Super Bowl LVI: Los Angeles Rams
Il primo obiettivo, per i Los Angeles Rams, è stato ampiamente raggiunto: giocare il Super Bowl in casa nel nuovissimo SoFi Stadium, punto centrale del ritorno della franchigia in California dopo un ventennio a St.Louis illuminato dalla vittoria nel Super Bowl del 1999 e pochissimo altro.
Per raggiungere questo obiettivo i Rams non hanno lasciato nulla di intentato, prima ingaggiando Sean McVay, l’allenatore più giovane della storia NFL al tempo dell’ingaggio, ed una delle menti offensive più innovative dell’intero panorama, e poi ribaltando tutte le consuetudini, buttando via tutti i manuali di gestione e costruzione di una squadra aggredendo il mercato della free agency e dello scambio giocatori sacrificando le proprie scelte pregiate al draft per rimpinguare il roster di veterani già affermati anzichè puntare sulla costruzione dei talenti da zero, tattica che, nel tempo, non ha mai prodotto grossi risultati in casa Rams.
Con queste premesse, i Rams si sono attirati le critiche quasi unanimi del mondo NFL, che gli imputava via via una gestione scellerata del salary cap che ne avrebbe decretato l’implosione nel giro di poche stagioni, una tattica “all in” che non avrebbe pagato perchè sono le squadre che vincono i titoli e non i grossi nomi che compongono il roster, per finire con le previsioni di un ritorno all’anonimato per mancanza di prospetti al draft e della possibilità di accedere ai migliori giocatori del college, dovendosi accontentare di quel che resta al terzo o quarto giro.
Al momento i Rams hanno puntualmente smentito tutte queste previsioni arrivando a giocarsi il Vince Lombardi Trophy contro una squadra che, invece, ha operato una strategia opposta, essendo infarcita di giovani talenti arrivati dai draft delle stagioni precedenti.
OFF SEASON
La rincorsa al Super Bowl è iniziata lo scorso gennaio quando, eliminati al Divisional dai Green Bay Packers, con Jared Goff con un pollice rotto e Aaron Donald al 50% a causa di un infortunio rimediato nella wild card contro Seattle. McVay ha deciso di tagliare i ponti con il quarterback prima scelta al draft 2016 operando una clamorosa trade con Detroit che ha portato in California Matthew Stafford, da sempre considerato un top quarterback che ha avuto la sfortuna di finire in una squadra pessima.
Tutta l’hype è convogliata sulla figura di Stafford, ovviamente, presentato come il Messia che avrebbe portato da solo i Rams alla terra promessa, ma McVay ed il front office sapevano bene che sarebbe stato un tassello importante ma ci sarebbe stato bisogno anche di altro. I problemi principali stavano in difesa, dove Brandon Staley aveva abbandonato la nave per approdare ai Chargers come Head coach, ma soprattutto dove il backfield difensivo si era improvvisamente dimezzato con l’addio di John Johnson III e Troy Hill ed il compagno di reparto di Donald Michael Brockers aveva anch’egli scelto altri lidi. In attacco, oltre a Goff, lasciava la truppa anche Gerald Everett, lasciando Tyler Higbee unico tight end di esperienza.
Oltre a Stafford, i Rams aggiungevano in attacco il veterano DeSean Jackson, nel tentativo di regalare a Stafford quell’arma sul profondo che era mancata a Goff dall’addio di Brandin Cooks obbligando McVay a rimaneggiare il suo playbook togliendo alcune delle azioni più esplosive e proficue, ed il running back Sony Michel, per sostituire cam Akers.
REGULAR SEASON
Nonostante la tegola dell’infortunio in preseason di Cam Akers (rottura del tendine d’Achille) abbia un po’ scompaginato i piani di McVay, i Rams hanno iniziato la stagione col botto. Le prestazioni maiuscole di Stafford hanno mascherato i problemi, pur piuttosto evidenti, in difesa, e la vittoria abbastanza netta sui Tampa Bay Buccaneers di Tom Brady, campioni in carica, ha proiettato Los Angeles ai primi posti del ranking NFL. Poi è arrivata la secca sconfitta contro gli Arizona Cardinals che ha messo a nudo i problemi difensivi e, allo stesso tempo, ha mostrato al mondo che no, Matt Stafford da solo non sarebbe bastato.
La vittoria con i Seahawks ed il filotto contro le non irresistibili New York Giants, Detroit Lions e Houston Texans, hanno mantenuto i Rams ben al di sopra della linea di galleggiamento, ma alla fine del mese di ottobre iniziano le grandi manovre per aggiustare le cose che non vanno. L’inizio è piuttosto sorprendente, perchè i Rams si privano di Kenny Young, un giovane linebacker che sta disputando un’ottima stagione, spedito a Denver per meni di briciole. Mentre tutti si stanno interrogando sulle intenzioni del front office, arriva qualche giorno dopo la notizia dell’ingaggio di Von Miller, che spiega un po’ meglio il perchè della trade precedente. Contemporaneamente viene rilasciato DeSean Jackson, scontento del poco coinvolgimento nell’attacco di McVay, che si accasa ai Las Vegas Raiders, creando un buco in attacco, stante il rendimento altalenante di Van Jefferson. Von Miller va a complementare l’irruenza di Donald e la pass rush di Floyd, con il dichiarato intento di mettere abbastanza pressione sul quarterback da limitare i danni derivanti da una seconda linea sempre piuttosto vulnerabile.
Il mese di novembre, però, è terribile. Tre partite giocate e tre sconfitte contro Tennessee, San Francisco e Green Bay, con il bye di mezzo ad evitare la quarta. Il gioco di Stafford pare regredito, ed il quarterback infila una serie di topiche epocali regalando pick six come caramelle e perdendo numerosi palloni. La difesa non riesce ad assestarsi nella sua nuova conformazione e, a fine mese, le azioni dei Rams sono ai minimi stagionali, con la Division ormai apparentemente fuori portata ed addirittura i playoff in bilico. La svolta arriva a fine novembre, quando i Rams annunciano l’ingaggio di Odell Beckham Jr., attirandosi altre critiche per la scelta di un giocatore giudicato ormai bollito e problematico.
Piano piano, invece, i Rams si rimettono in carreggiata. Beckham entra negli schemi di McVay ed inizia a produrre touchdown, pur con poche ricezioni, e si ritrova anche a dover svolgere un ruolo molto più attivo del previsto a seguito dell’infortunio che termina la stagione di Robert Woods. Con un Cooper Kupp in stato di grazia che attira tutte le doppie coperture degli avversari, Beckham gode di una libertà mai vista prima e, partita dopo partita, diventa un protagonista insostituibile dell’attacco di Los Angeles.
Quello che il mese di novembre ha tolto lo restituisce quello di dicembre. I Rams marciano spediti verso i playoff riuscendo addirittura a riagguantare il titolo divisionale battendo e superando gli Arizona Cardinals e, pur terminando la stagione con una inopinata sconfitta contro i Niners, entrano in post season decisi a cambiare marcia.
POST SEASON
Nel turno di wild card incontrano nuovamente i Cardinals, battuti poche settimane prima, e sfoderano una prova di forza davvero poderosa, schiantando i rivali divisionali senza possibilità di appello. I Niners eliminano i Cowboys, spedendo i Rams a giocare a Tampa Bay. Anche i Buccaneers vengono superati inizialmente senza sforzo, per poi subire una rimonta furiosa di Brady, grazie anche ad un attacco pasticcione che spreca tutte le belle giocate difensive. Alla fine è Matt Gay a risolvere con un field goal a tempo scaduto. Sono passati venti anni da quando Brady battè i Rams con un field goal di Vinatieri a tempo scaduto nel Super Bowl XXXVI, e Los Angeles assapora la vendetta. Brady si ritirerà un paio di settimane dopo. I Rams ne hanno visto nascere la leggenda ed i Rams ne hanno messo la parola fine.
C’è, però, ancora un Championship da giocare, proprio contro quei 49ers che rappresentano la nemesi di Los Angeles. Sei vittorie nelle ultime sei partite e quella rimonta con vittoria in overtime all’ultima di regular season che ancora grida vendetta. I Rams faticano, sbagliano, vanno in affanno, ma poi recuperano grazie ad una difesa stratosferica e vanno a vincere di tre punti grazie ad un field goal di Matt Gay. Il Super Bowl in casa è stato raggiunto, ora ci vuole l’ultimo sforzo.
GAME PREVIEW
Apparentemente non c’è storia. Con quella offensive line, i Bengals non hanno alcuna speranza di uscirne vivi contro Donald, Miller, Gaines e Floyd. Preparate le esequie per Burrow, che sarà tumulato a metà campo durante l’half time show. Ma con quella linea offensiva i Bengals al Super Bowl ci sono arrivati, ed hanno affrontato linee di difesa almeno pari a quella dei Rams, quindi non è corretto basarsi solamente sul matchup tra le linee per provare ad immaginare cosa succederà. Perchè dietro la linea c’è Burrow, un quarterback al secondo anno che ha le movenze di un veterano e la capacità di tirare fuori conigli dal cilindro con una facilità estrema. E Chase ed Higgins sono due ricevitori da non sottovalutare. E Mixon non puoi tenerlo fuori dall’equazione.
La pass rush sarà fondamentale, si, ma la difesa dovrà replicare a partita fatta con San Francisco, dove è riuscita contemporaneamente ad azzerare il gioco di corsa e lasciare a Garoppolo solo i lanci nel mezzo, nel medio corto, prontamente neutralizzati. Gli accoppiamenti Ramsey/CHase e Williams/Higgins saranno fondamentali.
In attacco tutto ruoterà intorno alla coppia di running back Akers / Michel ed alla loro abilità di muovere la palla sulla terra per aprire qualche varco in più per i ricevitori. Difficile che i Bengals concedano qualcosa sul profondo, con una secondaria attenta e disciplinata, per cui saranno i passaggi sul medio, terreno preferito di Cooper Kupp, a dettare il gioco di lancio. I drive dureranno un po’ di più, come contro i Niners, ma tenere fuori dal campo Burrow e Chase potrebbe essere l’arma vincente per questi Rams, che proveranno a bissare il successo casalingo dei Tampa Bay Buccaneers lo scorso anno anche, e soprattutto, per corroborare la validità della strategia messa in atto per arrivare al risultato.