Cambio di guardia nella Baia

I Green Bay Packers hanno licenziato Mike McCarthy in seguito alle frizioni con Aaron Rodgers. Riuscirà Matt LaFleur a ribaltare la situazione?

9 settembre, Monday Night della prima giornata della stagione 2018. Di ritorno da un infortunio alla clavicola, Aaron Rodgers festeggia a bordo campo dopo aver completato una rimonta leggendaria contro i Bears. Gli ottantamila di Lambeau Field celebrano il ritorno del loro eroe, pregustando un revival della stagione 2014, che aveva visto Rodgers rientrare da un infortunio e stravincere il titolo di MVP. Fast forward all’ultima giornata di stagione regolare. La location è la stessa, ma l’umore è opposto. Il clima all’interno di Lambeau Field è più gelido dell’inverno del Wisconsin: i Packers hanno appena concluso la stagione tra i fischi, dopo essere stati umiliati 31-0 dai Lions e aver mancato i playoff per il secondo anno consecutivo. Rodgers non è nemmeno in campo, è uscito per infortunio nel primo tempo. Ma soprattutto Mike McCarthy non è più a bordocampo: il coach ha pagato la stagione disastrosa con un licenziamento dopo la sconfitta interna con i Cardinals in week 13. Finita la stagione, Green Bay si è messa alla ricerca di un nuovo head coach per la prima volta in dodici anni.

Matt LaFleur e i suoi fratelli

L’8 gennaio scorso i Packers hanno annunciato l’ingaggio di Matt LaFleur. È stata una scelta in linea con il trend degli ultimi due anni della NFL: da quando i Rams hanno ribaltato le proprie sorti ingaggiando il trentaduenne Sean McVay, nel resto della lega è partita la caccia al nuovo fenomeno under 40 dal background offensivo. LaFleur è il prototipo perfetto di questo nuovo tipo di allenatore. Ha trentanove anni, non ha mai giocato uno snap in NFL ma ha ottimi trascorsi da assistente allenatore.

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A livello di immagine il profilo del nuovo allenatore dei Packers rappresenta un cambiamento radicale rispetto al suo predecessore: in quanto ad aspetto e personalità LaFleur sta a McCarthy come un cocktail molecolare sta ad un bicchiere di lambrusco. Il primo ha un look fresco e giovanile, un fisico asciutto e un viso sorridente e abbronzato anche a gennaio. Il secondo, un omone di cinquantacinque anni con il volto paonazzo reso asimmetrico da un occhio strabico, era avaro di sorrisi anche quando i suoi Packers dominavano la NFC.

mccarthy lafleur

Dal punto di vista tecnico, il cambio di gestione ha l’obiettivo di togliere la ruggine da un attacco che nell’ultimo periodo della gestione McCarthy è stato, considerando il talento a disposizione, tra i più deludenti e prevedibili della lega. LaFleur propone infatti uno stile di gioco innovativo, nonostante affondi le radici in una tradizione gloriosa. Come McVay e Kyle Shanahan, il nuovo HC dei Packers proviene infatti dal ramo più fresco del coaching tree che risale a Mike Shanahan e, prima di lui, all’architetto della West Coast Offense Bill Walsh.

Da questa scuola sono nati alcuni degli attacchi più esplosivi degli ultimi anni, come i Falcons 2016 e i Rams 2017. LaFleur è stato parte integrante di entrambe le squadre (Quarterbacks Coach ad Atlanta e Offensive Coordinator a L.A.), e queste esperienze sono state il biglietto da visita che gli è valso il ruolo di coordinatore offensivo dei Titans nella scorsa stagione. Per valutare l’impatto che l’ingaggio di LaFleur avrà sull’attacco dei Packers è interessante guardare cosa ha funzionato (e cosa no) nella sua esperienza in Tennessee, la prima nella quale ha avuto il controllo totale del reparto offensivo.

Dal Tennessee al Wisconsin

I discepoli di Mike Shanahan hanno tutti un credo comune: la centralità del zone run scheme. Il concetto cardine degli attacchi di tutti i suoi discendenti (LaFleur compreso) è infatti quello di stabilire un gioco di corse basato sullo schema di blocco a zona, soprattutto verso l’esterno. Per essere efficace questo stile richiede running back intelligenti nelle letture, abbastanza veloci da minacciare i lati della linea ma comunque abbastanza potenti da farsi strada verso l’interno quando la difesa sbarra la strada verso la edge.

Nonostante il running game sia stato di gran lunga l’aspetto più efficiente dell’attacco dei Titans, nella prima parte della scorsa stagione LaFleur ha faticato ad impartire i principi del suo gioco di corse. I Titans alternavano nel backfield Derrick Henry e il nuovo acquisto Dion Lewis in modo spesso poco coerente e senza che l’alternanza tra i due portasse ad esprimere un ground game veramente dominante. Questo ovviamente fino all’esplosione di Henry nel finale di stagione. Il mix di stazza e atletismo dell’ex Alabama ha permesso di alternare i principi del blocco a zona cari a LaFleur con un po’ di power running vecchia scuola. Nelle ultime cinque partite di stagione (nelle quali Henry ha preso il sopravvento) i Titans hanno registrato quattro delle cinque migliori prestazioni in yard per portata dell’intera stagione. Va dato atto a LaFleur di aver compreso le difficoltà della squadra e di aver reagito di conseguenza.

(Min 1.34) – Nonostante le dimensioni esagerate, Henry non è propriamente un power back (à la Jerome Bettis /LaGarrette Blount per capirci) e si trova più a suo agio a correre verso l’esterno. Questa azione contro i Giants in week 15 è un esempio della sua efficacia nell’outside zone di LaFleur. Henry riceve l’handoff di Mariota  e corre in diagonale verso l’esterno della linea.  A  questo punto deve valutare la leva del numero 93 dei Giants B.J. Goodson sul suo Tight End Stocker, il numero 88. Se Goodson ha leva verso l’interno andrà all’esterno, viceversa se l’avversario blocca la strada verso la edge Henry taglierà verso l’interno. Henry legge correttamente il blocco di Stocker, taglia verso l’interno e guadagna un primo down.

I Packers hanno in Aaron Jones uno starting RB che per caratteristiche fisiche e tecniche potrebbe calarsi senza problemi nella zone run che LaFleur predilige. Jones ha un fisico diverso da Henry ma molto simile a quello di Devonta Freeman (1.75 m per 94 kg il primo, 1.73 m per 93 kg il secondo), un running back che ha avuto un rendimento fenomenale sotto Kyle Shanahan, che impiegava ad Atlanta un sistema analogo a quello di LaFleur. Verso metà della scorsa stagione Jones aveva un’assurdo 6.2 yard per portata, ma inspiegabilmente McCarthy si è rifiutato di farlo correre con continuità. A giudicare dalle statistiche della scorsa stagione è pressoché certo che LaFleur non commetterà lo stesso errore.

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Grafico Sharp Football

Come mostrato dal grafico di Sharp football stats, i Packers hanno chiamato una corsa solamente nel 32% delle azioni offensive. I Titans al contrario hanno corso addirittura nel 52% dei casi, secondi solo dietro ai Seahawks nell’intera lega. È ragionevole aspettarsi che l’arrivo di LaFleur equilibrerà il rapporto tra corse e passaggi in favore delle prime. Ovviamente è presto per dire che il nuovo coach risolverà i cronici problemi di running game dei Packers, dato che il successo del gioco di corse dipende da molti fattori, primo fra tutti l’efficienza e la salute della linea offensiva, ma le premesse in vista del prossimo anno restano incoraggianti.

Detto delle corse, resta da analizzare il gioco aereo. Nei Rams di McVay (dei quali LaFleur era OC) i ricevitori vengono impiegati in modo originale, muovendoli costantemente lungo l’arco offensivo prima dello snap per creare match-up vantaggiosi. L’uso della motion porta spesso a giocate  particolarmente efficaci come screen pass, jet sweep e endaround. Queste giocate si sono viste di rado nell’attacco dei Titans, che è risultato troppo statico e prevedibile. La staticità delle formazioni offensive era una delle accuse più frequenti mosse a McCarthy, perciò se LaFleur vuole fare tesoro degli errori di chi l’ha preceduto dovrà integrare questo tipo di azioni nel playbook dei nuovi Packers.

Nell’attacco di LaFleur il passing game vero e proprio è strutturato in base all’attenzione che la difesa deve prestare alle corse, e ha l’obiettivo di punire gli avversari con play action e bootleg. Nella scorsa stagione la pass offense è stata però tra le peggiori della lega (venticinquesima secondo i parametri DVOA di Football Outsiders), rivelandosi il tallone d’Achille dell’attacco dei Titans. LaFleur non è riuscito a far compiere a Marcus Mariota quel salto di qualità che in Tennessee si attendono da anni. È difficile stabilire se ciò sia dovuto a limiti da parte dell’offensive coordinator o ai soliti guai fisici che hanno impedito al QB hawaiano di restare in campo con continuità. Eppure, al netto delle difficoltà, quando il running game ha iniziato a carburare si sono aperte le possibilità di play action di cui si parlava in precedenza.

(min 0.03)  – Nella prima giocata della partita contro i Giants in week 15 i Titans eseguono alla perfezione un bootleg. Dopo lo snap la linea offensiva scivola verso sinistra, come se dovesse bloccare per una corsa verso quel lato. Mariota finge invece il consegnato per Henry e rolla verso il lato debole. Come da copione la difesa dei Giants, preoccupata dallo stato di forma mostruoso di Henry, abbocca alla finta di corsa, lasciando a Mariota spazio e tempo per premiare la comeback route corsa da Taywan Taylor sul lato debole.

Questo tipo di giocate non si sono quasi mai viste lo scorso anno a Green Bay: i Packers hanno utilizzato la play action solamente nel 16% delle loro pass play (31esimi nella NFL), mentre LaFleur le ha chiamate addirittura nel 31% dei casi, il terzo dato più alto della lega. Questa statistica è particolarmente incoraggiante, visto che Aaron Rodgers è un passatore letale quando lancia in corsa (lo è anche dalla tasca, but you get my point) e sarebbe perfetto per questo tipo di lanci in rollout. Se il gioco di corse dei Packers dovesse funzionare, costringendo il front 7 avversario a collassare verso la linea di scrimmage, possiamo solo immaginare i danni che Jimmy Graham, Davante Adams e i rookie Saint Brown e Valdez-Scantling causerebbero nelle secondarie avversarie.

Affinità elettive

Abbiamo visto come, a livello di personale offensivo, il roster di Green Bay sia adatto alla filosofia del suo nuovo coach. Resta però almeno un motivo di preoccupazione in vista della nuova stagione. Lo stile di LaFleur richiede adesione totale da parte del quarterback, che deve applicarsi con massima disciplina e rinunciare nella maggior parte dei casi all’improvvisazione. Non è un caso che abbia funzionato soprattutto con quarterback molto giovani e per questo più malleabili ai dettami del coaching staff: si pensi ai progressi di Jared Goff a Los Angeles sotto McVay e a quello che è riuscito ad inventarsi Kyle Shanahan a San Francisco con un rookie undrafted come Nick Mullens. Nel caso dei Rams, era incredibile come nella stagione 2017 Goff sembrasse l’estensione del proprio coach, che lo pilotava come un avatar attraverso le comunicazioni radio.

E qui si arriva al nocciolo della questione per quanto riguarda Green Bay: Aaron Rodgers non è un rookie. È il quarterback più talentoso dell’ultimo quarto di secolo, e ha dimostrato più volte quanto possa essere insofferente quando non ritiene il coaching staff all’altezza della situazione. Greg Jennings e altri ex Packer hanno raccontato di come Rodgers metta costantemente alla prova i propri allenatori, e di come si deprima se non sente di avere a che fare con persone che pensano football al suo stesso livello. È proprio questo l’aspetto che ha fatto deragliare la stagione dei Packers lo scorso anno. Demotivato dalla performance dell’attacco, Rodgers ha scaricato McCarthy, ma non lo ha fatto sbraitando a bordocampo come Brady fece con McDaniels qualche anno fa. Aaron ha un carattere diverso, e risponde in modo passivo-aggressivo alle incomprensioni con il proprio coach. Nella passata stagione ha espresso il suo disappunto verso McCarthy con messaggi più o meno subliminali che hanno finito per creare un clima tossico all’interno dello spogliatoio.

rodgers deluso

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Ad esempio, quest’anno Rodgers ha demolito il record di throwaways in una stagione. Per 59 volte ha concluso l’azione lanciando volontariamente la palla tra gli spalti. Un numero insensato, che certifica quanto il quarterback fosse in disaccordo con le chiamate del proprio allenatore. Diversi report raccontano che nella huddle Rodgers rispondesse alle indicazioni di McCarthy alzando gli occhi al cielo, tra l’infastidito e il disgustato dalla (presupposta) incompetenza del proprio allenatore. Se ci fosse un record di sbuffate e alzate di spalle nella huddle Rodgers avrebbe sicuramente stracciato anche quello. Oramai non ha senso stabilire chi tra McCarthy e Rodgers abbia avuto più responsabilità nel fallimento dei Packers, ma è necessario tenere a mente i dissapori trai due, perché la sensazione è che il rapporto tra LaFleur e Rodgers sarà fondamentale per le sorti di Green Bay.

Alla sua prima esperienza da capo allenatore LaFleur dovrà dimostrare di avere il carisma necessario per guadagnarsi la fiducia di una superstar tanto forte quanto bizzosa come Rodgers. Dovrà riuscire a convincerlo che il suo sistema gli toglierà parte del carico sovrumano che ha sempre dovuto sopportare. Il rischio più grande è che il 12 di Green Bay possa rigettare uno stile di coaching così invasivo, al quale non è mai stato abituato visti gli ampi margini di autonomia che il sistema di McCarthy gli ha sempre garantito.

Quello che i tifosi dei Packers possono aspettarsi da LaFleur è un attacco più dinamico, un running game finalmente efficiente e una maggiore creatività nel playcalling. Ma questi miglioramenti sono vincolati alla capacità di LaFleur di guadagnarsi la fiducia di Rodgers. È la differenza principale tra un coordinatore ed un head coach: il primo deve concentrarsi sugli aspetti tattici, il secondo dev’essere un leader in grado di motivare i propri giocatori, soprattutto i migliori. Per LaFleur entrare in sintonia con il proprio quarterback sarà altrettanto (e forse ancora più) importante che apportare cambiamenti tattici. Dovrà essere flessibile e intelligente nel rinunciare ad irrigidirsi sui propri dogmi, come in parte ha dimostrato di saper fare in Tennessee. Sarà la sua capacità di coinvolgere Rodgers in un nuovo sistema a dirci se Matt LaFleur è un grande coach o solamente un buon coordinatore.

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Alberto Cantù

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3 Commenti

  1. Articolo molto interessante e godibilissimo!
    Ho trovato le informazioni tecniche e statistiche per nulla “stancanti”, sapientemente condite da riflessioni, considerazioni personali e “chicche” da dietro le linee, a mio parere, utili e molto divertenti (io preferisco il lambrusco o un buon dolcetto d’alba a .. quella roba lì, “molecolare” da fighetti, ah ah!).
    Comunque, scherzi a parte, riuscire a far comprendere a fondo la situazione attuale della compagine gialloverde, per un tifoso appassionato di NFL e dei Packers, ma non troppo addentro nei tecnicismi, come il sottoscritto, è stata una gran bella cosa.
    Complimenti!

    Speriamo nel prossimo anno per Green Bay!
    .. Go Pats per il SuperBowl!
    (Azz.. ma anche i Rams mi sono simpatici..)

    Cordiali saluti a tutta la redazione e Grazie!

  2. Splendido articolo. il nuovo HC ed il nostro grande QB sono quasi coetanei. LaFleur dovrà veramente dimostrare grandissimo spessore e personalità. Incrociamo le dita e Go Packers Go!

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