Nagy fa i punt, LaFleur trova gli aggiustamenti (Chicago Bears vs Green Bay Packers 30-45)
Tutto prevedibile, tutto come da pronostico. I Green Bay Packers vincono contro i Bears rimontando due volte e infine prendendo il largo. Una sfida divertente, quella del Sunday Night Football, che nonostante ciò che il punteggio possa far immaginare riesce a tenere gli spettatori incollati alla televisione fino alla fine.
Chicago parte convinta e trova un vantaggio iniziale di 10 punti. Cifra irrisoria per le capacità di Aaron Rodgers che con quattro passaggi ribalta campo e risultato; lo aiuta la sua difesa grazie al pick 6 che Justin Fields lancia dritto nelle braccia di Rasul Douglas, il quale si ritrova da solo davanti a 55 yard di terreno verde e libero prima dell’ingresso in end-zone che fa esplodere Lambeau Field.
Fields però rientra in campo e riprende coraggio con una bomba da 54 yard per Damiere Byrd che apre un solco nel prato e riporta Chicago avanti. E qui ci soffermiamo per un momento, perchè la risposta di Fields è prepotente e porta con sè un carico di responsabilità non indifferente. In un altro momento prima di oggi, un intercetto simile avrebbe rimandato in campo il Trubisky della situazione per vedere il 3 & out più scontato dei saldi di gennaio. Invece Fields alza la testa, impone il suo gioco con istinto e rimette le redini al cavallo. Ripeto: impone il suo gioco, non quello di Nagy.
Chicago segna 27 punti nella prima metà di gara quando abitualmente le medie offensive dei Bears si aggirano sui 16/17 punti a partita e tutto ciò che succede è più frutto di istinti primordiali legati al momento che non al modo in cui è stata preparata la sfida. Eccezione fatta, in casa Bears, per lo special team allenato da Chris Tabor che domina e controlla il campo in quei pochi momenti attivi. La notte splende su Jakeem Grant Sr. che segna un touchdown esaltante sul ritorno di un punt da 97 yard, più un secondo con una bella ricezione. Grant è incontenibile e la visione di gioco di Fields lo esalta mettendo in ombra sia Allen Robinson II (al rientro dopo diverse settimane di stop), sia Darnell Mooney non pervenuto nella notte della tundra. L’impiego di Grant e i risultati che il ricevitore ha portato a Chicago, grazie alla trade nel mercato di riparazione a stagione in corso, mettono la parola fine sul possibile rientro di Tarik Cohen, ormai da considerarsi un ex Bears.
Ma in tutto questo la bravura dei Packers sta nel fatto di riuscire a restare ancorati al risultato per via della combo letale messa in atto da attacco e difesa. Rodgers si distingue come sempre per il suo talento cristallino che spesso porta a spasso gli avversari con semplicità disarmante. Il QB di Green Bay subisce le pressioni iniziali della difesa Bears ed in particolare di Robert Quinn (2 sack), ma una volta prese le misure dilaga senza se e senza ma: 29/37, 341 yard e 4 TD Pass.
Il feeling con Devante Adams è sempre di livello superiore e nonostante Jaylon Johnson riesca ad arginare Adams per buona parte di gara, il cornerback dei Bears alla fine deve arrendersi all’intesa delle due stelle Packers.
Il terzo quarto è quello che fa la differenza.
Le squadre rientrano in campo dopo la pausa dell’intervallo e mentre i Bears non hanno idea da che parte andare, i Packs colpiscono ripetutamente con astuzia ed esperienza. Il parziale recita 17-0 in favore di Green Bay e la sfida si chiude qui. Perchè succede questo?
Al netto della forza di Rodgers, del fatto che il QB sia ingrado di giocare con il dito del piede rotto, con il carico delle pesanti critiche sul suo conto annesse, dell’ottimo dialogo col suo reparto di ricevitori e con una difesa che gli mette palla in mano laddove è più facile muoversi, i Packers si riuniscono negli spogliatoi e trovano il classico second half adjustment. Così come dovrebbe essere. I problemi di Green Bay vengono messi sul tavolo e il coaching staff smuove le carte rimescolando il mazzo per servire una nuova mano. Il risultato è davanti agli occhi di tutti, a Green Bay c’è una strategia e Green Bay risolve con metodo.
Chicago invece resta a guardare e lo fa da ormai tre anni. Quelli che sono passati da quando la difesa di Vic Fangio era in grado di creare turnover a tonnellate, buoni per vincere partite e division. Inutile girarci intorno, Chicago sono tre anni che non gioca un terzo quarto!
La squadra viene mandata in campo senza idee, senza schemi applicabili, mettendo palla in mano al running back e come va, va. Un pò come nel calcio quando l’allenatore dice di buttare la palla avanti e poi quello che succede, succede. I Packers non ci mettono molto a capirlo e bloccano le corse di David Montgomery senza stress, oltre al fatto che riescono ad intuire quello che Fields avrebbe fatto e a metterlo ulteriormente in difficoltà. Dunque Chicago spreca un doppio vantaggio di 10 punti che complessivamente riporta ai 20 punti sprecati malamente dai Bears a Lambeau Field nei primi di settembre di quattro anni fa all’esordio di Khalil Mack e dello stesso Matt Nagy sulla panchina dei Bears.
Da questo si deduce che in un lasso di tempo pari a quasi mezza decade, Matt Nagy non ha imparanto nulla su come si gestisca la pressione in certi momenti o su come si gestisca uno spogliatoio.
In tutto questo ci mettiamo anche le responsabilità di un coaching staff che evidentemente non è di nessuna utilità al sistema. Vero che Nagy è orgoglioso e presuntuoso, e forse per quello che possiamo sapere non lascia più di tanto spazio a critiche o consigli (basta vedere la diatriba su chi e come debba chiamare i giochi), però chi lo circonda in termini di rendimento viaggia su standard piuttosto bassi. In altre parole, una difesa che concede quaranta punti ogni volta che incrocia i Packers non è di certo guidata da uno che merita questo genere di incarico. Valeva per Chuck Pagano, vale per Sean Desai.
Aggiungi il fatto che il capo allenatore dei Bears, dopo essersi fatto rimontare due volte ritrovandosi bruscamente in svantaggio, si trova su un 4th and inches e decide di fare il punt dopo che la sua controparte LaFleur gli ha giocato quarti down in faccia per tutta la partita e il disastro del 45-30 chiude il suo cerchio. I’m sorry but this is all about…
Al Lambeau Field, mentre i tifosi Bears sventolano le bandiere con scritto “Fire Nagy”, vengono regalati minuti a Teven Jenkins che sostituisce Peters uscito per infortunio alla gamba. I Bears avevano fatto un trade-up per Jenkins e le critiche sul conto dell’OLineman sono arrivate puntuali perchè tra flag e il buco in linea che ha poi fatto scaturire un fumble di Fields, la prima vera gara in NFL di Jenkins è risultata disastrosa. Troppo presto per giudicare, il ragazzo non giocava da tantissimo tempo ed il contesto d’esordio non era certo dei più affabili. Jenkins è risultato arrugginito, ma ha messo anche in campo una massiccia dose di potenza che, se espressa nel modo giusto, può essere fondamentale per il futuro di questa squadra.
Chicago perde, ma la cosa più importante sono i progressi di Justin Fields che è sempre più sul pezzo: 18/33 con 224 yard lanciate più 74 yard su corsa, 2 touchdown e 2 intercetti.
Un passo indietro nella classifica che oggi non nemmeno senso di essere guardata, un passo avanti negli sviluppi del centro focale e del futuro dei Bears. Si attende solo che la proprietà scelga un degno head coach che possa esaltare le qualità di questo giovane e talentuoso atleta.
Intanto Arizona perde in casa contro i Rams permettendo a Tamba Bay e a Green Bay di affiancarla in vetta sul record di 10-3. I Packers guidano la classifica attuale in NFC per via della migliore percentuale di vittorie negli scontri diretti all’interno della conference. Le prossime sfide contro Ravens e Browns, avversari meno morbidi dei Bears, ci diranno se i Packers sono i legittimi contendenti per la corsa alla Bye week dei playoff.