Uno sguardo al 2020: Atlanta Falcons

Vi proponiamo la review della stagione 2020 delle trentadue squadre NFL, aspettative, risultati, futuro. Oggi è il turno degli Atlanta Falcons.

COME DOVEVA ANDARE…

Tifare gli Atlanta Falcons negli ultimi anni è stato come vivere in un eterno loop di promesse costantemente disattese, ma sempre in tono minore, sempre meno ambiziose e realistiche. «Si è vero, abbiamo mancato i playoff nel 2018, ma era tutta colpa di Steve Sarkisian, con un nuovo coordinatore offensivo le cose cambieranno». «Ok, l’anno scorso è stato un disastro ma c’è ancora del talento, magari non arriviamo in fondo, ma i playoff li riprendiamo nel 2019». Negli anni ci si è ripetuti queste frasi per sperare in una stagione meno deprimente di quella appena conclusa, e così siamo arrivati alla stagione 2020 dicendoci che «sì, la squadra ha perso pezzi, ma c’è ancora troppo talento offensivo per non aspettarsi almeno una stagione da 8-8».

…E COME E’ ANDATA

Per fotografare la stagione di Atlanta mi viene in mente il cartello «avevamo basse aspettative, ma *inserire imprecazione a vostra scelta». I Falcons hanno iniziato con un folgorante 0-5 che ha esposto tutti i problemi dell’era Quinn: mancanza di talento contro i Seahawks, game management atroce contro Dallas, fantasmi delle rimonte passate contro i Bears hanno fatto sì che alla fine il proprietario Arthur Blank ha detto basta. A quel punto la stagione non aveva più nulla da dire e la squadra, traghettata dal DC Raheem Morris, si è trascinata fino a dicembre terminando con l’inglorioso record di 4-12, il peggiore degli ultimi 7 anni.

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COSA HA FUNZIONATO…

Si potrebbe chiuderla con un “nulla” che sarebbe molto meno iperbolico di quanto possa suonare. Sempre per il discorso che i Falcons vivono l’eterno ritorno dell’uguale, i problemi sono stati gli stessi del 2019, ma questa volta non c’è stata nemmeno la reazione di orgoglio nel finale a nasconderli sotto il tappeto. Gli unici barlumi di luce sono arrivati dalle prestazioni individuali di qualche giovane. Calvin Ridley ha fatto un salto in avanti enorme nel suo processo di crescita, al punto che anche in assenza di Julio Jones è stato in grado di reggere il peso del passing game. Le sue 1.374 yard e 9 touchdown sono un segnale importantissimo soprattutto in chiave futura, perché prima o poi il numero 11 deciderà davvero di appenderle al chiodo e a quel punto starà a Ridley non farlo rimpiangere. Difensivamente il linebacker Foye Oluokun ha giocato ad alti livelli e non ha sfigurato nemmeno il rookie CB AJ Terrell. Sugli altri meglio stendere un velo pietoso.

Per certi versi le cose hanno funzionato talmente male da aver generato due conseguenze positive per il futuro della franchigia: il licenziamento di Quinn e Dimitroff e una quarta scelta assoluta che rappresenta il principale motivo di ottimismo per il futuro.

…E COSA NON HA FUNZIONATO

Tenendo presente che “tutto” sarebbe la risposta corretta, andiamo a vedere chi si è distinto al punto da meritarsi una menzione in questa season review. Primo fra tutti, ancora prima di Dan Quinn, è l’offensive coordinator Dirk Koetter, la risposta alla domanda “cosa succede a provare ad infilare un VHS in un cloud?”. Incapace di capire che la sua idea di football è superate da vent’anni (memorabili le sue corse da una yard su primo down), troppo orgoglioso per modificarle a seconda del personale a disposizione. Definire le sue idee offensive “vanilla” sarebbe un insulto ad un gusto di gelato comunque rispettabile. Nei due anni ad Atlanta Koetter ha dilapidato un potenziale offensivo di primo livello e nel frattempo ha bruciato due anni del prime di Ryan e Jones, cosa che nessun tifoso dei Falcons glielo perdonerà mai.

Le responsabilità non si fermano a Koetter, Matt Ryan ha giocato del pessimo football per larghi tratti della stagione, Todd Gurley ha giustificato il taglio da parte dei Rams, la linea offensiva ha continuato a funzionare a singhiozzo. Il capitolo sulla difesa è troppo ampio per aprirlo in una review così sintetica, credo che gli highlights del Monday Night contro i Packers siano fin troppo eloquenti.

E ADESSO?

In generale, il 2020 è stato l’anno in cui il progetto della brotherhood di Dan Quinn si è finalmente sfracellato a causa di un problema ben preciso: fraternità e spirito di gruppo sono componenti importanti, forse addirittura necessarie di un winning team, ma non possono sostituirsi a talento, organizzazione e mentalità vincente. Al nuovo coach Arthur Smith e al GM Terry Fontenot il compito di riportare queste ultime al centro del progetto.

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Alberto Cantù

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