Maximilian Pircher ed il sogno NFL

Vi avevamo raccontato dell’inizio dell’avventura americana di Maximilian Pircher, scelto per l’International Pathway Program della NFL che permetterà a 4 degli 11 giocatori scelti di potersi allenare con una squadra NFL nella prossima stagione e addirittura poter entrare nel roster dei 53 se meritevole.
Negli scorsi giorni la NFL ha concesso a Huddle Magazine e Gazzetta di Mantova la possibilità di fare due chiacchiere con Maximilian dopo il Pro Day di Gainesville dove ha effettuato i test atletici di fronte agli osservatori dei professionisti.

Maximilian – Da quando sono arrivato qui sono cresciuto in tutto. Ho imparato tantissimo. Ho scoperto moltissime cose anche sul mio fisico. Non pensavo che potesse fare certe cose, superare certi limiti. Anche se a football già ci giocavo e prima ancora giocavo a pallamano. Le doppie sedute, gli sprint, i pesi. Solo il riscaldamento che abbiamo fatto in queste settimane a casa sarebbe stato un allenamento completo.

Domanda – Quali sono stati i miglioramenti principali che hai notato?

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Io sono migliorato in qualsiasi cosa. Condizione, forza. A partire dal mio corpo, da come è strutturato. È diventato diverso. E poi soprattutto nell’apprendimento delle posizioni da tenere in campo, nelle tecniche da adottare. Sulla difesa, sull’attacco. Veramente di tutto, perché ogni giorno avevamo le lezioni dove ci insegnavano ogni aspetto possibile e immaginabile. Senza contare l’esperienza accumulata sul campo. A gestire il tutto ci sono Jim Cook e Will Brice ma sono tantissimi gli allenatori che ci hanno seguito.

Essere con i migliori giovani del mondo per provare a entrare nell’elite dello sport. Cosa significa per un ragazzo italiano di 21 anni?

È stata un’esperienza molto speciale. Meravigliosa. Avevamo tutto quello che ci serviva e potevamo concentrarci solo sul football. Cibo, vestiti, palestre, campi. Tutto davvero fantastico e specialmente in questo periodo, con la pandemia in corso, non è banale potersi allenare come abbiamo fatto qui.

E tra i partecipanti il rapporto com’era?

Con i ragazzi mi sono trovato molto bene. C’è stata una competizione sana tra noi. Ci siamo motivati, tutti vogliamo raggiungere il meglio di noi stessi e abbiamo cercato di farlo insieme, per entrare nel programma e nella NFL. Non c’era il desiderio di rubarsi il posto.

Quali sono stati il complimento più bello che hai ricevuto e la critica che speravi non arrivasse?

Il complimento è stato sentirsi dire che ho fatto molto bene, che ho lavorato duramente. Per la critica, direi che nessuna faceva male. Erano tutte critiche costruttive per farmi crescere. Ero contento anche delle critiche, insomma, non solo dei complimenti. Perché erano sincere e quando ci dicevano devi fare questo o quest’altro era solo per il nostro bene.

Maximilian Pircher

Nel tuo passato sportivo ci sono stati calcio e pallamano, quanto questi due sport ti hanno aiutato con il football e quanto ti differenziano dal resto del gruppo?

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Mi ha aiutato moltissimo che i miei genitori mi abbiano fatto fare sport fin da quando ero piccolo. Per questo motivo sono sempre stato abbastanza atletico. Rientrare nel programma è difficile anche per questo, per la necessità di essere molto atletici. La mia posizione è la offensive line e quindi devi essere anche parecchio pesante. Ma grazie alla pallamano e agli altri sport che ho fatto in passato mi posso muovere come se avessi 50 chili in meno. Questo è un grande vantaggio che ho tratto proprio dalla pallamano, così come la capacità di effettuare al meglio i cambi di direzione.

Restando sulle tue esperienze precedenti, nel giro di tre anni passato dal giocare a pallamano al passare al football americano, andare in Austria prima e in Germania poi, debuttare in nazionale e ora avere addirittura la possibilità di bussare alla NFL. Ma cosa ti ha fatto scoccare la scintilla?

Avevo un insegnante a scuola che ha notato come guardavo i video sul football americano che ci mostrava. Lui era Matteo Braghini, un ex giocatore che ha vinto un Italian Bowl nel 2009. Così mi ha portato a vedere una partita in Austria, a Innbsbruck, e mi sono innamorato subito. Ho pensato “questo è quello che voglio fare”. Per farlo però ho dovuto aumentare il mio peso perché con il fisico della pallamano non avrei potuto fare molto nel football. E ho dovuto lavorare tanto sulla forza. Poi ho avuto la fortuna di conoscere Lee Rowland, il mio offensive coordinator a Innsbruck, che mi ha insegnato tutto da zero, dal primo giorno con gli Innsbruck Raiders. Poi le cose sono cresciute e sono andate bene.

Che speranze hai e quanto hai sentito durante il periodo di allenamenti di potertela giocare?

Spero di entrare nel programma finale e poter essere collocato in una squadra per provare a entrare nel roster. Sono queste le mie speranze. In questa esperienza abbiamo avuto qui con noi anche il left tackle dei Philadelphia Eagles Jordan Mailata (che è arrivato nella NFL proprio grazie al programma a cui sta partecipando Pircher) per due settimane si è allenato insieme a noi e ci ha insegnato moltissime cose. Con lui ho capito quanto sia alto il livello ma penso che ci abbiano preparato così bene qui al punto da darci una chance per giocare nella NFL.

Domenica è finita la prima parte del programma e Max ha deciso di rimanere ad Orlando fino a dopo il draft, quando ci sarà la comunicazione di chi sarà selezionato.

Resterò qui negli Stati Uniti, così potrò continuare ad allenarmi, senza il rischio di quarantene o stop forzati.

Un percorso così non merita interruzioni, per continuare a sognare la NFL. Forza Max!

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Giovanni Ganci

Sports Editor si direbbe al di la dell'oceano, qui più semplicemente il coordinatore di tutta la baracca. Tifoso accanito dei San Francisco 49ers, amante del college football e al di fuori dello "sferoide prolato"© forza Boston Red Sox.

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