Myles Garrett distrugge i Bears (Chicago Bears vs Cleveland Browns 6-26)

Nel 2020 la media di secondi concessa ai quarterback per lanciare il pallone è stata di 2.72. Ieri, Baker Mayfield ne ha avuti a disposizione 3.2, ben sopra alla media. Al suo rivale di giornata, Justin Fields, ne sono stati concessi una media di 0.78 a rilascio. Non serve aggiungere altro per capire che Justin Fields, in tutto questo, è soltanto una vittima.

La prima di Justin Fields da titolare dei Bears è da dimenticare: 6 completi su 20 lanci, 68 yard più 12 su corsa, zero touchdown, zero intercetti. Numeri che a Chicago fanno rabbrividire e che se letti da soli fanno rimpiangere persino Mike Glennon. Ma quando un quarterback subisce 9 sack in una sola partita, forse è il caso di porsi qualche domanda.

Non importa se dall’altra parte del campo c’è l’immensa potenza fisica di Myles Garrett, non per niente soprannominato Superman. Quanto visto domenica a Cleveland non ha alcun senso, né per la stagione dei Bears, né per gli sviluppi di un giovani QB.

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Il ritorno di Fields in Ohio è amarissimo. Il ragazzo esce sconsolato dal campo e già da metà gara in avanti il suo linguaggio del corpo è negativo, rassegnato. Può starci perchè questo genere di lezioni sono fondamentali nei campi da football per imparare a stare al mondo. Solo che così è davvero brutale, selvaggio. Senza criterio e senza senso. Un pò come tutto quello che passa, da ormai tre anni a questa parte, per le mani di Matt Nagy.

Il capo allenatore di Chicago non ha la minima idea su come organizzare un attacco e si ostina, con la sua presunzione, a tenere il playbook in mano. Intanto, Bill Lazor le mani se le mangia.

I giochi sono prevedibili e l’allenatore si affida unicamente alle trovate dei singoli. Ad esempio Montgomery è tra i running back più efficaci e caparbi nel produrre yard after contact. L’attacco di una squadra però, non può passare solo dai juke move di un atleta o dalle prese funamboliche di un ricevitore. A meno che questi si chiamino Walter Payton. Mi spiego?

I Chicago Bears non hanno una linea offensiva, non l’avevano nemmeno prima dunque nessuno si sorprende più di nulla. Quando una squadra decide di affidarsi a un uomo di linea come Ifedi, appena scartato in malo modo da Seattle, pensando di poterlo schierare titolare in NFL parte subito con il piede sbagliato. E questo è esattamente il caso dei Bears. Il tackle offensivo è stato preso al draft e per quanto possiamo saperne ne è stato preso uno veramente valido; ma serve aspettare il suo rientro tra qualche settimana (si spera) prima di poter parlare.

Di contro, i Browns hanno una difesa tosta e agguerrita. Così nell’insieme i Bears non hanno speranze. Vero che le ambizioni stagionali delle due formazioni erano decisamente diverse dal momento che Cleveland ambisce ad un Championship, mentre Chicago nella migliore delle ipotesi ad una Wild Card dal sapore di follia. Solo che una disfatta a senso unico come quella alla quale abbiamo assistito domenica non era esattamente ciò che ci aspettavamo. 

I Bears sanno restare in partita grazie alla loro difesa sontuosa, che sbatte la porta in faccia a Chubb e che sdraia Baker Mayfield con 5 sack due dei quali all’inizio della sfida quando Stefanski tenta di sorprendere Chicago con due quarti down che però non arrivano grazie a Robert Quinn e a Khalil Mack.

L’attacco dei Bears non riesce a concludere ed è questione di tempo prima che i Browns colpiscano con Hooper. Per quanto determinata e reattiva, la difesa di Desai non può reggere senza il supporto  di un attacco che non macina punti. Come quando nel baseball un grande lanciatore scende in campo e regala una pioggia di strikeout ma ad ogni inning vede il suo attacco che lo lascia a secco. Anche i migliori sono crollati così. Poi senza togliere niente a nessuno, i Browns non sono i Bengals. Justin Fields, come in occasione della sfida contro Cincinnati, è apatico in prossimità della end-zone. Non sente il richiamo del touchdown, non sente le vibrazioni dell’erba. Una volta vicino i pensieri lo sovrastano e lui si perde. Giovane e inesperto, sì. Ma serve anche un pò più di istinto Justin!

Matt Nagy sembra voler fare di tutto per complicargli la vita: quella corsa verticale al primo snap di ogni maledetto primo down ne è la riprova. Se i destini di Justin Fields dovranno passare dalle mani di Matt Nagy, mi spiace doverlo scrivere ma il ragazzo non ha speranze di successo.

La partita di Cleveland spiega molto bene, anche a chi fatica a comprendere, quali sono le differenze tra un head coach che conosce il gioco e uno che pensa di conoscerlo. Fino alla fase in cui il punteggio tra le due squadre era in equilibrio i Bronws hanno fatto correre Nick Chubb, il quale ha sì raccolto 84 yard (alcune delle quali arrivate in garbage time) ma inchiodandosi quasi sempre sulla difesa di Chicago. Quindi Stefanski ha atteso il momento buono, e poi ha buttato dentro Kareem Hunt. Hunt ha corso più o meno le stesse yard di Chubb, ma ha convertito altre 6 ricezioni per 74 yard che hanno spaccato in due la partita (e non parlo del TD perchè quello è una mera infiorettatura). Bene Bronws dunque, questa vittoria era importante per la Dawg Pound e il modo in cui è arrivata lo è anche di più.

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Bello anche il rientro in campo di OBJ che vince, non senza fatiche, il duello con Jaylon Johnson. Sfida fisica e potente tra il wideout Brown e il cornerback Bear, ma il ricevitore la spunta per esperienza e prontezza in questo caso.

L’uomo partita, in ogni caso, rimane Myles Garrett con 7 tackle e 4.5 sack. Oro vivo!

Con la vittoria casalinga i Browns si portano sul 2-1, stesso record divisionale di Bengals e Ravens rispettivamente vittoriose contro Lions e Steelers. Per i Bears invece la strada è lunga e tutta in salita. Domenica prossima ci sono i Detroit Lions di Goff al Soldier Field, partita assolutamente da vincere se si vuole tenere il passo in qualche maniera aspettando che Justin Fields possa fiorire.

alex cavatton firma area 54

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