Orange Bowl Preview: Michigan Wolverines

Per le due semifinali abbiamo deciso una presentazione diversa da quella per gli altri Bowl, ci focalizzeremo sulla singola squadra per analizzare al meglio le quatto partecipanti, è il turno dei Michigan Wolverines (CincinnatiAlabama, Georgia).

Michigan Wolverines: la rivincita di Mr. Brightside.

La Big House esplode, gli spalti si svuotano e il campo viene sommerso da una marea gialla. C’è “Mr. Brightside” dei Killers in sottofondo, Michigan ha battuto Ohio State: Jim, the demons are gone!

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orange bowl 2021

La storia della stagione di Michigan è quella di una scommessa, anzi di una serie di scommesse vinte. La scommessa che l’amministrazione dei Wolverines ha fatto estendendo Harbaugh quando la sua esperienza sembrava giunta al termine e quella di Harbaugh nel rimaneggiare, per l’ennesima volta, il suo staff. Ma forse quella più evidente di tutte è quella che l’ex allenatore dei 49ers ha fatto sulla costruzione e lo stile della sua squadra che non si discosta molto rispetto a ciò che lo aveva reso uno dei nomi più importanti nel mondo del football americano.

I Wolverines sono tornati tra le migliori squadre della nazione e lo hanno fatto seguendo la Harbaugh way nonostante molte delusioni e nonostante l’HC sia stato messo più volte in discussione: non credo ci sia niente di più gratificante per lui.

Michigan è la a prima squadra nella storia ad arrivare ai playoff partendo da unranked a inizio stagione, ma quale sono state le tappe di questo inaspettato viaggio?

Resume

Sette vittorie nelle prime sette partite per Harbaugh e i suoi, nell’ordine: Western Michigan (47-14), Washington (31-10), Northern Illinois (63-10), Rutgers (20-13), Wisconsin (38-17), Nebraska (32-29), Northwestern (33-7).
La tavola era apparecchiata per il grande scontro di Week 9, tra gli imbattuti Michigan Wolverines, al numero 6 del ranking, e i “cugini” di Michigan State (anche loro imbattuti) al numero 8. La partita in sé è stata sicuramente tra le più belle della stagione: la rimonta Spartans (sotto 30-14 a metà del terzo quarto) guidata dalle gambe mai dome del running back Kenneth Walker, riportava in vita i vecchi fantasmi dei Maize&Blue. Il motivo ricorrente delle stagioni di Harbaugh alla guida della sua alma mater è stato sempre lo stesso: un inizio promettente, tante aspettative, qualche lampo per una squadra che, puntualmente, si squagliava di fronte alla prima difficoltà.
Questa volta chi si aspettava il crollo di Michigan è rimasto deluso: vittoria contro Indiana (29-7) ma soprattutto quella contro Penn State al Beaver Stadium (21-17) e Maryland (59-18), prima del grande scontro contro Ohio State. La partita che valeva una stagione.
Nella 117esima edizione di “The Game”, Michigan ha battuto Ohio State per 42-27 per la prima volta dal 2011, imponendo la loro fisicità sia in attacco che in difesa. Non a caso i protagonisti sono stati un running back (Hassan Haskins, con 5 touchdown) e un defensive end (Aidan Hutchinson con 3 sack).
La partita per il titolo della Big Ten è stata una formalità per Michigan che ha spazzato via dal campo (42-3) una Iowa completamente impotente.
Con l’ultima vittoria i Wolverines hanno chiuso la stagione a quota 12 (prima volta dal 1997) e portandosi a casa il primo titolo della Big Ten dal 2004.

Analisi squadra

In attacco è arrivato a compimento il progetto cominciato due anni prima, quando Jim Harbaugh strappò Josh Gattis dallo staff di Alabama per affidargli le chiavi del reparto offensivo dei suoi Wolverines. Gattis arrivò con tutte le celebrazioni possibili nella speranza che potesse portare a Michigan l’attacco spumeggiante dei Tide, ma, alla prima esperienza da play-caller, i risultati furono stato ondivaghi.
Nelle 13 partite di questa stagione, non solo Gattis ha dimostrato di poter essere un grandissimo offensive coordinator ma anche di sapersi adattare alla realtà di una squadra fisica come quella di Michigan senza per forza snaturare gli elementi esplosivi di un attacco moderno.
Quando Ronnie Bell, probabilmente il ricevitore più forte, si è infortunato ad inizio stagione è apparso subito chiaro che il downfield passing game non sarebbe potuto essere un punto di forza  di questa squadra. Per Gattis la soluzione è stata una: dare la palla in mano il più possibile ai suoi playmaker e affiancare questo ad un running game letale. Ha funzionato.
L’attacco ha segnato 37,8 punti per partita (dodicesimi nella nazione) con 223,6 yard su corsa di media (decimi) e 228,1 yard su passaggio: equilibrio quasi perfetto.
Cade McNamara è stato un QB molto solido per i Wolverines (2470 yard, 15 TD e 4 intercetti con il 64,6% di passaggi completati), abile nel pescare i suoi ricevitori soprattutto nelle zone intermedie del campo. A dimostrazione del sostanziale equilibrio dell’attacco di Michigan, ben sette ricevitori hanno avuto più di 200 yard in stagione. Su tutti Cornelius Johnson (38 ricezioni per 609 yard e 3 TD) che ha sostituito bene l’infortunato Bell, Roman Wilson e il TE Erick All (decisivo quando la difesa avversaria veniva risucchiata dalla minaccia della corsa).
Il running game è stato, come detto sopra, letale soprattutto grazie alla stagione di Hassan Haskins (1288 yard e 20 touchdown) ma anche di Blake Corum che ha sfiorato le mille yard stagionali (939) e concluso con 11 touchdown.

Tra tutte le scommesse di Harbaugh succitate, quella sicuramente più azzardata è stata affidare la difesa al giovanissimo Mike Macdonald su consiglio e raccomandazione del fratello John.
Macdonald ha portato ad Ann Arbor l’approccio flessibile e la volontà di adattarsi all’avversario tipici del game-planning in stile NFL.
Questi ha rappresentato una ventata di aria fresca rispetto al suo predecessore Don Brown che era soprannominato “Dr.Blitz” per la centralità che dava all’applicazione della pressione, sempre e comunque, anche quando questo voleva dire rimanere con la coperta troppo corta. E’ così che Michigan, pur facendo bene per gran parte delle partite, non riusciva mai a sconfiggere Ohio State: il loro atletismo e la loro rapidità erano impossibili da tenere sotto controllo per una difesa rischiosa come quella di Brown.
La difesa di Macdonald ha concesso 16,1 punti a partita di media (quarta migliore della nazione) e, sotto la sua tutela, sono esplosi i due defensive end Aidan Hutchinson e David Ojabo (14 e 11 sack rispettivamente), il linebacker Josh Ross (95 tackle) e la safety Daxton Hill (2 intercetti).

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Chiavi della partita

Come si batte una difesa che, esclusa la partita contro Alabama, ha fatto registrare una stagione statisticamente storica e schiera giocatori che sarebbero già oggi in grado di reggere il campo tra i professionisti?
I Tide di Saban hanno battuto i Bulldogs andandogli a prendere dove piace a loro, con la fisicità e con l’astuzia. Michigan è una squadra altrettanto fisica e sono sicuro che non si snaturerà più di tanto in questa sfida. I Wolverines vantano un giocatore stellare come Hassan Haskins che, oltre ad essere un running back di altissimo livello, è anche uno che non ha affatto paura del contatto anzi, è il primo a cercarlo. Alabama non ha avuto granché dai suoi RB nella sfida contro UGA, ma ha ottenuto le yard che servivano al momento giusto grazie alla fisicità di Brian Robinson e Trey Sanders, per niente impauriti dai tackler di Georgia. Un trucco per far stancare la forte difesa di Kirby Smart sarà quello di tenerli in campo il più possibile: da questo punto di vista, Michigan ha le carte in regola per poter abbassare i ritmi e controllare la partita.

In difesa, sempre seguendo un po’ l’impronta di Saban, la chiave sarà quella di mettere in difficoltà il più possibile il QB di Georgia (chiunque sarà) e non dargli chiarezza o punti di riferimento sul tipo di schieramento. La buona notizia per Michigan è che Macdonald non ha fatto altro per tutta la stagione. Sia Bennett che Daniels hanno dimostrato di patire la pressione e sono andati in difficoltà quando la difesa li ha costretti a pensare più del dovuto, per questo i Wolverines si accoppiano bene anche grazie a due fuoriclasse come Hutchinson ed Ojabo che saranno protagonisti in questa semifinale.

Georgia è una squadra che ha pochi difetti, l’unica incertezza però risiede nella posizione più importante del gioco del football: sfruttare questo è imperativo per Michigan e per arrivare a giocarsi il titolo nazionale in finale.

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Guido Semplici

College Football - Co-Host di Scusate il CFB, mi trovate anche su Podcast Verso il Draft e su Twitter.

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