Siamo orgogliosi di te, Carl Nassib

«Com’è gente? Sono Carl Nassib, qua nella mia casa di West Chester in Pennsylvania, volevo solo dirvi velocemente che sono gay… Era da tanto che volevo farlo e finalmente mi sono sentito abbastanza a mio agio per togliermi questo peso…»

Dal nulla, non troppe ore fa, tramite un post su Instagram Carl Nassib ha annunciato al mondo la propria omosessualità diventando il primo giocatore attualmente in attività a fare coming out: come avrete avuto modo di intuire dal titolo, siamo orgogliosi di lui.
Seriamente, non potete avere idea di quanto siamo fieri di lui e di quanto il suo coraggio ci dia speranza, poiché è chiaro che il post di Instagram sia arrivato dopo una lunga riflessione nella quale avrà ponderato migliaia di volte i pro ed i contro – nel 2021 non dovrebbero essercene di contro, c’è ancora molto da lavorare – e, fra i “contro”, non deve esserci stata la paura di mettere a rischio il proprio posto nel roster: è chiaro che Nassib si sia sentito sufficientemente sicuro ed a proprio agio per fare coming out e di ciò, cari lettori, siamo incredibilmente felici.

Un dettaglio, però, mi ha colpito: ha dovuto aspettare quindici anni per questo annuncio.
Quindici anni di riflessione, tre lustri di ponderazione, un decennio e mezzo di disagio, timore ed insicurezza schiaccerebbero ogni persona, nascondere al proprio mondo lavorativo una parte così importante della propria persona come l’orientamento sessuale metterebbe a dura prova anche il più stoico degli animi facendolo arrivare alla conclusione che, forse, avrebbe più senso “tenere tutto per sé” ed in caso fare coming out una volta appesi gli scarpini al chiodo: Nassib, fortunatamente per lui e per tutti noi, ne ha avuto abbastanza ed ha deciso di rendere il 21 giugno 2021 un giorno un po’ più storico, nel suo piccolo.
«Representation matters» ha dichiarato Roger Goodell in un comunicato stampa nel quale si è congratulato con il giocatore per il coraggio avuto e, per una volta, non poteva scegliere parole migliori: representation do matters, dimostrare che la NFL sia aperta a tutti – con i fatti – e che il proprio orientamento sessuale non precluda l’opportunità di inseguire il sogno di una carriera fra i professionisti è di vitale importanza.

Noi tutti amiamo il football americano non esclusivamente per la spettacolarità del gioco e la serenità regalataci dalle sere domenicali d’autunno, ma anche per alcuni valori che esso sa regalarci e che condividendoli fra di noi ci permettono – in parte – di sentirci parte di un qualcosa ben più grande di noi; esempio stupido, pensate alla nostra chat di Telegram, dove quasi 900 persone con nulla da condividere, a parte il football, quotidianamente si scambiano idee, pareri ed anche emozioni: un pallone, un caschetto ed un’armatura e tutto ciò che ci ruota attorno ci hanno permesso di scoprire nuovi amici, di stabilire rapporti che ci rendono la vita un po’ più gioiosa.
È bellissimo tutto ciò, ma nel caso di un appassionato NFL omosessuale manca sempre qualcosa, fino ad oggi è sempre mancata quella maledetta rappresentanza: la National Football League, malgrado un numero spropositato di atleti nella sua atmosfera, fino a poche ore fa era un mondo nel quale l’omosessualità era un qualcosa di non contemplato, un qualcosa che semplicemente non aveva nulla a che fare con la disciplina e la lega.
Il gesto di Nassib ha dato il via ad un necessario processo di cambiamento, poiché l’odioso muro di mascolinità tossica che da anni fa scudo alla lega sta iniziando sempre più a vacillare: sì, si può giocare in NFL – e nel caso di Nassib pure raccogliendo un discreto successo – anche se omosessuali poiché, pensate un po’, il proprio orientamento sessuale non modifica di una virgola il contributo che un giocatore può dare alla propria squadra ed alla disciplina.

Con il proprio coraggio Nassib ha dato un segnale fortissimo a tutte quelle che persone che giorno dopo giorno faticano ad accettare il proprio orientamento sessuale e, per questo motivo, non vivono la vita con la serenità che ogni singola persona meriterebbe: forse, dopo tutto ciò, qualcuno si renderà conto che nel 2021 non ha alcun senso nascondersi e vergognarsi per la propria sessualità e – sempre forse – troverà il coraggio di aprirsi alle persone a lui/lei più care.
Una delle funzioni principali dello sport è proprio questa, fornire modelli ed esempi, e Nassib in pochissimi secondi è diventato un fondamentale modello potenzialmente per milioni di giovani – e non – che non riescono a trovare il momento od il modo di rivelare a famiglia od amici parte integrante della propria persona: se ce l’ha fatta Nassib nella NFL, la lega professionistica regina dello sport con il più alto tasso di testosterone e mascolinità tossica che possiate trovare, perché non dovremmo farcela noi?

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Nassib ho avuto modo di conoscerlo durante la stagione di Hard Knocks dedicata ai Cleveland Brown e, lasciando perdere i divertenti siparietti in cui Todd Haley – per qualche motivo che devo ancora comprendere – lo prendeva in giro per il nome “Carl”, ho immediatamente avuto modo di amarlo per il proprio carisma ed intelletto: la scena che ricordo meglio dell’intera stagione vede lui che spiega ai propri compagni come impiegare più produttivamente la mezz’ora che molti di noi dedicano ad Instagram ed i compagni all’ascolto pendevano letteralmente dalle sue labbra.
È un peccato che un individuo così amato nel proprio spogliatoio abbia dovuto aspettare cinque stagioni per fare coming out, ma dalla risposta dei compagni e della lega è chiaro che la sua omosessualità non cambierà di una virgola la percezione che gli altri hanno di lui, poiché una buona persona è tale indipendentemente dal proprio orientamento sessuale.

Esattamente come il razzismo, l’omofobia continua a trovare troppo spazio nella nostra società e, purtroppo, per un uomo non essere attratto da una donna continua ad essere fonte di vergogna e sintomo di qualcosa che non va dentro di sé, siamo cresciuti con l’idea che un uomo è migliore rispetto ad un altro in funzione del numero di donne con le quali riesce ad avere rapporti sessuali e, personalmente, vivo in una città nella quale le aggressioni omotransfobiche sono piuttosto frequenti poiché, in alcuni quartieri, tenersi per mano con la persona che si ama – se dello stesso sesso – è proibito: ciò nonostante, grazie a Carl Nassib, mi sento di dire che il mondo sia diventato un po’ più inclusivo e tollerante, poiché è evidente che abbiamo fatto abbastanza progressi per mettere a proprio agio un ragazzo e spingerlo a rivelare al mondo un segreto che, spero fra non troppo, non sarà più considerato tale.

La strada è ancora lunga, ci saranno momenti di sconforto in cui la chiusura mentale e l’ignoranza troveranno espressione in insulti od aggressioni, ma dopo l’annuncio di Carl mi sento di poter dire che le cose stanno cambiando ad una velocità sempre maggiore e che non manca molto al momento in cui noi come società smetteremo di ostracizzare l’omosessualità rendendola un qualcosa di semplicemente “irrilevante”, un qualcosa che in nessun modo possa essere in grado di mutare il giudizio che abbiamo di una persona.
C’è ancora molto da lavorare, ma nel suo piccolo Carl, per tutti noi appassionati NFL, ha fatto la storia: grazie Carl e scusaci, veramente, se ti abbiamo fatto aspettare così tanto.

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Mattia Righetti

Mattia, 27 anni. Voglio scrivere per vivere ma non so vivere. Quando mi cresce la barba credo di essere Julian Edelman. Se non mi seguite su Twitter (@matiofubol) ci rimango malissimo.

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