AREA 54: Andy Dalton, Red Rifle? No, White Flag!

Serve un attimo per metabolizzare, per tramutare la rabbia in delusione, e poi cedere infine all’accettazione.

Andy Dalton ai Chicago Bears è tutto ciò che una fedelissima fanbase come quella della città del vento non avrebbe mai voluto leggere. Ma le sorti legate a questo club non sorridono ai tifosi, i quali si sono già rassegnati a quella che senza questioni è un “already losing season”.

Addio Wilson, addio 2021, addio sogni di gloria. Ci siamo addormentati sognando Russell Wilson per risvegliarci con Andy Dalton che ci attendeva per la colazione; un pò come sognare di andare a letto con Kim Kardashian ma poi ritrovarsi Pina Fantozzi tra le lenzuola. Non importa, alla frustrazione abbiamo fatto il callo e dopo essere sopravvissuti a Jay Cutler, Mike Glennon e a Mitchell Trubisky, supereremo anche Andy Dalton.

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Mi spiace per lui, e lo dico con sincerità, che appare come colpevole di un qualcosa che non gli si può imputare. Arriva a Chicago per giocare a football e oltre agli avversari dovrà superare il forte scetticismo e la devastante mozione di sfiducia che la città ha subito scatenato nei suoi confronti. L’unica colpa di Dalton, se così possiamo ingiustamente definirla, è quella di essere scarso. Ma di certo non più scarso di chi, a Chicago, è passato prima di lui!

Quindi il vento dell’Illinois porta con sè tutta la frustrazione che esiste intorno a questa faccenda e giustamente Dalton viene coinvolto. I responsabili del fallimento preannunciato sono ovviamente i vertici della Halas Hall, nessuno escluso: la vecchia Signora McCaskey avrà ancora il fegato di presentarsi allo stadio sorridendo per le memorie passate ormai da mezzo secolo, mentre i suoi “giovani” parenti sorrideranno guardando l’estratto conto di fine mese (sempre ampiamente positivo). Ryan Pace è l’altro responsabile: il General Manager dei Bears, come fonti attendibili confermano, ha offerto un bel pacchetto per Wilson ma i Seahawks gli hanno sbattuto la porta in faccia. Di andare su Watson non se ne parla, poichè chi ha passato sul suo nome senza porsi il minimo dubbio non può tornare a chiedere la sua mano in ginocchio per etica professionale. O per salvare la propria dignità. Non si poteva fare nemmeno con 4 first pick nei prossimi 4 draft.

Quindi il discorso si chiude con leggerezza in due parole, Andy Dalton.

Più che il fucile rosso però, quella di Dalton sembra essere una bandiera bianca. E da qui partono tutte le nostre perplessità.

Dalton arriva da una stagione in cui i Dallas Cowboys gli hanno versato 3 milioni di dollari in cambio di una spiccia manciata di statistiche, e dodici mesi più tardi Ryan Pace gli offre 10 milioni (!) più 3 di bonus per l’annuale. Una strategia che per similitudini, specie nel colore dei capelli, riporta inesorabilmente all’operazione del sopracitato Mike Glennon; un giraffone inutile alle economie di sviluppo franchigia, coperto d’oro (a Glennon avevano dato persino di più) per “guadagnare” un anno in cui permettere a Trubisky di svilupparsi. Una mossa inutile che ha spinto i Bears a panchinare Glennon dopo solo 3 partite e buttare forzatamente Trubisky nella mischia. Risultato: beh, la storia la conoscete anche voi…

Sforzandomi di capire il senso di questa operazione manageriale, comprendo solo che Ryan Pace è rimasto sì a fare il GM di Chicago, ma addosso gli hanno cucito la camicia di forza per evitare di fargli compromettere ulteriormente il futuro dei Bears.

Ma dalla mia supposizione nasce una seconda domanda (a doppio taglio): perchè riconfermare Pace se poi non gli si permette di dare libero sfogo alla sua incompetenza?

Al quesito mi rispondo da solo, cercando di far passare il concetto con più semplicità possibile. Pace resta per un’ulteriore stagione e lo fa con la spada di Damocle che pende sul suo candido colletto perchè chiunque sarebbe giunto al suo posto avrebbe avuto le mani legate su qualsivoglia genere di operazione che non rientrasse nelle scelte del draft. Il salary cap 2021, come per molti altri team, era ai limiti del disastroso, la gestione Nagy men che meno, i rapporti con dei giocatori imprescindibili come Allen Robinson e Akiem Hicks erano già enormemente compromessi. Dunque che cosa ci viene a fare un nuovo General Manager a Chicago il prossimo anno? 

NULLA. Stesso discorso vale, a mio avviso, per il capo allenatore.

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Tutti i segnali portano al 2022, perchè a Robinson è stato piazzato un tag da 17.8 milioni, a Dalton è stato garantito un anno in maglia navy & orange, e persino a Germain Ifedi è stato rinnovato il contratto per il 2021 a 5 milioni di dollari sebbene le sue prestazioni in linea offensiva nel 2020 abbiano fatto più danni di una grandinata in campagna. Vero, a fine stagione Ifedi si è un pò ripreso ma per noi non è sufficiente.

Per non farci mancare niente, nella notte di giovedì i Bears hanno annunciato il rilascio del cornerback 2x Pro Bowl Kyle Fuller, 14° pick assoluto del draft NFL 2014. Altra mossa che evidenzia l’inabilità di Pace nel gestire una squadra che si sta lentamente sgretolando; una scelta al draft tra il quinto e il sesto giro erano il minimo per un CB come Fuller che, invece, lascia la Windy City per salvare spazio salariale e nulla di più.

Mettete il cuore in pace amici e tifosi di Chicago, la nostra società per il 2021 ha già mostrato tutti i segnali di resa del caso. Resta la speranza in un draft che possa riequilibrare una OLine allo sbando insieme a quella di poter perdere almeno una decina di sfide (non sarà un grosso problema) in modo da presentare al 2022 con una scelta alta al draft da spendere sul nuovo quarterback, possibilmente senza farlo selezionare a Ryan Pace…

#BearDown

alex cavatton firma area 54

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