Huddle’n Music: Knock on wood, Joe Gibbs e la resurrezione dei Redskins

Joe Jackson Gibbs è nato alla fine del novembre 1940 a Mocksville, nella Carolina del Nord. Gibbs è il maggiore dei due figli di Jackson Ceufud e Winnie Era Gibbs. Gibbs si diplomò alla Santa Fe High School nel 1959, dove era anche il miglior quarterback. Gibbs ha frequentato il Cerritos Junior College e poi la San Diego State University (SDSU) dove è stato allenato da Don Coryell.

A metà degli anni Sessanta, Gibbs ha iniziato la sua carriera come allenatore di linea offensiva alla San Diego State sotto Coryell. Ha ricoperto la stessa posizione sotto Bill Peterson a Florida State nel 1967 e nel 1968 prima di lavorare con John McKay a Southern California. Nei primi anni Settanta Joe ha trascorso un paio di inverni ad Arkansas con Frank Broyles e infine è entrato (finalmente) nella National Football League, assunto come offensive coordinator per i St. Louis Cardinals. Ai Cards, Joe Gibbs si è ricongiunto con Don Coryell, il quale era diventato a sua volta capo allenatore della squadra ed aveva scelto personalmente il suo assistente. Un cerchio che si chiude, o forse no.

Nel 1979 Coryell cambia sponda del paese e si trasferisce a San Diego, dove diventa head coach dei Chargers. E indovinati chi porta con sè? Joe Gibbs, proprio lui. Strappato ai Tampa Bay Buccaneers dopo un solo anno di collaborazione (1978).

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In qualità di coordinatore offensivo per San Diego, Gibbs ha guidato l’attacco griffato “Air Coryell” con enorme successo; lo ha fatto utilizzando un sofisticato attacco sui passaggi e i Chargers, insieme al quarterback Dan Fouts, hanno stabilito diversi record offensivi durante le due stagioni di Gibbs in California. A sorpresa, i Chargers hanno registrato una media di oltre 400 yard offensive a partita durante la stagione 1980 e, dopo 17 anni di allenatore ma nei panni di assistente, i Washington Redskins hanno offerto a Joe Gibbs la posizione di capo allenatore. Con ogni probabilità la cosa più sensata che i Redskins abbiano mai fatto.

Gibbs impiega una stagione per capire come gira la giostra, record di 8-8 prima di ripresentarsi all’anno due con le idee più che chiare. Forse con la complicità di quell’assurda stagione datata 1982, anno in cui lo sciopero dei giocatori NFL fece perdere alla lega ben 57 giorni di campionato obbligando i vertici a ridurre il calendario a sole nove partite, i Redskins di Gibbs riuscirono ad approfittare del momento e a vincere 8 partite su 9.

Niente divisioni nel 1982, solo AFC e NFC con le migliori otto squadre nelle rispettive conference ad affrontarsi nei playoff in stile NBA.

I Washington Redskins, forti della loro combo distruttiva attacco-difesa, vinsero senza troppi intoppi le sfide contro i Detroit Lions (31-7), contro i Minnesota Vikings (21-7), quella più sentita del Championship contro i Dallas Cowboys (31-17) e si presentarono al Super Bowl XVII contro i Miami Dolphins; la squadra nettamente più in forma della AFC.

Al Rose Bowl History di Pasadena, California, l’esame più difficile della carriera (fin qui) di Gibbs, portava il nome pesante di un certo Don Shula, il coach perfetto.

Domenica 30 gennaio 1983 il kick-off è fissato alle 6 di pomeriggio.

Sfida che inizialmente si dirigeva verso Miami che chiudeva il primo quarto sul 7-0 per poi resistere ai tentativi di rimonta Redskins nella seconda frazione pareggiata per 10-10. I Fins però, vennero arginati e contenuti in modo più che birillante alla ripresa, in quegli ultimi trenta minuti di gioco in cui Washington era padrona del campo. Parziale di 3-0 nel terzo periodo, prima di dilagare in maniera definitiva in un finale da 14-0.

Il tabellone recita Washington 27 – 17 Miami. I Redskins vincono il Super Bowl con una stupenda prestazione dell’ex Jets John Riggins (1 touchdown, 166 yard su corsa più altre 15 in ricezione).

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L’avventura di coach Joe Gibbs raggiunse l’apice in NFL prestissimo, cavalcando il momento e prevalendo con stile sulle avversarie. Ma ci saranno altre sorprese in futuro, altri 2 anelli per aver conseguito ancora un paio di trionfi nel Super Bowl: uno nel devastante 42-10 ai danni dei Denver Broncos che risale al 1987, l’altro nel 37-24 datato 1991 contro i Buffalo Bills.

A Washington il football professionistico ha regalato 5 trionfi nella storia del team: due sono quelli dei titoli nazionali vinti nel 1937 e nel 1942 firmati da Ray Paul Flaherty, gli altri tre sono i Super Bowl alzati in città grazie alla profonda maestria di coach Joe Gibbs, uno dei più grandi allenatori di tutti i tempi.

Amy Stewart, quinta di sei figli, è nata a Washington DC in una larga famiglia cattolica, amante del divertimento in stile country.

La madre era una di tredici figli, dunque le cose si facevano in grande a prescindere da tutto… Il padre invece, Joseph Stewart II, la iscrisse a lezioni di canto e ballo nel 1960, quando Emy aveva solo quattro anni. Una Amy Stewart era già registrata presso l’Actors’ Equity Association, quindi ha cambiato l’ortografia del suo nome in Amii. Si iscrisse brevemente alla Howard University di Washington, ma presto partì per il Classical Repertory Dance Ensemble (CRDE) per studiare danza classica e moderna.

I fondamentali, quindi, non le mancavano. La carriera della Stewart inizia sostanzialmente nel 1977 ed il più importante tra i suoi successi arriva un paio di anni più tardi con la pubblicazione del suo primo album: Knock On Wood, sotto la supervisione del producer Berry Lang.

Il periodo dell’ascesa della nativa di Washington DC è, in modo concidenziale, lo stesso legato alla resurrezione dei Redskins.

amy stewart

La Disco è un genere di musica dance, una sottocultura emersa negli anni Settanta dalla scena della vita notturna urbana degli Stati Uniti. Il suo suono è caratterizzato da battiti a quattro piani, linee di basso sincopate, sezioni di archi, fiati, piano elettrico, sintetizzatori e chitarre ritmiche elettriche.

La Dance-Pop è un sottogenere musicale popolare che ha avuto origine tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. È generalmente musica uptempo indirizzata verso i locali notturni con l’intenzione di essere ballabile, ma adatta anche alla radio di successo contemporaneo. Sviluppata da una combinazione di dance e pop con influenze disco, post-disco e synth-pop, è generalmente caratterizzata da ritmi forti e le strutture delle sue canzoni sono facili e piuttosto semplici.

La miscela di questi generi, con l’aggiunta del tocco di stile Soul legato alla cultura afro-americana, ha visto nell’iterpretazione di Amii Stewart uno dei massimi punti di espressione.

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Ritmo battente ed energia contagiosa, per intenderci meglio quella che ti fa muovere la gambetta senza che tu te ne accorga. E quando ti sei accorto, ormai è troppo tardi perchè sei già in pista a scatenarti… Grinta e sentimento espresse in un parallelismo che trova, nelle sue diversità sensoriali, un equilibrio forte e stabile. Sul suo ritmo si appoggia tutto ciò che circonda il suono e sebbene l’organizzazione del pattern sia chiusa i pensieri sono liberi di viaggiare senza trovare confini ad intralciarli.

“Knock On Wood” è il modo scaramantico in cui gli americani intendono dire “toccare ferro”. Il brano di Amii Stewart è senza dubbi tra i più eclatanti e apprezzati nel suo genere. Da questa pietra miliare, molti artisti che sono venuti dopo hanno preso ispirazione.

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Alex Cavatton

@AlexCavatton sport addicted dal 1986. Amministratore di Chicago Bears Italia. Penna di Huddle Magazine dal 2018. Fondatore di 108 baseball su Cutting Edge Radio. Autore dei progetti editoriali: Chicago Sunday, Winners Out, RaptorsMania, Siamo di Sesto San Giovanni, Prima dello snap. Disponibili su Amazon

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