Uno sguardo al 2021: Minnesota Vikings

Una fitta al fegato. Subito. Appena aperto il file. Sì, perché il 2021 doveva essere The Last Dance per Aaron Rodgers ai Packers, invece lo è stato per il ciclo di Mike Zimmer e Rick Spielman ai Vikings. Il finale però non ha nulla a che vedere con l’originale, il The Last Dance dei Chicago Bulls al loro secondo Three-peat. E in questo racconto nessuno vuole essere “like Mike”. Anzi, a quanto pare tutti non ne potevano proprio più, di Mike… Zimmer.

COME DOVEVA ANDARE…

Avrebbe dovuto essere la stagione del riscatto. Un “all-in ponderato” per ribaltare l’insipido 2020, il cui retrogusto amaro era stato spiegato con millemila scuse.
Il ritorno degli infortunati. L’arrivo di un leader come Patrick Peterson. Gli investimenti in free agency per potenziare il cuore della defensive line. Gli ingredienti per risollevare la tanto amata difesa di Zimmer sembravano esserci tutti in primavera. Una difesa spesso imbarazzante un anno prima.
E le buone sensazioni erano così diffuse che persino perdere per una vicenda giudiziaria (da cui è stato assolto recentemente) il cornerback scelto al primo giro nel 2020 – Gladney – è stato digerito tutto sommato senza particolari acidità di stomaco. E l’entusiasmo per le prospettive del 2021 era persino lievitato dopo il draft, quando portare Christian Darrisaw a potenziare la linea offensiva, riuscendo a prenderlo ugualmente pur scivolando all’indietro con una trade come di consueto, sembrava un colpo di bacchetta magica di Spielman. Sembrava.

…E COME E’ ANDATA

Nulla. Del paragrafo precedente non si è verificato nulla. Un’altra annata incolore. Sbiadita. Avvilente. Mediocri, la sintesi in una parola sola dei Vikings 2021. Tutte le partite giocate fino all’ultimo. Molte perse di pochissimo. L’illusione di poter centrare i play-off e giocarseli in una NFC tutt’altro che irresistibile. Ci sono ancora gli infortuni (Danielle Hunter su tutti, ma pure Irv Smith) a pesare nell’economia vichinga. Non funziona a regola d’arte nemmeno la scelta di affidarsi a un offensive coordinator inesperto come Kubiak junior. Eppure a tradire è soprattutto – ancora una volta – il reparto più amato da coach Zim, l’unico che conosce davvero. La difesa non si risolleva. È lontana anni luce dagli ingranaggi perfettamente oliati, rimasti sbiadite diapositive dal passato dell’head coach, incapace di aggiornarsi a dovere. E così gli ultimi due minuti dei tempi diventano un’agonia. Le partite si perdono. I play-off sfumano. I rapporti si incrinano.

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COSA HA FUNZIONATO…

Tanto che pure quello che funziona passa in secondo piano. Viene persino umiliato, per certi versi. Justin Jefferson conferma nel suo secondo anno di essere il campione visto germogliare nel 2020. Coach Mike gli nega un record che avrebbe meritato, il maggior numero di yard ricevute nei primi due anni di carriera. Sì, perché statisticamente il prevedibilissimo attacco di Kubiakkino regge. Ogni inizio settimana Instagram e Twitter spingono verso il milionario rinnovo di Kirk Cousins affiancando le sue statistiche ai migliori della lega e della storia della stessa. Esercizio truffaldino, che fa gioco all’agente. Ad aiutare il quarterback i passi avanti dell’offensive line, in cui Christian Darrisaw viene inserito con successo a stagione in corso puntellando gli esterni. L’attacco riceve segnali positivi anche dal kicking game, sicuramente migliore dell’anno precedente. E gli special team in generale propongono miglioramenti di cui c’era enorme bisogno. Regge l’urto di ritrovarsi titolare a sorpresa, Tyler Conklin. Gli vale un contratto ai Jets in offseason. Come si diceva manca la difesa, in cui spicca prevalentemente il ritorno sui livelli di competenza di Harrison Smith. Buono anche l’impatto di Cam Bynum, ma il giudizio è inevitabilmente sospeso visto l’impiego limitatissimo. Così come Barr lancia stimolanti flash di quel che è stato e potrebbe tornare ad essere. Difficilmente in gialloviola.

…E COSA NON HA FUNZIONATO

Eccoci, insomma. Sprofondati nelle dolenti note. Perché non era una falla arginabile quella apertasi nel 2020. Non sarebbe bastato nemmeno Saratoga, il silicone sigillante. Per i nuovi si va da un massimo di “annate oneste” come quelle di Tomlinson e Woods a totali disastri come quanto mostrato da Breeland. Inattesi scivolamenti all’indietro di campioni, Kendricks. O sophomore slump, Cam Dantzler. Fino agli oggetti misteriosi, ninnoli inutilizzabili, pescati al draft. E alla rotazione incessante di comprimari. Tutto spolverato con uno Zimmer ai minimi termini nei rapporti con giocatori, GM e tifosi. Davvero uno spettacolo poco edificante, crollare sul rettangolo verde è la conseguenza inevitabile. A non far sbracare i purple and gold è un attacco che non riesce quasi mai a convincere, pur capace di sopperire con il talento dei singoli a gameplan iper prevedibili. Il cambio di passo però non arriva mai. E anche questo lato della palla è un condensato di frustrazioni, sebbene i numeri siano tutto sommato incoraggianti. Tradotto: le stats sono importanti, ma non sono tutto. Vero Kirk?

E ADESSO?

Dopo otto anni di era Zimmer e una quindicina di Spielman al timone, i Wilf una volta concluso il secondo campionato senza play-off hanno deciso di aprire le finestre e far entrare aria fresca. Via allenatore e GM. Ingaggiato Kwesi Adofo-Mensah, general manager quarantenne con una carriera nel mondo della finanza prima di avvicinarsi alla Nfl e sfondare pure qui. Ingaggiato Kevin O’Connell come head coach, fresco di Super Bowl vinto come assistente in capo all’attacco di Sean McVay ai Los Angeles Rams. Niente tabula rasa però. Perché in campo nel 2022 si rivedranno tantissimi protagonisti del precedente corso. Primo su tutti: Kirk Cousins. Una scelta quasi obbligata, figlia del prolungamento suicida di due stagioni fa. Ci sarà anche Danielle Hunter. Affiancato da Za’Darius Smith, il colpaccio della free agency vichinga. Se resteranno lontani dagli infortuni Minnesota avrà una pass rush da leccarsi i baffi. SE. Enorme SE. L’attacco rimane praticamente identico allo scorso anno, con il rientrante Irv Smith. Restano lì, da chiarire, i dubbi sull’interno della OL. La difesa sarà guidata da coach Ed Donatell e avrà un nuovo schema base: da 4-3 si passa 3-4. Manca ancora profondità nei primi sette. Principalmente vanno ricostruite con il draft le secondarie, anche se rifirmare Peterson è stata cosa buona. I Wilf non vogliono ripartire da zero, come sta invece facendo Chicago ad esempio, ma puntano a restare competitivi mentre si apre un nuovo ciclo. Che sia possibile è tutto da vedere. Il rischio “altra annata incolore” è lì, come testimonia la previsione di 8,5 vittorie che fanno a Las Vegas. Servirà pazienza, per lasciar lavorare i nuovi arrivati. Senza che sfoci in rassegnazione alla mediocrità.

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