Wild Card 2020: Chicago Bears vs New Orleans Saints 9-21

Uno dei risultati più scontati della sessione eliminatoria giocata nel weekend è andato come da previsioni. New Orleans fatica non poco contro una difesa rattoppata, ma non per questo arrendevole; per Chicago minuti in campo per Manti Te’o, Mario Edwards Jr., Duke Shelley, Kindle Vildor e no, non è una partita di pre-season! Tutti i rincalzi si comportano piuttosto bene racchiudendosi intorno all’esperienza di Danny Trevethan il quale, vista la pesante assenza di Roquan Smith, agisce da vero leader della squadra. Essere veterani varrà pur qualcosa, certo vale più di quanto combinato da Khalil Mack e Robert Quinn.

La difesa Bears ha grande merito sebbene la sconfitta di Chicago possa raccontare altro. Il reparto di Pagano tiene i nervi saldi e limita l’attacco portentoso di Drew Brees a 21 punti, di cui soli 7 nei primi trenta minuti. Lo stesso Pagano però, non riesce a convincere nessuno che quanto espresso ieri dai suoi uomini possa esser frutto del suo lavoro, anzi, per gli standard difensivi della Chicago di Vic Fangio siamo parecchio indietro. Al defensive coordinator mancano sprint e padronanza, il pass-rushing game non funziona, i blitz vanno spesso a vuoto, Eddie Jackson è passato dall’essere una tra le migliori safety della lega all’ombra di sè stesso, insomma con lo spirito di quell’orda assassina che gioca in difesa si poteva e si doveva tirar fuori molto di più.

Ma sul banco degli imputati non può certo finire chi ha quantomeno avuto la cortesia di regalare un minimo di partita agli appassionati, dunque l’udienza si sposta sul reparto d’attacco Bears. Inesorabile, giunge la fine di un ciclo (si spera) che non ha saputo produrre nulla di buono, di concreto, di reale. Matt Nagy si affida a Mitchell Trubisky e il film della serata sembra l’ennesima scenetta di un attore comico da due lire che tenta di far ridere con la solita, vecchia, logora battuta. Quella che ormai rattrista il fruitore più che altro.

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Vero, c’è l’attenuante che un drop come quello di Javon Wims in end-z0ne toglie sette punti potenzialmente vitali per Chicago e qui Trubisky non ha responsabilità. Ma signori, è di Javon Wims che stiamo parlando, lo stesso giocatore che nell’azione precedente aveva ricevuto un passaggio pazzesco, ma anche lo stesso giocatore che in occasione del match di regular season contro i Saints si era fatto espellere per aver preso a pugni e schiaffi il cornerback di Nola Gardner-Johnson a cronometro fermo. Nella migliore delle ipotesi, Wims non sapeva nemmeno cosa ci stesse facendo lanciato in end-zone a tutta velocità. Ciò che lascia il beneficio del dubbio invece, è perchè Allen Robinson, come in occasione della sfida contro Green Bay, sia stato condannato alla relegazione in un angolino del campo, inspiegabilmente isolato quando i compagni di reparto non valgono un unghia di quel 12 che veste bianco.

A maggior ragione quando il solito scaltro C.J. Gardner-Johnson riesce ad entrare nelle menti dei wideout di Chicago, in questo caso di Anthony Miller, e col suo snervante trash talking a spingere l’avversario oltre, fino a farsi colpire fisicamente guadagnando l’espulsione del rispettivo. Due volte contro i Bears, due ricevitori espulsi per le ferite inferte della sua lingua tagliente e concedetemi di dirvi che questa è arte. Un’arte infima e vagabonda, che nello sport esiste in modo intangibile, ma che se utilizzata nella maniera giusta può spezzare gli equilibri. In un primo momento il suo comportamento mi ha infastidito, ma a mente lucida comprendo che da C.J. Gadrner-Johnson c’è solo da imparare e in tutto ciò, C.J. guida la forte difesa di New Orleans con 8 tackle. Non solo parole quindi, ma fatti.

I Saints dovevano vincere e hanno vinto, ma giocando in questo modo non hanno particolari speranze perchè la prestazione di ieri sera non ha convinto più di tanto. Il recupero di Alvin Kamara era importante, come quello di Michael Thomas del resto, e i due hanno segnato una meta a testa colpendo caparbiamente i Bears nei momenti giusti. Errori e distrazioni di troppo però per Brees e soci, graziati dall’inconsistenza di un attacco avversario che ha smarrito la via. O che molto più semplicemente, non l’ha mai trovata. Un attacco, quello di Chicago, che in occasione dei playoff avrebbe dovuto tentare la carta della “Foles Magic”, quantomeno nella seconda frazione dell’incontro visto il risultato di 3 miseri punti con Trubisky titolare, ma che invece si ostina nel provare a resuscitare un morto. Riesumato dal suo sarcofago di fallimenti, Mitchell Trubisky trova un touchdown nell’ultimo secondo della partita dopo esser stato schiacciato dalla difesa di Dennis Allen. Jimmy Graham afferra il lancio finale con una mano ed esce direttamente dal gridiron portandosi via pallone e sconfitta. Una scena impietosa nella sua triste verità che si riassume in poche parole: sempre troppo tardi.

Parole che a Chicago siamo stanchi di dover ripetere ogni settimana. Mitchell non ha le qualità per competere ad un livello più alto, non è in grado di improvvisare, è un pupazzo che fa tutto quello che gli viene detto da chi chiama i giochi (e chi chiama i giochi è tanto cocciuto quanto spaesato nel farlo) e non riesce a guardare oltre il suo naso. La seconda lettura è nel suo caso qualcosa di sconosciuto. Trubisky lancia solo sull’uomo indicato in fase di huddle, non importa se il ricevitore ha addosso due uomini in copertura. Lui lancia comunque perchè così gli è stato detto di fare. Chiunque abbia un minimo di criterio comprende che questo era il suo destino fin dall’inizio, fin da quando i Bears hanno passato su Watson per scegliere lui. Iconica è l’immagine di Trubisky sulla copertina del libro The Playbook: guida tattica alla NFL 2020 degli amici Serra e Cantù, in ginocchio sul campo affranto ancor prima che la stagione cominciasse. Noi di Chicago Bears Italia due anni prima, dopo la vittoria della NFC North 2018, avevamo scelto di dargli spazio sullla copertina del nostro di libro (Chicago Sunday – 100 anni di Bears) dipingendolo a braccia spalancate come se fosse pronto ad accogliere il fato, speranzosi e spaventati allo stesso tempo perchè dentro a quell’abbraccio ci sarebbe potuto finire di tutto. E così è stato perchè, a conti fatti, oggi in quelle braccia pronte a ricevere qualsiasi cosa c’è finito un bel bidone dell’umido!

Quindi Foles a Chicago non è servito, Trubisky ha finito la sua esperienza nella città del vento, Matt Nagy, Ryan Pace, Chuck Pagano e altri che siedono ai piani alti potrebbero presto dover mettere i propri averi nella famosa scatola di cartone consegnata dal capo dopo il licenziamento.

Il cerchio si è chiuso e tutto sommato è un bene che sia finita così. Per i Bears, da oggi inizia la stagione 2021. Ora si può ricominciare a sognare.

alex cavatton firma area 54

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2 Commenti

  1. Buongiorno, nn è qs il caso, ma in una partita di nfl, una delle due squadre DEVE x forza indossare la maglia bianca? O, in caso di possibile distinzione visibile tra i colori delle divise (x es Ravens vs Colts) entrambe le franchigie potrebbero indossare la maglia colorata? Grazie e complimenti x il prodotto che offrite

    1. Il colore delle maglie deve essere chiaramente distinguibile dalla crew arbitrale (e dalla televisione). Per questo la soluzione ideale è una divisa bianca ( o similare) e una colorata.

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