matthew Hatchette.

La reazione dei “Dirty Birds” non si è fatta attendere, un passaggio di Chris Chandler da 70 yard per Tony Martin ha ribaltato il campo! Ma la difesa dei “norsemen” ha retto l’impatto e ha concesso solo 3 punti dal field goal di Morten Andersen. Prima della fine del tempo è successo di tutto: fumble perso da Minnesota e recuperato sul territorio Vikings, Robert Griffith che sale in cattedra e difende in maniera magistrale deviando un lancio decisivo su Ronnie Harris, Gary Anderson che fallisce un calcio dalle 38; un calcio che avrebbe messo le distanze di sicurezza ricreando due possessi a favore dei Vikings…

E infine l’azione della speranza, con Robert Griffith ancora protagonista ma in questa circostanza negativo: il defensive back era sulla traiettoria di un lancio deviato al QB dei Falcons Chris Chandler e si trovava lo sferoide tra le braccia. Ma inspiegabilmente se lo è fatto sfuggire, droppando un intercetto che era praticamente fatto.

Chandler ha quindi avuto la possibilità di riprovarci e ce l’ha fatta pescando ancora una volta Terance Mathis, con un TD Pass da 16 yard. L’extra point è buono, 27-27.

Ai Vikings restavano pochi secondi, quelli che potevano bastare a Randy Moss per riacciuffare la vittoria, ma il lancio profondo per lui è fuori misura di molto ed è un peccato perchè Moss, sotto doppia copertura, aveva seminato il panico nella secondaria di Atlanta ormai più che spaventata. Nulla da fare, la sfida è andata all’overtime.

I Vikings hanno tentato più volte il colpaccio con Moss ma senza trovare gloria, di tutta risposta un drive ben eseguito tra gioco aereo e running game ha spinto i Falcons a ridosso delle 38 yard viola. Quante ne sono bastate a Morten Andersen per spedire i Falcons al Super Bowl XXXIII, il primo nella storia di Atlanta.

Incredibile, ma vero. Atlanta è abbastanza forte da giocarsela fino infondo ma il suo destino è rimasto inconsapevolmente appeso agli scarpini di Gary Anderson. Il kicker dei Vikings, infatti, non aveva mai sbagliato un singolo field goal dal dicembre del 1997 e ha commesso un errore determinante in un momento così delicato, “Anderson’s Miss Dooms The Vikings”. L’errore che ha fatto sanguinare le orde vikinghe; l’errore che ha fatto volare i Dirty Birds!

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andersen falcons

La scena hip-hop e il suo ruolo fondamentale negli sviluppi della cultura musicale nord-americana è di certo un punto importante nella storia. Il retaggio del rap incarna i valori di una nutrita porzione di abitanti nel paese e per questo oggi ne accarezziamo una sua sfumatura.

La matrice originale è una, che poi si dirama in diverse categorie. Qui parliamo del Southern hip hop, noto anche come Southern rap, South Coast hip hop o ancora se vogliamo in modo più caratteristico Dirty South. Questi sono termini generici che indicano uno stile regionale di musica hip hop americana emersa negli Stati Uniti meridionali e negli Stati Uniti sudorientali, in particolare ad Atlanta, New Orleans, Houston, Memphis e Miami: cinque città che costituiscono la “rete del sud” nella musica rap.

Questo movimento è stato una reazione al flusso della cultura hip hop degli anni ’80, quello che partiva da New York City e dall’area di Los Angeles, e può essere considerato come la terza scena hip hop americana più importante, dopo quello di East Coast e West Coast. Molti dei primi artisti rap del sud hanno pubblicato la loro musica con produzioni indipendenti 8e per queste vige sempre e solo il massimo rispetto!!!) o su mixtape dopo aver incontrato difficoltà nell’assicurarsi i contratti con le etichette discografiche negli anni Novanta. All’inizio degli anni 2000, molti artisti del sud hanno raggiunto il successo nazionale e, con il passare del decennio, sia le varietà mainstream che underground del Southern hip hop sono diventate tra le più popolari e influenti dell’intero genere.

I Goodie Mob sono uno degli gruppi più rilevanti del panorama. La crew si è formata nel 1991 e i suoi componenti sono Big Gipp, Khujo, CeeLo Green e T-Mo.

goodie mob

Questi “quattro moschettieri” sono tutti nativi della città di Atlanta; solo T-Mo in realtà è nato “fuori” dai confini cittadini, a Fairburn che dista 20 miglia a sud-ovest di Atlanta.

I Goodie Mob hanno pubblicato il loro album di debutto nel 1995, “Soul Food”, una produzione che è stata decisamente acclamata dalla critica. L’album discuteva di questioni sociali e politiche come razzismo, discriminazione, geopolitica e gentrificazione. Siamo nel sud del paese, e certi argomenti erano, sono e saranno sempre di attualità.

Ma il punto che mettiamo sotto la lente arriva qualche anno più tardi, nel 1998. In quell’anno i Goodie Mob hanno fatto uscire un secondo album intitolato “Still Standing”. Il filone è continuativo, adattato allo stile che discute le tematiche sociali all’interno del gruppo e le condivide con un certo tipo di pubblico; ma in questa sede emerge forte lo stile canoro di CeeLo, il più abile nell’utilizzo della voce tra i componenti dei Goodie Mob, e sul quale il gruppo fa sempre più spesso affidamento.

La canzone “Still Standing” è una vera e propria presa di posizione politica che parla di chi non ha la possibilità di spendere, o investire un mucchio di soldi per istruire conoscenza e cultura, e dunque deve imparare a vivere grazie all’esperienza della strada e a grazie ciò che il cemento offre per sopravvivere. Il risentimento contro gli studenti dei college più abbienti emerge con grande naturalezza, come una sorta di chiamata alle armi si leva tra i beat del ritornello, motivando i soldati del rap a non mollare il microfono perchè la loro verità deve esprimersi e perchè il fiume di parole possa continuare a scorrere veloce. Gli argomenti non devono essere messi da parte, le parole non devono finire.

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Goodie Mob sono una presa di posizione contro il sistema e allo stesso tempo un ponte che unisce le atrocità del passato verso il popolo afro-americano, con la disparità dei diritti vigente (ancora di questi tempi). I Goodie Mob hanno voluto lasciare un segno del loro passaggio con l’intenzione di non far dimenticare nulla di tutto quello che è successo, naturalmente il loro impatto fuori dal contesto americano non ha goduto della stessa risonanza dei movimenti legati al rap delle coste e alle rispettive divinità in stile B.I.G., Wu Tang, o N.W.A. del caso. Sebbene siano meno noti, i Goodie Mob di Atlanta sono i più rappresentativi in Georgia e meritano tutto il rispetto e l’acclamazione concessi alle scene più popolari newyorkesi e losangeline perchè, ancora oggi, i testi dei loro brani “stanno in piedi”. Still Standing!

“And I’ll make sure that no one ever forgets
It’s immortalized forever, on wax cd’s and casettes”.

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Alex Cavatton

@AlexCavatton sport addicted dal 1986. Amministratore di Chicago Bears Italia. Penna di Huddle Magazine dal 2018. Fondatore di 108 baseball su Cutting Edge Radio. Autore dei progetti editoriali: Chicago Sunday, Winners Out, RaptorsMania, Siamo di Sesto San Giovanni, Prima dello snap. Disponibili su Amazon

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